Bill Emmott, Corriere della Sera 17/1/2009, 17 gennaio 2009
Ci sono due parametri per giudicare il nuovo pacchetto di cinquanta miliardi di euro approvato dalla Germania per rilanciare l’economia
Ci sono due parametri per giudicare il nuovo pacchetto di cinquanta miliardi di euro approvato dalla Germania per rilanciare l’economia. Il primo è economico: questa misura rappresenta la soluzione giusta per tutelare la crescita e i posti di lavoro tedeschi, e sarà in grado di conservare alla Germania il ruolo di responsabilità che le compete, come massima economia dell’Unione Europea? Il secondo è politico: il pacchetto in questione aiuterà gli elettori tedeschi a fare una scelta ragionata e consapevole nelle elezioni politiche che sono previste per il prossimo settembre? La mia risposta alla prima domanda è che il pacchetto è troppo esiguo per avere un impatto determinante sull’economia. Alla seconda, è che rischia di produrre un pessimo risultato politico. Angela Merkel, il cancelliere tedesco, sembra aver cambiato idea. Fino a poco tempo fa, insisteva che lo stimolo fiscale era lo strumento meno adatto per affrontare una crisi economica globale. I governi, affermava, devono far quadrare i bilanci. Ma quando la domanda cala bruscamente – in tutti i settori, da parte dei consumatori, delle aziende, dell’esportazione – e quando la politica monetaria non sembra avere alcun effetto sui prestiti bancari, spesa pubblica e tagli fiscali restano l’unica via d’uscita. Saranno forse una scelta infelice, perché gli sprechi sono inevitabili e faranno lievitare il debito pubblico. Ma sarebbe ancora peggio non far nulla. Pertanto è positivo che finalmente Angela Merkel si stia dando da fare. Il pacchetto fiscale, abbinato ad alcune precedenti misure di piccolo calibro, ammonterà a circa l’1,2 per cento del prodotto interno lordo tedesco. Giustamente sono previsti tagli fiscali per le fasce meno abbienti, perché saranno incentivate a spendere i soldi in più, anziché risparmiarli. Ma quando gli economisti prevedono per l’anno in corso un calo del Pil tedesco del 2-3 per cento, tali misure non sono davvero idonee a sanare le attuali difficoltà del Paese. Il pacchetto fiscale previsto dal presidente Barack Obama invece ammonterà almeno al 4-5 percento del Pil all’anno, previa approvazione del Congresso americano. Ma il pacchetto tedesco non basterà a zittire le critiche che piovono sulla Germania dai membri dell’eurozona, in particolar modo la Francia. La Germania gode di immense eccedenze sulla bilancia dei pagamenti, equivalenti al 6,6 percento del Pil lo scorso anno, e pertanto ha sfruttato il consumo eccessivo di altri, senza consumare eccessivamente lei stessa. Se l’Europa vorrà riprendersi dall’attuale recessione, occorrerà che i Paesi che godono di eccedenze – tra cui Olanda e Austria, oltre alla Germania – siano disposti a spendere di più e ad importare più beni e servizi. L’impulso fornito dalla Germania andrà nella direzione giusta ma, di nuovo, appare troppo contenuto per aiutare i due euro-partner più deboli, vale a dire Spagna e Italia. Questo non significa però che l’Italia non dovrebbe sforzarsi di più. Il ministro Giulio Tremonti e i suoi colleghi temono che il governo non sia in grado di prendere ancora denaro in prestito, vista la montagna del debito pubblico, corrispondente al 104 per cento del prodotto interno lordo, e considerato il fatto che i mercati pretendono tassi di interesse più elevati dalle obbligazioni del tesoro italiane rispetto a quelle tedesche. Ma lo scarto non è poi così grande e con la deflazione che spinge al ribasso i prezzi, il rischio di un grosso aumento della spesa pubblica appare trascurabile. O perlomeno, è un rischio che varrebbe la pena affrontare. Il rischio invece di una grave recessione che porti al crollo delle entrate fiscali è certamente peggiore. Per questo motivo, anche l’Italia dovrebbe programmare interventi più massicci, non solo incoraggiare la Germania a fare di più. I meccanismi di politica interna in Germania, nei riguardi del pacchetto di stimolo economico, sono difficili da giudicare. I cristiano-democratici della signora Merkel sono in testa ai sondaggi, ma lo erano anche nel 2005, all’epoca delle ultime elezioni, in questo periodo: la signora Merkel vinse però di misura e fu costretta a formare la «grande coalizione» con i socialdemocratici. Angela Merkel non brilla certo in campagna elettorale, e il partito che di recente ha raccolto più consensi in Germania è Die Linke, il gruppo di sinistra staccatosi dai socialdemocratici sotto la guida di Oskar Lafontaine, un ex ministro delle Finanze di tendenze populiste. Se farà troppo poco per salvare l’economia, con la disoccupazione in aumento e la prospettiva di una dolorosa recessione, la Merkel corre il rischio di vedersi scavalcare a settembre da Lafontaine, che potrebbe formare un governo di coalizione con i socialdemocratici. Una virata così decisa a sinistra non sarebbe certo a vantaggio della Germania, né dell’Europa, e la signora Merkel farebbe bene a varare un nuovo pacchetto fiscale, ben più consistente, prima dell’inizio della campagna elettorale l’estate prossima. traduzione di Rita Baldassarre