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 2009  gennaio 21 Mercoledì calendario

E PER LIBERARE IL VERSO TORNIAMO ALL’ENDECASILLABO


« I l metronomo della poesia è il verso. Nella sua unità ritmica esso decide del passo, dell’andatura del discorso poetico e stabilisce la relazione tra il tempo soggettivo e quello esterno indiviso » .
L’ha detto Mario Luzi, e non si poteva dir meglio. Ogni lingua ha il suo ritmo, il suo respiro, e il respiro poetico della lingua italiana è l’endecasillabo. Ancora Luzi: « L’endecasillabo è una misura trovata sulla normale frequenza ritmica del nostro parlare » . Ogni poeta deve trovare il proprio verso, ma non può evitare di fare i conti con l’endecasillabo, questo verso di undici sillabe con l’accento sulla decima, che può essere composto da un quinario e da un settenario.
Anche a non volere, il poeta finisce per scrivere endecasillabi. Il verso libero è un tranello: il più delle volte basta riorganizzare le parole e l’endecasillabo salta fuori. Me lo sono sentito dire di persona da Salvatore Quasimodo, quando, ragazzo intimidito ( ma non troppo) gli sottoposi alcune mie acerbe ’ poesie’, e Quasimodo, che l’anno dopo avrebbe ricevuto il Nobel, mi corresse con una matita la scansione dei miei versi ’ liberi’ evidenziando gli endecasillabi che vi erano nascosti. E mi spiegava che all’inizio del Novecento si trattava di liberare la poesia dalla retorica carducciana, dai pigolii pascoliani, dalle lacrimucce crepuscolari, dagli empiti dannunziani, e allora Ungaretti compì la straordinaria operazione di valorizzare la singola parola, e dunque scriveva: « Si sta / come / d’autunno / sugli alberi / le foglie » ; ma se si riorganizzano i versi saltano fuori due settenari: « Si sta come d’autunno / sugli alberi le foglie » .
Quando il lavoro di purificazione linguistica ebbe compiuto il suo effetto, anche Ungaretti riprese quietamente a scrive riconoscibilissimi endecasillabi: « E il cuore quando d’un ultimo battito / avrà fatto cadere il muro d’ombra » eccetera. Certo, si affollarono gli imitatori, i sedicenti poeti del verso libero che in realtà scrivono prosa con frequenti a capo, ma non si può incolparne Ungaretti.
L’endecasillabo è così connaturale alla lingua italiana, che negli scritti giornalistici spesseggiano gli endecasillabi preterintenzionali. Un autorevole sacerdote milanese ha pubblicato, con lo pseudonimo Bernardo Bove Negri, un libro pazzesco ( in senso buono). Si intitola Sassi di mare ( Lampi di stampa, pagine 344, euro 18) perché l’autore, con finissimo orecchio, spigolando i quotidiani dal 2000 al 2002, è andato cogliendo gli endecasillabi impliciti nei titoli, nelle frasi giornalistiche, così come si raccolgono i sassi levigati dal mare passeggiando lungo la riva.
Ne ha scovati 5265 e li ha disposti alfabeticamente in guisa di rimario. Ce ne sono otto anche del nostro Direttore che, per esempio, il 28 dicembre 2003 ha scritto: « Ma non voglio fermarmi agli elogi » ( endecasillabo), e il 4 ottobre 2002: « Più comprensione e riconoscimento » ( altro endecasillabo).
Nel libro ci sono anche undici endecasillabi miei, e basta dare un’occhiata all’indice dei nomi per sbizzarrirsi fra le sorprese. Oriana Fallaci è la più endecasillabizzante, e anche quando afferma: « Sono molto molto, molto arrabbiata; Arrabbiata d’una rabbia fredda » , confeziona due endecasillabi. E Paolo VI: « Sviluppo è il nuovo nome della pace » ( endecasillabo).
Del resto, i proverbi abbondano di endecasillabi: « Sposa bagnata, sposa fortunata » ; « A mali estremi, estremi rimedi » ; « Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare » ; « A buon intenditor, poche parole » , eccetera. E sono endecasillabi anche alcuni titoli azzeccati, come questi due del Giorno: « Fisco, ecco gli sconti e gli sgravi » , « Contro gli yankee tutti kamikaze » . Insomma, un libro sorprendente, che insegna anche a capire come è stato scritto quello che si legge.