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 2009  gennaio 23 Venerdì calendario

QUEGLI HUB DEI CLANDESTINI


 un viaggio lunghissimo quello che porta a Lampedusa. Un vero e proprio esodo per i 120mila migranti che ogni anno affrontano la traversata del Mediterraneo per raggiungere le coste meridionali europee. Il prezzo del "biglietto"? Da 1.800 a 3.200 euro, ma anche molto meno: più è incerto e rischioso, meno costa. Per tutti è un viaggio a tappe che passa per località dai nomi esotici come Agadez, Cufra, Gao, alcuni dei più noti "hub migratori" in Niger, Libia e Mali. Sono i punti di raccolta e smistamento dei migranti che arrivano dalle regioni periferiche dell’Africa o anche dall’Asia. Queste città, come gli hub aeroportuali, sono un punto di passaggio pressoché obbligato per proseguire il viaggio verso l’Europa. Ed è colpendo le organizzazioni criminali che gestiscono queste basi che si potranno ottenere risultati efficaci, almeno nel medio periodo, nella lotta all’immigrazione clandestina.
Ne è convinto Marco Lombardi, sociologo dell’Università Cattolica di Milano, che ha appena pubblicato una ricognizione dei principali hub migratori del mondo e in particolare dell’Africa, all’interno dell’ultimo rapporto della Fondazione Ismu, di cui è responsabile degli affari internazionali.
La tesi è semplice: se in un’ottica di breve periodo le operazioni di pattugliamento della costa sono utili, nel medio e lungo sono inefficaci. Non diminuiscono il flusso di persone che provano a entrare illegalmente; chi viene rimpatriato riprova a entrare e arricchisce ulteriormente trafficanti e contrabbandieri; gli Stati dell’ultima partenza verso l’Europa (come la Libia) continuano a usare i migranti come arma politica e rilanciano il prezzo per bloccare i flussi. Nel lungo periodo, invece, la soluzione è quella dello sviluppo delle zone di origine, meglio se attraverso operazioni di cooperazione che coinvolgono i compatrioti già presenti in Europa. Tra questi due estremi, tuttavia, spiega il sociologo «esiste una prospettiva di medio periodo, scardinare chi guadagna sul migrante: i governi e la criminalità. Facciamo troppo poco per combattere trafficanti e contrabbandieri negli hub, dobbiamo smantellare queste organizzazioni attorno alle quali gira un volume d’affari di 4,2 miliardi di euro. Significa agire in termini attivi fuori dai Paesi, anche attraverso operazioni di intelligence. A pagare, invece, non devono essere i migranti».
Gli hub descritti nella ricerca sono di tre tipi: aeroportuali, marittimi e di terra. I primi interessano quella piccola fetta di emigranti che possono permettersi un viaggio in aereo, il cui costo arriva fino a 20mila euro e sono usati soprattutto dagli asiatici. Scali intermedi si trovano infatti in Asia meridionale, Medio Oriente e Africa del Sud e dell’Est. Ma i veri punti di raccolta e smistamento sono nell’Africa occidentale, dove se ne contano una dozzina.
Altre vie d’accesso all’Europa sono rappresentate dalle rotte dei cargo marini, i cui porti di partenza sono anche hub logistici della tratta: sono una decina, anch’essi nell’Africa Occidentale, da Dakar (Senegal) a Conakri (Guinea), fino alle isole di Capo Verde. Le informazioni raccolte dalla ricerca lasciano ipotizzare un coinvolgimento funzionale di alcuni vettori e compagnie: i migranti, infatti, si imbarcano come lavoratori sui cargo e, una volta raggiunto un porto europeo (in Italia soprattutto Trieste) scendono con una crew card, un documento d’identità provvisorio, e si dileguano da clandestini.
Molto più frequentati, per i minori costi, sono gli hub terrestri. Sono situati spesso lungo le antiche vie del commercio. «In molti casi gli antichi contrabbandieri - spiega Lombardi - fanno il viaggio di andata trasportando persone e quello di ritorno con armi, droga o alcol. Uno dei problemi è che, a differenza dei trafficanti che sfruttano i migranti attraverso prostituzione e lavori da schiavi, i contrabbandieri non sono visti dai migranti come dei nemici, ma come dei facilitatori». Quando i camion non collegano le tratte, infatti, chi vuole continuare deve farlo a piedi. Così tra il Niger e l’Algeria il valico del Tadrat presenta condizioni di tale durezza che molti migranti vi finiscono tragicamente il proprio percorso.
I più importanti hub terrestri sono Agadez, in Niger, una città che in vent’anni ha aumentato la popolazione da 30 a 100mila persone. Tamanrasset (Algeria), più a nord, ha avuto la medesima esplosione demografica (da 3mila a 100mila abitanti in 40 anni). L’oasi di Cufra, in Libia, è una società multietnica dove si incrociano egiziani, somali, eritrei, libici, perfino coreani. In essa, come in altri hub, le persone non solo transitano (circa 10mila al mese), ma si fermano. «In questi posti si crea un’economia di sussistenza dovuta al fatto che arrivano molte persone con molti bisogni - spiega Lombardi, che da anni visita queste destinazioni -. Non sono città necessariamente caotiche, anche perché gli spazi non mancano. Anzi, chi viene da uno slum può costruirsi una casa che è più dignitosa della precedente e spesso decide di fermarsi».
Il senso dello studio è che per contrastare l’immigrazione clandestina è bene conoscerla. «L’opinione pubblica spesso non sa che, dei 450mila immigrati irregolari che arrivano in Europa ogni anno, solo 120mila attraversano il Mediterraneo. Moltissimi, in Europa e soprattutto negli Usa, sono gli over-stayer, coloro che entrano legalmente, spesso ottenendo il visto con la complicità di funzionari corrotti, e rimangono illegalmente. In alcune città è molto facile procurarsi documenti e visti, non solo falsi ma anche veri. Chi prende decisioni sull’argomento dovrebbe conoscere questa realtà».
E anche i messaggi che si mandano sono importanti: «Spesso i politici - conclude il sociologo - si dicono contro l’immigrazione illegale, ma tendono a dimenticare la parola illegale. Il risultato è che oggi nell’Africa subsahariana c’è una convinzione diffusa che emigrare legalmente sia impossibile e che l’unica via sia quella irregolare, a cui seguirà una sanatoria. necessario invece fare uno sforzo per comunicare che immigrare legalmente è possibile ed è l’unica strada».