Aldo Grasso, Il corriere della sera 16/1/2009, 16 gennaio 2009
IL LIBANESE E IL DANDI FICTION RIUSCITA
Confesso di aver nutrito non poche perplessità all’ annuncio della serie «Romanzo criminale» (Cattleya, Sky, Rti Mediaset). C’era già il film di Michele Placido, sempre tratto dal libro di Giancarlo De Cataldo, ad aumentare lo scetticismo. Ho guardato la prima puntata pieno di pregiudizi. Giunto infine alla dodicesima, devo ammettere invece che ci troviamo di fronte a uno degli esiti più riusciti della fiction italiana. La livida saga del Libanese, del Dandi, del Freddo, di Patrizia ha trovato una scrittura che finalmente esce dai canoni dell’agiografia all’italiana. Ci sono in giro segnali di crescita, bisogna saper approfittare dell’occasione.
Uno dei difetti principali della fiction italiana è di tipo strutturale, e riguarda la sua parcellizzazione. Il sistema funziona così, specie in Rai: un responsabile della fiction, che sta in carica un numero limitato di anni, deve accontentare il maggior numero di persone (molte delle quali hanno legami politici) e, nello stesso tempo, dare alla luce prodotti che vadano in onda mentre lui è ancora seduto alla plancia di comando. Altrimenti, a goderne, sarà il suo successore. Per questo è stata inventata la formula della miniserie in due puntate. Che va bene solo per le biografie di uomini celebri, possibilmente in chiave celebrativa.
Non c’è mai un progetto a lungo respiro che permetta a sceneggiatori, registi e attori di crescere, di pensare alla grande, di guardare anche fuori dei confini nazionali. Le caratteristiche specifiche della serialità (le nuove dinamiche della creatività che fanno emergere pulsioni nascoste e derive dell’immaginario) si esaltano solo sulla lunga distanza, disegnando percorsi passionali e strategie discorsive inedite. Le due puntate sono una prigione, di vago sapore letterario, opere chiuse spesso mortificate dalla mefitica nozione d’autore. La nuova tv italiana ha bisogno di brand, di progetti, di «romanzi criminali». Di uscire dal suo provincialismo.