Massimo Martinelli, Il Messaggero 16/1/2009, 16 gennaio 2009
I LATITANTI? RICCHI IN GIAPPONE O LIBERI SULLE RIVE DELLA SENNA
Una piazza di distanza, al massimo un quartiere: trent’anni fa erano queste le distanze che dividevano, ad esempio, gente come Alessio Casimirri e Vittorio Spadavecchia. Oppure come Gregorio Scarfò e Gabriele Adinolfi. Adesso c’è la Manica di mezzo. Trent’anni fa erano i Rossi e i Neri: armati, decisi, incoscienti. Soprattutto: terroristi. Oggi lo sono ancora, ma a riposo. Latitanti, ben protetti e agiati. I rossi in Parigi, i neri a Londra. Poi ci sono i fuoriclasse, come Alessio Casimirri, nome di battaglia ”Camillo”, curriculum da brigatista con il ”cameo” di essere l’unico del commando di via Fani a non sentire mai l’effetto dell’acciaio delle manette intorno ai polsi. E Delfo Zorzi, che da giovane voleva creare una nuova razza incrociando ariani e giapponesi e poi ”si accontentò” di mettere una bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Adesso lo chiamano ”Roi Hagen”, cioè croce uncinata. Vive in Giappone e ha fatto i soldi (tanti) importando dall’Italia borse e accessori di gran marca che da quelle parti pagano anche il doppio del prezzo di via Montenapoleone a Milano. Casimirri vive bene pure lui, in Nicaragua: ma si accontenta di fare il ristoratore alla ”Cueva del Buzo”, la Tana del Sub, cioè lui, subacqueo esperto e rispettato dai vertici del regime sandinista.
Il cervellone del Viminale dice che la lista dei terroristi italiani latitanti è lunga centotredici nomi. I rossi sono cinquantanove; i neri sono undici. Gli altri quarantatrè sono considerati appartenenti ad organizzazioni terroristiche internazionali. Sulle loro teste pendono condanne che vanno dai vent’anni all’ergastolo.
Passato il valico delle Alpi si entra in quella che è stata definita pieno titolo la colonia italiana dell’eversione di sinistra: Parigi diventò la meta di una vera e propria migrazione tra il 1978 ed il 1982, quando Mitterand promise che «nessuno sarebbe mai stato estradato, qualunque fosse stata la decisione dei tribunali francesi». Dall’Italia arrivarono quasi cinquecento esponenti della variegata galassia eversiva italiana, che in quegli anni contava centinaia di gruppuscoli. Riparono a Parigi i gruppettari di sinistra e i neofascisti legati alla malavita organizzata e al clan dei Marsigliesi. Poi, i terroristi neri passarono la Manica e piantarono le tende a Londra e altrove.
In terra francese, il leader incontrastato di questa colonia di persone che cercavano di darsi un tono persino nei salotti culturali, era Oreste Scalzone, ex leader di Potere Operaio. Anche se la più celebre è Marina Petrella, aderente alle Br, alla quale il presidente Sarkozy ha deciso a luglio scorso di non applicare l’estradizione ”per motivi umanitari”. E ancora, in Francia sono transitati e hanno preso casa personaggi come Simonetta Giorgieri e Carla Vendetti, sospettate di contatti con le nuove Brigate Rosse che scelsero i sobborghi di Lione; Sergio Tornaghi, legato alla colonna milanese delle Br; Roberta Cappelli, della colonna romana; Giorgio Pietrostefani, condannato per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi; Enrico Villimburgo, altro brigatista condannato all’ergastolo nel processo Moro ter. E ancora, Giovanni Alimonti, Enzo Calvitti, Maurizio Di Marzio, Vincenzo Spanò, Massimo Carfora, Walter Grecchi, Giovanni Vegliacasa, Francesco Nuzzolo, Giancarlo Santilli, Gianfranco Pancino. Di quasi tutti sono note le abitudini, le frequentazioni, l’indirizzo di casa. I segugi dell’Interpol sono spesso a fare colazione dove loro fanno colazione; o seduti al cinema nella fila dietro; o in treno, per raggiungere il mare. Basterebbe un passo falso del rifugiato di turno, inteso come un passo aldilà, del confine francese, magari un giretto a Entreves aldiquà del Monte Bianco, e la giustizia italiana potrebbe presentare il conto. Ma i diretti interessati lo sanno, e ci stanno attenti. La voce di questa ”attenzione” da parte dei nostri segugi della Criminalpol ha fatto il giro del mondo, se è vero che persino il brigatista Alessio Casimirri ha smesso di attraversare in gommone un tratto di fiume perchè così facendo usciva dal confine nicaraguense e ”rischiava” di incontrare qualche connazionale con il distintivo. Con lui, in Nicaragua, c’è anche Manlio Grillo, ricercato per la strage di Primavalle a Roma. Mentre in Brasile, dove Cesare Battisti si prepara a prendere casa a Rio de Janeiro, c’è Achille Lollo, anche lui protagonista della triste vicenda della borgata romana, che raccontò in prima persona nel 2005, giusto allo scadere dei trent’anni dal tragico rogo.