Roberto Manzocco, Libero 16/1/2009, 16 gennaio 2009
LA LEGGE DI MURPHY
Se c’è un principio del mondo fisico (ma anche di quello sociale) che riassume perfettamente lo spirito del nostro tempo, questo è certamente la Legge di Murphy. Una legge che proprio quest’anno compie 60 anni e non li dimostra affatto: «Se qualcosa può andar male, lo farà» risulta infatti una regola più che mai attuale. Ne sono prova i numerosi corollari ad essa ispirati che ben si adattano alle più disparate situazioni della vita di tutti i giorni. Ma facciamo un passo indietro, e andiamo a vedere come è nata, chi l’ha inventata e perché.
La storia della Legge di Murphy inizia nel 1949, grazie al pilota e ingegnere aerospaziale americano Edward Aloysius Murphy Jr. Nato nel 1918, Murphy si laureò presso l’Accademia Militare di West Point nel 1940. Dotato di un grande senso pratico, iniziò a lavorare nella sezione ”Ricerca e Sviluppo” dell’Aviazione militare statunitense. Era il 1949 quando si trovò a testare alcuni razzi (con pilota umano) ognuno dei quali possedeva 16 accelerometri; ognuno di questi dispositivi poteva essere montato in due modi - uno giusto e uno sbagliato - e puntualmente almeno uno dei tecnici finiva col montarli tutti e 16 nel modo sbagliato. L’episodio spinse Murphy a coniare la celebre frase, che nella sua formulazione originale suona così: «Se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo». Il fatto venne riportato durante una conferenza stampa dal pilota dei razzi, il maggiore John Paul Stapp, e da allora la Legge di Murphy ha fatto il giro del mondo. Non solo, da essa è nata una vera e propria disciplina (semiseria, ovviamente), che è stata battezzata ”murphologia”.
A sistemare e diffondere la ”murphologia” ha pensato poi lo scrittore e umorista americano Arthur Bloch, il quale ha pubblicato un gran numero di libri che raccolgono varianti della legge elaborate da lui stesso o da altre persone, nonché leggi e princìpi semiseri coniati da altri personaggi (prontamente ribattezzati ”murphologi”), che per un motivo o per l’altro si sono richiamati al pensiero di Edward Murphy.
Abbiamo, per esempio, la ”Legge di Finagle”, secondo la quale «tutto quello che può andar male lo farà, e nel peggior momento possibile». E altre note applicazioni, come: «Quando si va alla cassa la coda vicina è sempre più veloce», e «per quanto ci sforziamo di trovare un prodotto a un buon prezzo, dopo averlo comprato lo troveremo da un’altra parte a un prezzo inferiore».
Tra i corollari aggiunti dai ”murphologi” alle legge principale abbiamo inoltre: «I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedir loro di nuocere»; «se le cose sembrano andar meglio, c’è qualcosa di cui non stiamo tenendo conto»; e infine «le cose vengono danneggiate in proporzione al loro valore» (quest’ultimo corollario è noto anche come ”Costante di Murphy”). In pratica la disciplina umoristica nata dalla Legge di Murphy tende ad esprimere una visione pessimistica del mondo, e le leggi e i corollari in questione rappresentano una caricatura di situazioni negative reali, che vengono considerate più diffuse e probabili di quanto non lo siano effettivamente.
Invece di sentirsi lusingato, Edward Murphy rimase infastidito da tutte queste varianti e applicazioni della legge che porta il suo nome, tanto che le criticò fino alla morte (avvenuta nel 1990) ritenendole «ridicole, triviali e sbagliate». Perché se pure nata in modo scherzoso, questa legge incarna in realtà un principio positivo, nel senso che incita a prevenire ogni problema (facendosi trovare preparati), e non una concezione pessimista e disfattista della realtà (tanto che essa viene applicata realmente nel campo del design industriale).
E se per i suoi sessant’anni non è in programma alcun festeggiamento, è sempre possibile considerare l’attuale momento di crisi globale come un tributo involontario alla Legge di Murphy.