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 2009  gennaio 22 Giovedì calendario

E IN ITALIA MATRICOLE A SCUOLA DI SCRITTURA


Arrivare all’università e dover frequentare un corso di scrittu­ra. Non per diventare scrit­tori, bensì per cimentarsi con la stesura della tesi di laurea. Paradossi del nostro sistema formativo e di un’in­tera società. Aumentano gli atenei che corrono ai ripari contro le conseguenze dei fenomeni di «regressione» nella capacità di scrittura. Complici gli esami orali o ba­sati (sempre più spesso) su quiz o domande a risposta aperta di poche righe, l’e­sercizio della scrittura tra i giovani si riduce. E così può accadere che una matricola arrivi alla laurea senza ave­re mai scritto un testo lungo o articolato.
C’è poi il capitolo sms, i mes­saggini inviati con i cellula­ri. Il loro uso ha serie riper­cussioni sulla scrittura dei nostri ragazzi. Le abbrevia­zioni utilizzate o la riscrittu­ra di alcune parole degli sms fanno capolino negli elabo­rati scolastici. Il capitolo delle nuove tec­nologie non è certo immu­ne. Non solo influisce sulla lingua scritta, come dimo­strano gli sms, ma crea degli «analfabeti tecnologici», cioè coloro che non sanno utiliz­zare questi strumenti. In questo le giovani generazio­ni appaiono avvantaggiate, a scapito di quelle più vec­chie. Eppure la scrittura e la lettura sono fondamentali per utilizzarli.
In questo scenario si inseri­sce anche il fenomeno del vero analfabetismo. «Gli a­nalfabeti sono sei milioni», denunciò tre anni fa l’Unio­ne nazionale per la lotta con­tro l’analfabetismo (Unla), citando dati diffusi dall’Istat. «Al massimo raggiungiamo un milione», replicarono al­tri esperti del settore educa­tivo. In effetti rispetto all’ul­timo censimento svoltosi in Italia nel 2001, quasi sei mi­lioni di concittadini risulta­vano privi di qualsiasi titolo di studio. Ma soltanto 782.342 persone sono anal­fabeti totali, cioè non sanno davvero leggere e scrivere. Gli altri 5 milioni, a dire il ve­ro, comprendono anche 2 milioni e mezzo di bambini al di sotto dei 10 anni, che non hanno completato an­cora la scuola elementare, il primo titolo di studio che un cittadino italiano ottiene nel percorso scolastico. Resta, in base a questi calcoli, circa un milione di persone prive di qualsiasi titolo di studio e con grandi difficoltà nel sa­per leggere e scrivere. E per la maggior parte si tratta di persone anziane.
Allarme ridimensionato, al­lora? Non proprio, anche se formalmente dal 1963 tutti i bambini e le bambine italia­ne devono andare a scuola fino alla terza media. Spesso si assiste al fenomeno del­l’analfabetismo di ritorno. Non che le persone non sap­piano totalmente leggere o scrivere, ma non riescono ad approcciare un testo e a comprenderlo esattamente, o scrivere un testo nel quale esprimere in modo corretto il proprio pensiero. E non parliamo solo di persone an­ziane. In alcune aree esisto­no ancora i fenomeni dell’e­vasione e dell’abbandono scolastico, spesso legato a percorsi formativi disastrosi o difficili. Ragazzi «fuggiti» dalla scuola, spesso per en­trare nel mondo del lavoro, ma che pagano sul lungo pe­riodo questa loro imprepa­razione, diventando l’anello debole del sistema produt­tivo privi anche degli stru­menti necessari per un e­ventuale percorso di riqua­lificazione.