Luca Crovi, il Giornale 20/01/2009, 20 gennaio 2009
LUCA CROVI PER IL GIORNALE DI MARTEDì 20 GENNAIO
Il thriller più atteso al mondo? di un italiano sconosciuto
Una prima avvisaglia l’avevamo avuta sei anni fa, quando erano finiti in manette alcuni fenomeni delle cosiddette «nuove brigate rosse»: quelli, per intenderci, del gruppo della signora Lioce. Tra le carte sequestrate al gruppetto - insieme con elenchi di servi dello Stato, mappe, risoluzioni strategiche, analisi sull’imperialismo e bollettini numero - gli investigatori avevano trovato mazzette di ricevute. Scontrini del supermercato; biglietti del treno e del bus; carte carburanti; e così via. Il tutto da presentare al cassiere della banda per il rimborso.
La scoperta della «nota spese della rivoluzione» aveva all’improvviso fatto confluire anche una tragedia come quella del terrorismo fra le classiche cialtronate all’italiana, fra i film di Alberto Sordi e quelli di Totò. Al tempo della Rivoluzione d’Ottobre, Lenin diceva che riteneva improbabile un moto analogo in Germania perché i tedeschi, se dovessero sequestrare un treno, prima si metterebbero diligentemente in fila alla biglietteria. In Italia forse la rivolta è fallita perché i nostri killer non hanno mai trovato il modo di scaricare l’Iva sui Kalashnikov.
In questi giorni due notizie di cronaca ci confermano purtroppo (o forse per fortuna) che tutto quel che succede da noi finisce sempre in barzelletta. Renato Curcio si è lamentato per non avere una pensione: «Eppure - ha detto - ho lavorato in vari carceri, ma risulta che non sono stati versati i contributi». E chissà come mai, non li hanno versati. Forse per lo stesso motivo per cui in tutti quegli anni a Curcio non è stato chiesto di pagare l’affitto.
L’altra notizia riguarda Cesare Battisti, enfant gaté della Gauche caviar e campione assoluto dell’impunità: uno, per intenderci, al cui confronto Curcio fa un figurone. Battisti, non contento di avere ammazzato e fatto ammazzare, non contento di averla sfangata con un paio d’anni di galera, non contento di essere stato coccolato a Parigi spacciandosi per uno scrittore, non contento di aver usufruito della protezione - sia pure per interposta persona - perfino di un presidente conservatore come Sarkozy, non contento di aver potuto «fuggire» dalla Francia con la gentile collaborazione della gendarmeria, è riuscito a farsi riconoscere come perseguitato politico e a ottenere asilo in Brasile.
La tragedia degli anni Settanta finisce così: con una richiesta di pensione e con un marchio di «Stato liberticida» affibbiato all’Italia dal Brasile, un Paese in cui la piaga della povertà viene combattuta dallo Stato con qualche sventagliata di mitra sui bambini in sovrannumero. D’altra parte avremmo dovuto capirlo fin dall’inizio che non era una cosa seria: da quando gli intellettuali cominciarono a parlare di rivoluzione in un Paese in cui si mangiava tre volte al giorno; e da quando per legge abbiamo cominciato a chiamare «pentiti» i Che Guevara della Brianza che soffrivano il carcere.
destino, dicevamo, che ogni cosa in Italia diventi tragicomica, che sia un mix di ridicolo e di orrore: lo fu il fascismo con le sue marcette e le sue guerre, il suo «voi» e le sue leggi razziali, il suo gonfiare il petto e il suo fuggire con la cassa, i suoi antemarcia e i suoi voltagabbana. Lo è stato anche il brigatismo, con l’orrore delle vite spezzate e il ridicolo della richiesta di pensione (per l’ottenimento della quale consigliamo a Curcio di chiedere a Battisti: con l’intercessione di una madame Carlà nulla è impossibile).
E proprio al lato oscuro presente in ognuno dei protagonisti del Suggeritore è dedicata la maggior parte delle pagine del thriller di Carrisi che mette in scena una Squadra speciale di investigatori che mostra spesso di avere un passato da incubo e di avere turbe dalle quali si può riemergere solo come vittime o carnefici, raramente come eroi o paladini della giustizia. Seguiamo così da vicino le indagini dell’esperta nel recupero di persone scomparse Mila Vasquez e del criminologo Goran Gavila, ma anche le vicende giudiziarie di un misterioso ergastolano senza nome che ha una vera e propria ossessione per l’igiene e per far sparire qualsiasi traccia organica che potrebbe portare alla sua identificazione. Il ritrovamento di sei arti, appartenuti a piccole bimbe scomparse, e seppelliti in strane fosse, porta gli inquirenti a supporre l’esistenza di un nuovo mostro ma agli indagatori non basterà sapere né il «come», né il «perché», né il «chi» della situazione per arrivare alla soluzione del caso.
Ed è proprio il dottor Gavila (che tiene appesa nell’aula dove insegna la foto in bianco e nero di un bambino piccolo e paffuto che in realtà gli studenti scoprono essere nientemeno che Hitler) a ricordare ai lettori come il male sia molto più vicino a loro di quanto si possa pensare: «Li chiamiamo mostri perché li sentiamo lontani da noi, perché li vogliamo diversi. In realtà ci assomigliano in tutto e per tutto. Ma noi preferiamo rimuovere l’idea che un nostro simile sia capace di tanto. E questo per assolvere in parte la nostra natura. Gli antropologi la definiscono ”spersonalizzazione del reo” e costituisce spesso il maggior ostacolo all’identificazione di un serial killer, Perché un uomo ha dei punti deboli e può essere catturato. Un mostro no».
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Donato Carrisi è nato nel 1973. Si è laureato in giurisprudenza con una tesi su Luigi Chiatti, il «mostro di Foligno», per poi seguire i corsi di specializzazione in criminologia e scienza del comportamento. Nel 1999 Carrisi ha iniziato l’attività di sceneggiatore per cinema e televisione. Fra le altre fiction televisive ha scritto la sceneggiatura di «Nassiriya - Prima della fine» per Canale 5 ed è autore di soggetto e sceneggiatura della miniserie thriller «Era mio fratello» per Raiuno. Vive a Roma. «Il suggeritore», pubblicato dalla Longanesi, è il romanzo d’esordio di Carrisi.