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 2009  gennaio 22 Giovedì calendario

Il ”matrimonio in paradiso” di cui parlava Jürgen Schrempp, capo della appena nata DaimlerChrysler, nelò 1998 si è rivelato tutto fuorché paradisiaco

Il ”matrimonio in paradiso” di cui parlava Jürgen Schrempp, capo della appena nata DaimlerChrysler, nelò 1998 si è rivelato tutto fuorché paradisiaco. Guardando ai minimi degli ultimi 24 anni toccati mercoledì dalle azioni Fiat, qualcuno sembra temere una replica del costoso buco nero che ha inghiottito decine di miliardi di dollari di capitalizzazione di Daimler. Ma pur non essendo una panacea per i due costruttori malati, la joint venture di Fiat con Chrysler nasce con rischi molto minori e più logica industriale rispetto alla scommessa di Daimler. Sbaglia chi si sorprende del fatto che Fiat non abbia pagato niente né abbia scambiato qualche azione per il suo 35% in Chrysler. Le azioni Chrysler non valgono niente comunque senza un piano plausibile che garantisca all’azienda nuovi prestiti dal governo. I suoi stabilimenti sottoutilizzati e la sua rete di distribuzione, però, offrono a Fiat la chance di un significativo appoggio negli Stati Uniti, qualcosa che i suoi rivali asiatici ed europei hanno realizzato spendendoci molto più tempo e molti più soldi. La ”brand equity”, un marchio riconosciuto, è uno dei problemi che ha tenuto sempre bassa la reputazione di Fiat in Usa, prima che il gruppo italiano lasciasse il mercato americano nel 1983. Ma le vendite delle case europee negli Usa, triplicate dal 1993, suggeriscono che quello americano sia un mercato capace di apprezzare il talento nel design. Se la dimensione è la chiave per sopravvivere, Fiat può farcela difficilmente senza la presenza nel maggiore mercato automobilistico del mondo. E può anche godere degli aiuti pubblici finanziati con i soldi degli americani. Se il crollo delle vendite di auto negli Stati Uniti sarà peggiore di quanto si pensi o se i clienti americani non apprezzeranno le sue macchine piccole, Fiat non sarà in una posizione peggiore dell’attuale. Nello stesso tempo gli azionisti di Chrysler hanno poco da perdere. Cerberus rafforza le possibilità di sopravvivenza della sua Chrysler Financial, la divisione finanziaria dell’azienda, in cambio del 35% di niente. I sindacati, i fornitori e la Casa Bianca, ognuno di loro interessato per motivi diversi a evitare una bancarotta, si devono augurare che Fiat ce la faccia. Addirittura Daimles, scottata malamente da Chrysler ma ancora dentro l’azienda con una piccola quota di minoranza, un giorno potrebbe avere qualche vantaggio dalla sua controllata.