Fulvia Caprara, La stampa 16/1/2009, 16 gennaio 2009
PRIMA MI SPOGLIA E POI MI SPOSA
Fosse per lei, direbbe tutto, racconterebbe come è nata la passione sul set di Tutta la vita davanti, come è stato difficile non perdersi nel disordine delle vite di un regista affermato e di un’attrice emergente, quanto è complicato organizzare un matrimonio mentre si è impegnati sul set di una ficton... Tutto, proprio tutto. Ma c’è un problema: «Se parlo di noi, non mi sposa più».
Trent’anni, fascino solare, bellezza ingenua e per questo più provocante, Micaela Ramazzotti, prossima sposa di Paolo Virzì, tenta di ignorare il fragore mediatico dell’avvenimento. Non dice neanche quando sarà il lieto evento, si sa solo che le nozze si faranno a Roma. Si rifiuta perfino di confermare o smentire le voci che la vogliono in dolce attesa: «No comment». Vuole parlare solo di lavoro, della «grande passione» che l’ha spinta sul set, di quell’«adrenalina che ogni giorno mi fa alzare dal letto con la stessa voglia di fare, una cosa che credo non perderò mai». In una pausa della lavorazione della fiction di Angelo Longoni, Segretarie, accetta, per la prima volta dopo la notizia delle nozze, di parlare di sé: «Non è semplice dare anima e credibilità alle figure che si portano sullo schermo. Ogni volta bisogna accontentare il regista e cercare di somigliare il più possibile a quello che lui vuole».
Eppure è difficile far finta di niente. Si sa che, in questi ultimi giorni, Ramazzotti non ha un minuto libero, che perfino l’ufficio stampa e il suo agente fanno fatica ad acciuffarla, che, insomma, bisogna capirla perché l’evento è importante e la data è, pare, ormai vicina. Lei ridacchia, si ritrae, fa scena muta. E non solo sull’abito, come da tradizione. Di un’unica cosa è certa: «Per sposarsi, come per l’amore, non esistono età. Sono sorprese, non si possono prevedere». Nel suo caso, sicuramente, l’esempio familiare ha giocato in positivo: «Sono legatissima ai miei, penso che la famiglia sia fondamentale, loro sono le persone che staranno sempre dalla tua parte, che non ti tradiranno mai». I due genitori, impiegati oggi in pensione, e il fratello più grande («il mio amico migliore») non hanno ostacolato il cammino verso la celebrità, iniziato quando Micaela aveva solo tredici anni, nell’universo un po’ rétro dei fotoromanzi: «Ho cominciato per caso, ma ho capito subito che quello era il mio mestiere».
Una certa romanesca concretezza l’ha sempre guidata, anche nelle prove più complesse, anche quando il futuro marito le chiese di interpretare una scena senza veli in Tutta la vita davanti. Un nudo per caso, senza malizia, incoerente come il suo personaggio di madre sbandata: «No, non ho provato nessun imbarazzo. Prima di accettare una parte leggo attentamente il copione, se decido di fare un ruolo mi preparo moltissimo, so perfettamente a che cosa andrò incontro e poi mi affido al regista». Pausa, Micaela riflette: «E poi non vedo differenze fra il trasmettere emozioni con il viso o con il resto del corpo. Sono tutti e due strumenti del mio lavoro».
Certo, se è così, lei è partita avvantaggiata: «Bella? Beh, a dire la verità mi vedo un sacco di difetti. E comunque alla bellezza non ho mai dato grande attenzione. Si nasce in un modo o in un altro, quello che conta è alzarsi la mattina e stare in salute, sapere che si può fare quello che si vuol fare. La bellezza c’è adesso, ma poi svanisce e tra l’altro viviamo in un’epoca in cui tutti, uomini e donne, hanno la possibilità di costruirsi, se vogliono, un aspetto attraente».
Nel film di Luciano Melchionna Ce n’è per tutti, Ramazzotti fa invece l’esatto contrario: «Sono Isa, faccio l’infermiera, porto occhiali con lenti tipo fondi di bottiglia, ho protesi sulla pancia e sul sedere. E poi ho un carattere scostante, non rido mai, sono una bacchettona, sempre depressa, arrogante, una specie di piccolo animale mostruoso». stato difficile trasformarsi? «Sì, Isa è una persona lontanissima da me, la cosa più complicata è stata togliere al personaggio la morbidezza, la gentilezza che ogni ragazza possiede naturalmente».
Gran lavoro anche con Francesca Archibugi, da sempre amica di Virzì, che le ha affidato nel suo nuovo film, Una questione di cuore, il ruolo di Rossana, moglie del carrozziere Kim Rossi Stuart, madre «come le mamme di una volta». Soddisfatta? «Mi auguro di aver fatto una figura decente. L’Archibugi è una grande autrice, sono cresciuta con i suoi film, abbiamo preparato la parte insieme, lavorando anche sul linguaggio, perché Rossana ha un lessico popolare, parla in un modo un po’ antico, abbiamo cercato cose più facili da dire». Consigli dal futuro consorte? Non è dato sapere. Le spose, si sa, hanno mille segreti.