Salvatore Tropea, la Repubblica 20/1/2009, 20 gennaio 2009
TORINO
Ancora un matrimonio americano per Fiat dopo il divorzio con General Motors? Sembrerebbe proprio di sì e questa volta il contraente potrebbe essere la Chrysler ovvero la più piccola delle big three dell´auto a stelle e strisce. Ad essa il Lingotto assicurerebbe tecnologia per motori e piattaforme destinate a vetture di piccola-media cilindrata e in cambio entrerebbe nel capitale della società con una quota che potrebbe essere non inferiore al 20 per cento oltre ad assicurarsi una presenza industriale e commerciale negli Stati Uniti dove intende da tempo rientrare ma sinora con scarso successo. Le voci su questa partnership (anticipate da Automotive News) hanno messo in agitazione gli ambienti internazionali non solo dell´auto ma anche della finanza che hanno puntato i riflettori su Torino e Detroit in attesa di sapere come finirà la partita. In serata Il Financial Times Online si è spinto fino a scrivere che Fiat e Chrysler avrebbero già firmato un memorandum di intesa per arrivare ad un´alleanza che potrebbe essere annunciata già nei prossimi giorni e che vedrebbe il gruppo italiano acquistare subito il 35% con l´opzione a prendere la maggioranza in un secondo momento.
Alla domanda «siete interessati a comprare voi la Chrysler?» all´indomani della fine della collaborazione tra questa società e la Daimler, Sergio Marchionne aveva risposto «non ci pensiamo nemmeno». Che cosa è cambiato? La verità e che se si trattasse di rilevare la società Usa notoriamente in difficoltà, l´ad del Lingotto, per suo conto alle prese con un momento non felice della Fiat, risponderebbe ancora oggi allo stesso modo. Invece nei colloqui che ha avuto con il numero uno di Chrysler, Robert Nardelli, ha individuato un modo per cercare di arrivare in maniera indolore sotto il profilo finanziario a quei 5 milioni di auto prodotte all´anno da lui indicati come soglia per continuare a stare nel panorama dell´industria mondiale dell´auto dei prossimi anni.
La notizia della possibile intesa, trapelata dagli ambienti di Detroit, diffusa dall´agenzia Associated Press e rilanciata da Automotive News, è stata accolta e commentata dal Lingotto con il classico "no comment" da leggere come una non smentita. Anche se ancora mancano parecchi tasselli e c´è ancora chi è pronto a giurare che il dialogo tra Torino e i francesi della Peugeot per una possibile fusione non è affatto chiuso. E´ certo comunque che si sta lavorando all´ipotesi abbastanza concreta della fornitura da parte Fiat di tecnologia per motori multijet e motori multiair (versione a benzina del multijet che verrà presentato quest´anno) oltre che piattaforme. A differenza della Gm che può disporre di Opel, e della Ford che può fare altrettanto con la sua emanazione europea, Chrysler non è attrezzata per poter produrre quelle vetture ecologiche e di piccole dimensioni che sono la premessa per poter rientrare nella logica degli aiuti da parte di Washington.
Per la Fiat l´operazione si profila a costo zero anche perché diversamente sarebbe stata scartata in partenza. Ma Marchionne ha avvistato i vantaggi che sono quelli di entrare con una quota cospicua nella società oggi controllata dal fondo americano Cerberus ma soprattutto gli consentono di poter pensare a come e dove produrre e vendere l´Alfa Romeo e la Fiat 500 in America.
Per il Lingotto l´accordo può anche voler dire l´acquisizione della tecnologia al 4per4 allargando così il campo della sua produzione a un settore sinora poco frequentato. Nel complesso potrebbe sembrare una delle tante alleanze e realizzate dalla Fiat negli ultimi quattro anni. La partecipazione azionaria e il mercato americano fanno pensare invece a qualcosa di diverso e di più importante. Insomma alla mossa annunciata da Marchionne un mese quando ha parlato di un ridimensionamento dei players mondiali dell´auto.
Che cosa c´è effettivamente dietro l´operazione Fiat-Chrysler? Quali sono gli obiettivi che spingono Torino e Detroit a mettere in piedi un accordo nel pieno di una crisi economica che ha tra le sue vittime illustri proprio l´industria dell´automobile? La risposta la si può trovare non tanto in quanto è successo sinora – che pure non è poco – ma in quanto i due contraenti temono possa accadere ancora nel 2009. Appena quattro giorni fa parlando a un convegno economico internazionale Marchionne ha detto che "il gruppo Fiat centrerà gli obiettivi del 2010 se tornerà la normalità nel 2009". Poiché l´ad del Lingotto ha qualche dubbio su questa possibilità e a giudicare da quanto ha fatto sapere ieri Almunia non è il solo, ha deciso di accelerare i tempi per mettersi in zona di sicurezza.
Marchionne non si è rivolto a caso agli americani. E´ noto che egli da tempo sta parlando, come si dice, a 360 gradi nel senso che da quando ha capito che gli accordi mirati industriali e commerciali non erano più sufficienti per resistere alla crisi ha alzato il tiro e ha messo in conto un´alleanza più strutturata. Per fare questo ha esaminato tutti i possibili partner dall´Europa all´Asia per dire dalla Peugeot alla Bmw e dal gruppo Tata ai cinesi. Se ha direzionato il timone sull´America e sulla Chrysler una ragione deve esserci e va cercata nella coincidenza tra gli interessi di Fiat e quelli del possibile socio americano. Va ricordato anche che i torinesi da tempo stanno tentando di rafforzare la loro presenza in Cina e attraverso questa in Asia, ma il dialogo da quella parte del mondo si è rivelato sempre lento e complicato. Con gli americani Marchionne, oltre ad avere una maggiore consuetudine di dialogo, ha la possibilità di scambiare una tecnologia di cui la Fiat dispone andando a incrociare con il bisogno della Chrysler di uscire dalla sua crisi e ottenere gli aiuti dal governo Usa, condizionati alla riconversione verso le piccole auto. Del resto una partnership come quella che si va profilando, sarebbe stata impensabile sia con gli europei sia con gli asiatici. In più essa può consentire a Fiat di attraversare il guado senza dover fare i conti con quelle misure traumatiche ovvero con quei ridimensionamenti produttivi che Marchionne ha sempre escluso per quanto riguarda l´Italia.
E´ difficile dire se la cattiva accoglienza dell´operazione da parte della Borsa (-4,8%) sia dovuto al fatto che le voci arrivate dall´altra sponda dell´Atlantico l´abbiano ieri colta in contropiede. E´ probabile che sia così ma è altrettanto probabile che abbia scelto di concentrare la sua attenzione sulle indicazioni degli analisti circa i conti del 2008. A questo proposito i consensus indicano un risultato di gestione ordinaria a 3,27 miliardi contro i 3,23 del 2007 ma con un utile netto di 1,7 miliardi contro 2,05 dell´anno precedente; un dato quest´ultimo che potrebbe mettere in discussione il dividendo. E´ evidente che su questo peggioramento ha pesato soprattutto il quarto trimestre e naturalmente il settore auto. Negli ultimi tre mesi il risultato della gestione ordinaria sarebbe stato di 590 milioni contro i 947 del 2007 e l´utile netto risulterebbe dimezzato a 290 milioni; con l´utile netto di Fiat Group Automobiles sceso a 40 milioni dai 233 del 2007.
In serata è arrivata una nota della Chrysler: "Nell´attuale contesto economico trattative sono in corso tra le società in tutte le industrie, e la nostra non è diversa»
(s.t.)