Financial Times, 23 gennaio 2009, 23 gennaio 2009
I bond delle nazioni islamiche si chiamano sukuk (parola che ha la stessa radice dell’inglese cheque, che sta per assegni)
I bond delle nazioni islamiche si chiamano sukuk (parola che ha la stessa radice dell’inglese cheque, che sta per assegni). L’emissione di sukuk l’anno scorso ha segnato un calo pesante: -56%, da 30,8 a 14,4 miliardi di dollari. Quest’anno dovrebbe andare ancora male, anche se con un calo più leggero: le emissioni di bond islamici, dicono da Cimb, gruppo finanziario della Malesia che è il principale acquirente di questo tipo di titoli, quest’anno si fermeranno a 13 miliardi di dollari. Il mercato dei sukuk è fiacco: gli investitori arabi sono indeboliti per il crollo del prezzo del petrolio. Per questo l’Indonesia e la Thailandia hanno rimandato l’emissione di bond. Si è mosso solo Singapore, con un’asta da 200 milioni. I rendimenti dei bond islamici sono saliti vertiginosamente, e oggi superano di 1.111 punti base il tasso interbancario londinese. Anche per questo i governi non hanno intenzione di utilizzare molto questa forma di finanziamento. C’è anche un problema religioso: i sukuk sono assicurati da asset che devono rispettare la sharia. Moody’s dice che i dubbi sul reale rispetto della legge islamica da parte della copertura assicurativa di alcuni titoli ha contribuito alla ritirata degli investitori.