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 2009  gennaio 21 Mercoledì calendario

ECONOMIA DEL CALCIO PER VOCE ARANCIO

Valore del mercato calcistico europeo nel 2006/2007 (biglietti, diritti tv, pubblicità, merchandising ecc., fonte l’Annual review of Football Finance pubblicata da Deloitte nello scorso maggio): 13,6 miliardi di euro. Classifica dei ricavi per campionato: Premier League (Inghilterra) 2,3 miliardi di euro; Bundesliga (Germania) 1,4; Liga (Spagna) 1,3; Serie A (Italia) 1,2; Ligue 1 (Francia) 1. Il ritorno della Juventus (e del Napoli) nella massima serie dovrebbe riportarci al secondo posto nella classifica 2007/2008.

La scorsa stagione la finale della Champions League ha visto di fronte due squadre inglesi: il Chelsea acquistato nel 2003 dall’imprenditore russo Roman Abramovich (in cinque stagioni ha speso sul mercato 700 milioni di sterline) e il Manchester United dal maggio 2005 nelle mani dell’imprenditore statunitense Malcolm Glazer (portata a termine un’Opa ostile, l’ha tolto dalla Borsa). In semifinale era giunta un’altra squadra inglese, il Liverpool, la cui maggioranza è stata acquistata nel febbraio 2007 dagli industriali delle telecomunicazioni statunitensi George Gillett e Tom Hicks.

«Il Liverpool ha pagato Fernando Torres 36 milioni di euro senza batter ciglio. Il Manchester ha preso Cristiano Ronaldo che aveva 18 anni staccando un assegno di 17,5 milioni di euro. E così ha fatto con Rooney. I club inglesi hanno grandi introiti, si possono permettere di rischiare sui giovani. Il Chelsea, da questo punto di vista, si è calmato, ma per cinque anni ha investito una tale fortuna che oggi fa risultati per forza» (Fabio Capello, ct della nazionale inglese). Nonostante il fallito assalto a Kakà, nei prossimi anni potrebbe irrompere sulla scena il Manchester City, acquistato nella scorsa estate da Mansour bin Zayed, sceicco di Abu Dhabi forte di un patrimonio personale 16 miliardi di euro.

«In Champions vince chi bara sulle regole finanziarie. L’obiettivo non è più vincere i titoli. guadagnare soldi per ripianare i debiti. Guardate i deficit di Chelsea e Manchester...». (Michel Platini, presidente dell’Uefa). La Premier League inglese, oltre che il campionato più ricco e più seguito del mondo, è anche il più indebitato. Lord Triesman, presidente della federcalcio inglese, ex ministro di Tony Blair: «Secondo le stime della City, il calcio inglese ha un indebitamento complessivo di 3 miliardi di sterline. Per due terzi sono debiti della Premier League». Richard Scudamore, amministratore delegato della Premier League. «Il livello di indebitamento delle 20 società è bilanciato dalle entrate-record, e dallo straordinario livello di popolarità della Premier nel mondo».

Debiti in milioni di euro delle quattro squadre inglesi partecipanti alla Champions League 2008/2009 (fonte Gabriele Marcotti, prestigioso collaboratore di The Times, Sports Illustrated, Champions Magazine, La Stampa, Corriere dello Sport): Chelsea 130, Arsenal 380, Liverpool 440, Manchester United 964. Nel dettaglio: i debiti del Chelsea sono quasi tutti a carico di Abramovich, che potrebbe estinguerli senza problema (anche se con la crisi finanziaria il suo patrimonio è sceso da 11 a 8 miliardi di euro); i debiti dell’Arsenal sono quasi interamente legati alla costruzione del mega-stadio di Ashburton Grove (una specie di mutuo); Liverpool e Manchester United hanno debiti verso le banche contratti per l’acquisto del club stesso: è quello che in gergo si chiama ”leverage buy-out”.

Spiegazione del ”leverage buy out”: 1) Tizio si fa prestare 100 euro da Caio per acquistare la Sempronio FC; 2) acquistata la società, la Sempronio si fa prestare altri 100 euro da Caio; 3) Tizio preleva quegli stessi 100 euro dalla Sempronio (essendone proprietario, ha facoltà di farlo) e li gira a Caio per saldare il debito iniziale. Risultato: la Sempronio, che prima non aveva debiti, si trova con un’esposizione di 100 euro verso Caio, mentre Tizio, senza sborsare un euro, ha in mano la Sempronio. più o meno il caso del Manchester United, che ogni anno deve pagare 38 milioni di euro in interessi: finché vince campionato e Champions - come è successo l’anno scorso - tutto va bene, dovesse fallire gli obiettivi si troverebbe nei guai.

L’Uefa vuole rafforzare i criteri di bilancio minimi per l’ammissione alla competizioni europee. Il segretario generale David Taylor: «Occorre una certa razionalità nella gestione finanziaria dei club, vi sono società con un indebitamento che è tre o quattro volte il giro d’affari annuale e la situazione rischia di diventare insostenibile». Platini parla di «doping dei bilanci»: «Il fair play finanziario è uno degli obiettivi. Basta con i budget gonfiati o, peggio, taroccati. Chi è oppresso dai debiti, deve dimostrare di poterli ripianare. Altrimenti, arrivederci e grazie». Karlheinz Rummenigge, amministratore delegato del Bayern Monaco (Germania): «Siamo in attivo da sedici anni. Se c’è un buco, arriviamo a vendere il Ballack di turno, la filosofia societaria è questa. Vorrei che il resto d’Europa si adeguasse a criteri di gestione meno folli».

Il monte salari della Premier League sale ogni anno del 12%. Risultato: l’utile operativo medio dei club del più importante campionato inglese si ferma al 6% contro il 18% dei club tedeschi, virtuosi nel bilancio e sconfitti sul campo. In media gli stipendi dei calciatori costituiscono l’80-85 per cento delle spese. Rummenigge: «Uno sproposito. Avanti di questo passo, si finisce al manicomio. Bisogna reagire, bisogna fare in modo che non superino il 50 per cento degli introiti globali». Molti propongono un ”salary cap” all’americana. «L’Unione europea non lascerebbe passare un tetto agli onorari, libera concorrenza in libera busta paga, ma salary o non salary qualcosa va fatto. E alla svelta. In caso contrario, poveri noi: metta che un club di primissima fila salti per aria; il sistema correrebbe il pericolo di venirne travolto. Si chiama effetto domino».

«Al modello inglese preferisco il modello italiano. La Juventus degli Agnelli, il Milan di Berlusconi, l’Inter della famiglia Moratti. Trovo che l’identità sia più marcata, più sentita, più riconoscibile» (Platini). Jean-Claude Blanc, amministratore delegato della società bianconera, parla di ”calcio sostenibile”: «Significa non dover dipendere da nessun Abramovich, che magari un giorno si stanca del calcio e cambia investimento». Massimo Moratti copre ogni anno il ”rosso” dell’Inter: l’ultima volta ha messo 148 milioni di tasca sua. Il Milan ha chiuso a meno 30 (milioni), la Juve, tornata in A, è andata sotto di 20.

Il sindacato calciatori italiano prevede che entro due stagioni gli stipendi potrebbero essere tagliati del 20%. Il presidente Sergio Campana: « chiaro che i calciatori da Pallone d’oro continueranno a guadagnare molto ma i professionisti, lo ricordo, sono 4.000 e molti, lo ricordo, già adesso vengono pagati, quando vengono pagati, con spaventosi ritardi. Le società di calcio dovrebbero imparare a seguire un percorso meno vizioso, e non come adesso che spendono più di quello che incassano. Ma, attenzione: io non sono pessimista. una vita che sento parlare di crac. Così non sarà: il calcio ha una sua forza intrinseca, più forte di qualsiasi crisi. Si salverà anche stavolta, vedrete».

I ricavi da stadio nei più importanti campionati europei arrivano al 35% del totale. In Italia non si supera il 15%. Forte di stadi gioiello, la Bundesliga ha una media di 40.000 spettatori a partita, quasi il doppio che in Italia. Un’analisi della StageUp Sport & Leisure pubblicata nello scorso settembre fissava il tasso di riempimento medio degli stadi di serie A al 53% contro il 92% della Premier League (dove i biglietti costano il 35% più che da noi), l’84% della Bundesliga, l’80% della Ligue 1, il 76% Liga. Nota positiva: il girone d’andata della serie A 2008/2009 ha avuto in media 24.825 spettatori a partita, 2.395 più che nel 2007/2008, 5.633 più del 2006/2007 (quando però Juve, Napoli e Genoa erano in B).

Oltre che ai reiterati episodi di violenza, il più basso numero medio di spettatori registrato nel nostro campionato è dovuto all’arretratezza degli impianti: da noi hanno un’età media di 67 anni contro i 46 degli impianti tedeschi e spagnoli; quelli della Premier League sono ancora più vecchi (72 anni) ma nell’ultimo ventennio hanno beneficiato di importanti ristrutturazioni. Conseguenza della bassa affluenza negli stadi: il calcio italiano di vertice dipende in modo anomalo dalla vendita dei diritti tv. Poiché la Infront, advisor della Lega, ha garantito 900 milioni di euro l’anno per il periodo 2010-2015, questa entrata dovrebbe essere al riparo dagli effetti della crisi.

Il problema arriverà da tutto il resto. Antonio Matarrese, presidente della Lega: «Sono molto preoccupato perché le società di calcio sono degli imprenditori e gli imprenditori avranno sempre più difficoltà negli investimenti visto che le loro aziende dovranno fronteggiare la crisi. Anche lo stesso Berlusconi non potrà più esagerare col calcio: è una questione di moralità. Con la gente in crisi, come si fa?». Diego Della Valle, patron della Fiorentina: «Io e mio fratello proviamo imbarazzo nel pagare tutti quei soldi ai calciatori, sapendo che c’è gente che viene allo stadio e che guadagna mille euro e fatica ad arrivare a fine mese».

Incasso medio per club dalle sponsorizzazioni nella stagione 2008/2009 (in milioni di euro, fonte StageUp Sport&Leisure Business): Bundesliga 6,9, Premier League 5, Serie A 3,9, Liga 2,9, Ligue 1 2,5. Il gruppo assicurativo statunitense Aig, duramente colpito dalla crisi, ha già fatto sapere che non rinnoverà il contratto di sponsorizzazione con il Manchester United, un accordo da 14 milioni di sterline a stagione siglato nel 2006 con scadenza a maggio del 2010 che potrebbe essere terminato già alla fine di questo campionato.

Da noi il settore che versa di più è quello automobilistico, con quasi 24 milioni di euro su tre club: New Holland per la Juve, Pirelli per l’Inter, Toyota per la Fiorentina. Problema: si tratta di uno dei settori più colpiti dalla crisi. Luca De Ambroggio, ad di Sportfive, società di gestione di marketing sportivo: «Sul breve periodo l’impatto della crisi economica sulle sponsorizzazioni nel calcio può essere senz’altro negativo, ma sul medio-lungo periodo potrebbero aprirsi nuove tipologie di opportunità. Nuovi raggruppamenti di industrie o banche avranno bisogno di visibilità».