Luigina Venturelli, L’Unità 16/1/2009, 16 gennaio 2009
OTTO PENSIONI SU 100 SONO PAGATE DAI CONTRIBUTI DEGLI IMMIGRATI
Dovremmo solo essere più onesti. Dovremmo solo restituire una parte di quanto noi italiani riceviamo ogni anno dagli immigrati: sostegno nella vita privata delle famiglie, lavoro nella crescita economica del paese e, soprattutto, tanti, tantissimi soldi nelle casse dello stato. Incambio di una manciata di spiccioli e una marea di propaganda. Il primo rapporto organico sugli immigrati imprenditori in Italia non lascia dubbi: gli stranieri ci convengono. Lo studio - presentato ieri a Milano e realizzato dalla Fondazione Ethnoland con il supporto di Caritas Migrantes - fotografa un sistema produttivo e previdenziale che, senza l’apporto dei cittadini extracomunitari, non si regge più in piedi. Sonooltre 165mila gli immigrati titolari d’impresa e dannolavoro adalmeno 330mila persone, tra 200mila dipendenti e 130mila socio collaboratori. Fenomenorecentissimo (l’85% di queste attività è stato avviato dopo il 2000) ma già strutturale per il territorio. Gli stranieri, pur rappresentando solo il6%della popolazione, hanno contribuito nel 2007 alla formazione di circa l’11% del prodotto interno lordo (secondo una ricerca Unioncamere era il 9,2% nel 2006, pari a 122 miliardi di euro), generando un gettito fiscale di 5,9 miliardi di euro. Eppure le risorse che il governo ha stanziato per finanziare politiche d’integrazioneammontanoad appena 5milioni di euro. Alivello previdenziale, poi, l’Inps ha registrato un ammontare superiore ai 5 miliardi di euro di contributi versati dai lavoratori stranieri, che in alcune regioni pagano 8pensioni su 100, senza percepirne nessuna. Eppure i costi sopportati dai Comuni per fornire loro servizi ammonta a circa 700 milioni di euro, unmiliardo secondo le stime più generose, nemmenoun quinto del totale delle entrate fiscali che gli immigrati assicurano. Speriamo dunque s’avveri la previsione della ricerca: altre 200mila iniziative imprenditoriali nei prossimi anni. Altre storie comequella di Nesim, che in Albania pilotava caccia da bombardamento e che a Modena ha fondato un’impresa edile con cinque dipendenti; comequella di Kel, che a Cuneo ha avviato un allevamento di polli e conigli; o come quella della stilista libanese Mohanna, che a Milano ha lanciato la sua casa di moda. Negli ultimi cinque anni, il loro numero è triplicato (56mila nel 2003, 165mila nel giugno 2008), mentre quello delle aziende italiane rimane stabile. Particolarmente significativo è il caso di alcune regioni del Nord (lo stesso Nord in cui la Lega rastrella consensi additando a nemico lo straniero) dove l’iniziativadegli immigrati ha fatto rivivere il boom degli anni Sessanta: la Lombardia conta 30mila aziende, l’Emilia Romagna 20mila, il Piemonte, la Toscana e il Veneto 15mila. «Chi si dichiara disponibile all’accoglienza di un’immigrazione di qualità deve essere aiutato a capire che tale immigrazione si trova già sul posto e che convenienza economica e solidarietà possono andare di pari passo» commenta Otto Bitjoka, presidente della Fondazione Ethnoland, nata per promuovere culturalmente ed economicamente la collettività immigrata. «Bisogna adoperarsi perchè gli immigrati contino di più come lavoratori, come imprenditori e come cittadini». Prima o poi l’Italia dovrà imparare ad essere più onesta. Dovrà saldare il debito, che oggi ammonta all’11% delle risorse pubbliche e al 6%della rappresenhttp:// lombardia.indymedia.org tanza politica.