Renato Farina, Libero 20/01/2009, 20 gennaio 2009
IL CORRIERE DELLE CORNA (L’AMORALE CARACCIOLO) – SOLO I
nobili eleganti con la erre blesa POSSONO SEMINARE FIGLI DOVUNQUE E FAR LA MORALE AGLI ALTRI? - I soldi valgono così tanto da sputtanare in pubblico un padre, anzi due padri?...
Renato Farina per "Libero"
I soldi valgono così tanto da sputtanare in pubblico un padre, anzi due padri, uno naturale e l’altro putativo (quest’ultimo ha dato affetti, denaro per studiare, il nome)? C’è un giovanotto molto in gamba che ritiene di sì. E un quotidiano d’alto lignaggio gli regge il nobile sacco. A proposito di quest’ultimo giornale mi espongo: quasi quasi meglio Santoro. Almeno Michelone ci mette una passione squinternata per una causa sbagliata.
Caracciolo
Qui cosa c’è: il gossip macabro su due morti, e per di più - viene assicurato - entrambi amatissimi. Sulla prima pagina del Corriere della Sera è apparsa una lettera di Carlo Revelli. Titolo: «Io e mio padre Caracciolo». La questione riguarda una eredità cospicua. Si dice intorno ai cento milioni di euro, ma è un calcolo probabilmente per difetto.
I personaggi sono questi: 1) il principe Carlo Caracciolo, editore, cognato di Gianni Agnelli, scomparso un mese fa, uomo elegantissimo, grande amante di giornali (Espresso, Repubblica, Libération) e di donne. 2) Jacaranda Falck Caracciolo, figlia naturale adottata e riconosciuta, giornalista all’Espresso, al momento unica erede legittima. 3) Carlo junior e Margherita Revelli, figli di Carlo Revelli senior e di sua moglie Maria Luisa. Carlo e Margherita vogliono il riconoscimento postumo del padre Caracciolo e il disconoscimento di quello anagrafico.
4) Carlo Revelli senior, il padre ufficialmente cornuto, scomparso nel 2002 dopo una vita passata a crescere i figli creduti suoi (ma suoi di sicuro per affetto ed educazione). 5) Il demi-monde romano, ben piazzato nel ramo della lira e delle corna, universalmente adorante dell’eleganza del principe.
La regola dell’anno
Succede questo: la legge prevede che deve passare un anno al massimo tra il momento in cui il figlio naturale apprenda con certezza da quali lombi discenda davvero e la denuncia con carta bollata del fatto, perché lo Stato ne prenda atto. Se passa un giorno di più: nisba, chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. Ora i due Revelli pare fossero da tutti accettati da tempo come figli del principe Caracciolo. Ma quando l’hanno saputo? Quando si sono dati da fare per mettere i sigilli alla loro nuova identità?
Caracciolo
La sorellastra Jacaranda non dubita minimamente siano figli del medesimo padre suo. Ma dice: comodo svegliarvi adesso. Lo sapevate da un pezzo, altro che da un anno appena. Non vedrete una lira e neanche un ettaro delle varie tenute in giro per la Maremma e il Viterbese. E ha nominato due avvocatoni da famiglia appunto principesca.
A babbo morto
Ed ecco arriva la lettera al Corriere. I due Revelli-Caracciolo si sono mossi davvero a babbo morto, anzi, a babbi morti, onde avere la loro bella fetta di milioni? No, risponde Carlo Revelli. Il candidato neo-principe spiega come la madre rivelò a lui e alla sorella la fonte paterna della loro vita a metà ottobre 2007, e non prima. Era il momento in cui stava per nascere il quarto figlio di Margherita, almeno avrebbe saputo chi era il nonno vero.
Incredulità, sgomento. Carlo si mosse per avere certezza del fatto dal supposto coautore del suo Dna: il principe Carlo, il quale ovviamente sorrise, e accondiscese, gli firmò una dedica a un libro, riconobbe le foto. Indi lo presentò come suo figlio al fratello e alla sorella Marella Agnelli. Dopo di che, secondo Carlo, Carlo Caracciolo avrebbe voluto procedere all’adozione dei due, ma ne fu impedito da una sorta di congiura tesa a mangiarsi tutta la pappa principesca.
Per questo Carlo non-più-Revelli si sente costretto suo malgrado a rivelare questi affari di famiglia in pubblico. Pazienza se il genitore che lo ha custodito ed educato, amato lui e patito per ogni suo problema, adesso fa la figura postuma del fesso: ciò che conta è raggiungere lo scopo. Il padre Carlo Senior avrà la fama di cornuto e la mamma non sarà ritenuta tanto virtuosa? Pazienza, si sacrifica ogni considerazione sociale per i denari, da conseguire per via pacifica, senza liti, bonariamente: ma quel che è giusto è giusto.
Jacaranda Falk agosto
Non mi sogno neanche di giudicare i perché profondi di una mossa simile da parte di un figlio. Ci possono essere ragioni gravi e altre comprensibilissime. Me ne viene una: la volontà di assicurare alla propria discendenza un cognome nobile e una sostanziosa rendita. Nella circostanza non so come mi comporterei, ma spero diversamente: come si fa a uccidere con uno spillone l’onore di chi ti ha tirato grande e anche quello di tua madre?
Un paio di dubbi
Però non mi spiego due cose: 1) Perché un giornale viva come una leccornia da incorniciare in prima pagina una simile pratica ereditaria. Tanto più che il citato Corriere esercita ogni giorno con voluttà moralizzatrice la critica ad ogni programma tivù (vedi le scudisciate quotidiane di Aldo Grasso).
Carlo Revelli
2) Perché tutti ritengano un grand’uomo Carlo Caracciolo, e nessuno osi muovergli un piccolo rimprovero, accanto ai giusti omaggi, dinanzi all’evidenza che ha disseminato il mondo di figli suoi mantenuti da altri. Anzi c’è del compiacimento, persino un po’ di invidia, come Leporello verso Don Giovanni. Un figlio può nascere da un’avventura con un frutto diverso dal previsto. Due figli sono un disegno, un inganno vissuto giocando sulla fiducia del prossimo. E magari un figlio dovrebbe pensare che più del denaro conta la riconoscenza, o almeno la decenza.
Una morale? Forse meritano rispetto anche i cornuti. Di certo, questo famoso establishment di nobili eleganti e borghesi con la erre blesa e con tenute e quadri d’autore, è un mondo di figli di buona donna. O no? Poi fanno la morale a Kakà perché se ne va per soldi dal Milan.