Frammenti, blog www.alleviani.com, 16 gennaio 2009
ALLEVI PER IL FOGLIO
il Giornale, sabato 20 dicembre 2008
Sono appassionato di musica classica e ne ho scritto per anni, ma credo che a questo punto smetterò di aspettarmi ancora qualcosa dal mio Paese e dalle mie istituzioni. Il discorso è lungo, ma pietra tombale ne sarà il concerto di Natale che si terrà domani in Senato con tanto di diretta televisiva: perché protagonista, ebbene sì, ne sarà il pianista Giovanni Allevi. Ora: chi sa ha già capito. Chi non sa, e lo dico moderandomi, dovrebbe sapere che Allevi sta alla musica classica come Adriano Celentano sta alla filosofia teoretica [...]. Senza cattiveria: è musica pop, easy listening, una costruzione di marketing che dovrebbe ingannare i gonzi (anche se i gusti son gusti, bla bla) e però dovrebbe andare a Sanremo, non dissacrare un luogo dove hanno diretto Lorin Maazel e Riccardo Muti. A proposito: Allevi in Senato dirigerà un’orchestra. Dettaglio: ha imparato quest’anno, ma ha detto che ha studiato i grandi maestri su Youtube. Non è una battuta. Buon ascolto.
Filippo Facci
Corriere della Sera, lunedì 22 dicembre
finito con una standing ovation per Giovanni Allevi il concerto di Natale al Senato. Tutti in piedi per applaudire il trentanovenne compositore, pianista e direttore d’ orchestra che ieri mattina ha diretto l’orchestra sinfonica i Virtuosi Italiani nell’Aula di Palazzo Madama. «La musica può essere un grande esempio per la politica - commenta Allevi al termine dell’evento -: un’orchestra sinfonica è formata da tanti parti diverse che esprimono anche momenti di tensione e conflittualità. Ma ogni elemento è indispensabile per raggiungere la bellezza e l’armonia. Ecco, io più che guardare agli schieramenti di destra o sinistra sono per l’idea di Platone: la politica come armonia».
Il concerto si è aperto con l’Inno di Mameli, poi musiche di Puccini - di cui ricorre quest’anno il centocinquantesimo anniversario della nascita - e dello stesso Allevi, pianista classico capace di irrompere con le sue melodie nelle classifiche pop. «Le mie saranno pure composizioni easy listening ma non sono easy playing. Per essere eseguite hanno bisogno di professori d’orchestra super. Questo concerto celebra la festa di una moderna creatività musicale italiana che, traendo forza dalla tradizione classica, esprime i tormenti e gli slanci ideali di questo nostro tempo. un modo per ricordare all’Europa e al mondo che l’Italia è soprattutto il paese del pacifico impegno, dell’arte e della musica».
Intervenendo in Aula, il presidente del Senato Renato Schifani ha ricordato le «linee guida» della sua presidenza: «Attenzione ai giovani, sobrietà, legalità». Il padrone di casa ha donato ad Allevi uno spartito originale dell’ Ottocento ma è stato anche protagonista di una piccola gaffe. Nel ringraziare i vertici Rai per la diretta sulla prima rete ha rivolto un saluto alla conduttrice dell’evento Gabriella Carlucci, confondendo la presentatrice Milly con la sorella deputata del Pdl. Al concerto hanno assistito anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano («Quando l’ho incontrato, alla fine, gli brillavano gli occhi. stato un incontro di affetti più che di parole», racconta Allevi) e il presidente della Camera Gianfranco Fini. «Per me è stata un’ emozione indescrivibile. Ho sentito molto l’aspetto istituzionale - dice Allevi -. Ero nel cuore dello Stato dove, in passato, mi hanno preceduto direttori d’orchestra importantissimi come Muti, Lorin Maazel. Schifani è stato coraggioso a invitare me che rappresento una musica nuova. Però quando le persone si sono alzate in piedi per applaudirmi, aveva lo sguardo di chi ha vinto una scommessa». In Aula erano presenti, fra i ministri, Angelino Alfano, Umberto Bossi accompagnato da tutta la famiglia («Suo figlio suona il piano ed è un mio accanito fan», racconta Allevi) e Altero Matteoli; il presidente della Rai Claudio Petruccioli e il direttore di Raiuno Fabrizio Del Noce; Simonetta, la nipote di Giacomo Puccini. Assente il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Al suo posto, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Nella tribuna di primo ordine c’erano cinquanta studenti invitati dal Senato.
L’evento è stato chiuso da un brindisi e da un buffet curato dalla ditta di Vincenzo Conticello, l’imprenditore siciliano che ha denunciato i suoi estorsori. Tutto esaurito per la tredicesima edizione del concerto, con un incasso di oltre quarantamila euro. La somma sarà devoluta all’Ospedale romano del Bambin Gesù.
Sandra Cesarale
La Stampa, mercoledì 24 dicembre
«Che spettacolo desolante! Vedere le massime autorità dello Stato osannare questo modestissimo musicista. Il più ridicolo era l’onorevole Fini, mancava poco si buttasse in ginocchio davanti al divo». Uto Ughi non ha troppo apprezzato il concerto natalizio promosso dal Senato della Repubblica che ha avuto come protagonista il pianista Giovanni Allevi.
Il nostro violinista lo ha ascoltato - «fino alla fine, incredulo» - dalla sua casa di Busto Arsizio e ne è rimasto «offeso come musicista. Pianista? Ma lui si crede anche compositore, filosofo, poeta, scrittore. La cosa che più mi dà fastidio è l’investimento mediatico che è stato fatto su un interprete mai originale e privo del tutto di umiltà. Il suo successo è il termometro perfetto della situazione del nostro Paese: prevalgono sempre le apparenze».
Che cosa più la infastidisce di Allevi: la sua musica, le sue parole?
«Le composizioni sono musicalmente risibili e questa modestia di risultati viene accompagnata da dichiarazioni che esaltano la presunta originalità dell’interprete. Se cita dei grandi pianisti del passato, lo fa per rimarcare che a differenza di loro lui è ”anche” un compositore. Così offende le interpretazioni davvero grandi: lui è un nano in confronto a Horowitz, a Rubinstein. Ma anche rispetto a Modugno e a Mina. Questo deve essere chiaro».
Come definire la sua musica?
«Un collage furbescamente messo insieme. Nulla di nuovo. Il suo successo è una conseguenza del trionfo del relativismo: la scienza del nulla, come ha scritto Claudio Magris. Ma non bisogna stancarsi di ricordare che Beethoven non è Zucchero e Zucchero non è Beethoven. Ma Zucchero ha una personalità molto più riconoscibile di quella di Allevi» [...]
Che opinione ha di Allevi come esecutore?
«In altri tempi non sarebbe stato ammesso al Conservatorio».
Lui si ritiene un erede e un profondo innovatore della tradizione classica.
«Non ha alcun grado di parentela con la musica che chiamiamo classica, né con la vecchia né con la nuova. Questo è un equivoco intollerabile. E perfino nel suo campo, ci sono pianisti, cantanti, strumentisti, compositori assai più rilevanti di lui» [...].
Sandro Cappelletto
il Giornale, sabato 27 dicembre
Giovanni Allevi compone, suona (il pianoforte), scrive libri. il re Mida della musica classica: tutto ciò che tocca diventa oro [...]. I discografici si leccano i baffi. A partire dalla Universal, cioè il top nel settore, che in novembre ha pubblicato un cd di Allevi. « già disco d’argento. Allevi si sa porre, è disponibile, suona ovunque, un ottimo mix fra bravura e capacità di promuoversi», assicura Giovanni Mazzucchelli, marketing manager della Divisione Classica dell’etichetta. Non è della stessa opinione Ramin Bahrami, proprio oggi 32enne, pianista anche lui da primati: il suo cd dedicato a un’opera di intelletto come L’arte della fuga di Bach ha sfondato pure nelle classifiche pop. «C’è troppo fumo e niente arrosto in Allevi. Oggi, purtroppo non si fa differenza fra qualità e quantità, è facile arrivare al successo senza niente. E Allevi incarna questa tendenza. Conosce gli escamotage per ottenere il consenso, punta su melodie orecchiabili e si spaccia come il profeta della classica» [...].
Anche il compositore Fabio Vacchi ammette che Allevi sfugge la categoria della classica. Salvo aggiungere: «Io proprio non lo considero, non riesco neppure ad avere opinioni su di lui. solo una bieca operazione commerciale. Mi vien da ridere quando vedo che si spaccia per musicista di classica. La sua è un’operazione di sub cultura». Tino Cennamo, manager della secolare casa musicale Ricordi, invece confessa che «se potessi lo contrattualizzerei». Ma in quale area? «Nel filone della musica moderna, tra la contemporanea e la pop, un genere molto in voga nei Paesi anglosassoni. Dopo Einaudi, rappresenta il nuovo fenomeno della musica italiana».
Piera Anna Franini
La Stampa, domenica 28 dicembre
Sono uscito dal Senato alle 15.30, con in tasca una cravatta rossa. Me l’ha regalata un bambino, che era venuto con i genitori per assistere al concerto: «Tienila Giovanni, è tua. L’ho messa per te, per la prima volta in vita mia». Fuori, con mia grandissima sorpresa, ho trovato una grande folla radunata davanti Palazzo Madama, per salutare me e i professori d’orchestra.
Ecco, Maestro Ughi, queste sono le immagini indelebili, che resteranno scritte nel mio cuore, indissolubilmente legate a quel concerto. Ora, proprio su questo tavolino, c’è un foglietto spiegazzato con sopra un autografo. Certo, in questi ultimi anni ho avuto l’onore di firmarne tanti. Ma quello che ho qui con me, l’ho voluto io. l’unico autografo che abbia mai chiesto a un artista. Quella sera di dieci anni fa, me ne tornai al mio monolocale da una gremita Sala Verdi del Conservatorio di Milano, con in tasca quel foglietto, come fosse un gioiello. Non era stato facile nemmeno raggiungere il camerino dell’artista, per un nessuno come me, un anonimo studente in Composizione. Io non avevo amicizie influenti, a stento arrivavo alla fine del mese, affrontavo grandi sacrifici per diplomarmi in Composizione e il biglietto del concerto l’avevo pagato. Ma ora avevo l’autografo di uno dei più valenti violinisti del mondo: lei, Maestro Ughi.
Come ha potuto farmi questo? Come ha potuto sputarmi addosso tanto veleno, proprio il giorno della Vigilia di Natale? Lei si ritiene offeso, e di cosa? Come fa una musica a offendere, se è scritta e suonata con tutta l’anima? Una musica strumentale senza parole?
Secondo lei, io non sarei degno di essere ammesso in Conservatorio. In realtà vi ho trascorso i miei migliori anni preparandomi a diventare, con cura, impegno e passione, un compositore di musica contemporanea. Sono diplomato in Pianoforte con 10/10. Sono diplomato in Composizione col massimo dei voti. Ho pubblicato le mie partiture musicali.
Sono un dottore in Filosofia, laureato con Lode e ho pubblicato i miei scritti. Il mondo della musica classica è malato. Lei è uno dei pochissimi che è riuscito a viverlo da protagonista, ma forse non immagina cosa vuol dire studiare anni e anni uno strumento musicale per arrivare, sì e no, a insegnare in una scuola privata.
E così, a spartirsi la torta del potere musicale sono in pochi, una casta, impegnata a perpetrare la propria concezione dell’arte e la propria esistenza. una lobby di potere fatta di protettori e protetti, nascosti nelle stanze di palazzi per molti irraggiungibili. Dalla casta emerge sempre lo stesso monito: «La gente è ignorante, noi siamo i veri detentori della cultura».
Ma proprio nelle aule del Conservatorio, analizzando le partiture dei grandi del passato, e confortato dal pensiero di Hegel nella Fenomenologia, ho maturato il convincimento che ogni epoca abbia diritto alla sua musica. Perché costringere il pubblico del nostro tempo a rapportarsi solo a capolavori concepiti secoli fa, e perdere così l’occasione di creare una musica nuova, verace espressione dei nostri giorni, che sia una rigorosa evoluzione della tradizione classica europea? [...] Non c’è alcuna macchinazione, tutto è assolutamente limpido e puro: le persone spontaneamente hanno scelto di seguirmi. Ma bisogna smettere di ritenere ignorante la gente «comune». Il pubblico cui si rivolgeva Mozart nel XVIII secolo era forse più colto del nostro? Mai in Italia ci sono stati tanti studenti di musica come in questi tempi [...].
Alla luce delle sue parole, sembra paradossale che lei sia presidente dell’Associazione «Uto Ughi per i giovani». Il grande Segovia diceva: «I giovani compositori hanno fatto la mia fortuna, io la loro». Invece Lei ha scelto la via facile dell’ostruzionismo, dall’alto della sua conclamata notorietà. Quel suo autografo che ho sempre conservato gelosamente, dopo tanti anni, per me ora non conta più niente.
Giovanni Allevi
La Stampa, lunedì 29 dicembre
Il Concerto di Natale al Senato di Allevi è stato veramente entusiasmante. Trovo molte sue composizioni veramente originali e coinvolgenti, con un impasto timbrico non comune. I passaggi melodici, ritmici e armonici dei vari strumenti legavano perfettamente. Si accenna al Conservatorio? Posso dire che ci sono grandi esecutori che non hanno mai frequentato il Conservatorio, come ce ne sono moltissimi in Italia che a fine corso non riescono a tenere nemmeno lo strumento in mano. Oppure compositori che, arrivati al termine dei corsi, conoscono la tecnica compositiva ma sono privi di creatività. per questo che trovo veramente fuori luogo l’assurda e pretestuosa critica negativa da parte del maestro Uto Ughi verso un giovane musicista e compositore come Allevi. Perché questa rabbia per un giovane pieno di entusiasmo e di talento? Si vuole tarpare le ali ai giovani in ogni campo. Bravo Allevi che ce l’hai fatta.
Rossano Corradetti
Musicista, Fermo (AP)
Sul web, e non solo, impazza la polemica a favore o contro l’uno o l’altro musicista. Tante le lettere in merito. Non conosco la musica a sufficienza per permettermi di dare un giudizio, ma non ho dubbi nel dire che c’e’ un grande valore in questa polemica: ed è nel fatto stesso che sia scoppiata [...]. Quanto preferibile questa veemenza - da tutti i lati - a quelle meline di punzecchiature tipiche delle polemiche «culturali».
Lucia Annunziata
La Stampa, lunedì 29 dicembre
[...] La ragione prima del successo di Allevi è nel suo colmare la distanza che ancor oggi separa buona parte del pubblico dei concerti dalla frequentazione con la musica classica. Lui offre un «classico facile», leggero, che non intimorisce, non richiede particolari rituali di fruizione, non induce emozioni profonde: nel periodo barocco i tedeschi battezzarono il genere «Tafelmusik», musica da tavola, indicandone alla perfezione la funzione e i limiti. Un sottofondo, nella rilassatezza del Lounge [...].
Sandro Cappelletto
Il Sole 24 Ore, lunedì 29 dicembre
[...] Giovanni Allevi può essere definito un giovane solo in una gerontocrazia come l’Italia: compirà infatti 40 anni il prossimo 9 aprile. Nato ad Ascoli Piceno, si diploma nel 1990 in pianoforte al Conservatorio di Perugia. Nel 1997 conosce Jovanotti e suona in alcune delle tournée del suo gruppo. Fino al 2005, però (ovvero fino a 35 anni di età), la sua carriera è quella di un pianista con formazione classica che sceglie invece una musica più facile da suonare e con un pubblico sicuramente più vasto. A fine 2004 ha già pubblicato due album, ma la sua presenza mediatica comprende soprattutto le rubriche dei programmi musicali; quella del Corriere della Sera riporta ancora nel 2004 concerti gratuiti (per esempio) per il pubblico della libreria Fnac di Milano, la città dove si è trasferito.
Il colpo di genio (dei suoi addetti alle pubbliche relazioni) arriva alla fine del 2004. Già il 21 dicembre di quell’anno si annuncia che «il pianista italiano Giovanni Allevi si esibirà al Blue Note di New York». All’epoca Allevi veniva presentato come «un pianista trasversale per la sua capacità di contaminare i generi, dalla musica classica al jazz, dal funky al pop e così via». I giornali riportano resoconti debitamente trionfalistici: «Successo al Blue Note di New York per il pianista Giovanni Allevi. Col doppio concerto di domenica (biglietti esauriti per entrambi) nel tempio del jazz, Allevi ha dato l’avvio a un tour internazionale che lo porterà in Europa e Cina».
A una ricerca approfondita su Internet è peraltro sfuggita qualsiasi traccia del concerto sui media di lingua inglese. Come mai? Il concerto era organizzato in collaborazione con l’Istituto italiano di cultura, in coincidenza della rassegna «Jazz italiano a New York». Una rassegna nell’ambito della quale un discreto numero di gruppi nostrani (sempre a leggere i resoconti in italiano) fece il tutto esaurito in altri locali altrettanto prestigiosi della Grande Mela.
La presenza al Blue Note, opportunamente pubblicizzata, fa da detonatore mediatico: come? Non ci siamo accorti di avere in casa un artista che trionfa al Blue Note? Ecco che dal marzo 2005 le presenze di Allevi sulla stampa si moltiplicano, anche a seguito di una campagna di marketing martellante [...].
Nell’aprile del 2005 esce il nuovo album No concept. Ed è in quell’occasione che arriva il secondo colpo di genio. Quello di presentare Allevi - lo stesso Allevi di prima - non più come musicista fusion, ma come musicista classico a pieno titolo [...].
Andrea Malan
ilgiornale.it, sabato 3 gennaio
A me piace la musica di Allevi, questo è il semplice motivo per cui la ascolto, e come me penso le migliaia di persone che acquistano i suoi dischi e che lo seguono. Ascoltare la sua musica mi dà gioia di vivere. [...] Entrando nel mondo della musica classica con i meccanismi di una pop-star, Allevi ha fatto saltare alcuni meccanismi di mediazione culturale, quelli per cui qualcuno decide per gli altri cosa è bello o meno. Questo dà fastidio e la polemica sembra nascere realmente da una difesa di casta.
falco nero
la Repubblica, giovedì 8 gennaio
Caro Augias, mi lasci tornare sull’imbarazzante episodio verificatosi in Senato per il concerto delle festività di fine anno. Un Senato e un presidente della Repubblica posti ad ascoltare un’orchestra diretta da chi palesemente non sapeva dirigere, oltre ad essere un mediocre pianista che esegue proprie musiche che non saprei se qualificare da piano-bar o da che cosa, il tutto reclamizzato come rivoluzione nella musica contemporanea. Mi pare faccia pari con due secoli di lotte sociali serie e talvolta tragiche sfociate ultimamente nel trionfo di Luxuria all’Isola dei Famosi. Di sciocchezze se ne sono dette da Adamo in poi, soltanto non esisteva il megafono dei media: dunque sarebbe auspicabile un po’ di cautela prima di spararle pubblicamente. Aggiungerei che con queste marmellate in cui tutto si equivale non ci dovremmo stupire se tanta gente non sappia più stare al mondo, e si comporta di conseguenza. Ci apprestiamo a festeggiare l’Unità d’Italia: spero che il collante che ci unisce non stia diventando l’idiozia. «L’Italia s’è desta» oppure «l’Italia sede e sta?».
Cesare Mazzonis
Direttore artistico dell’ Orchestra nazionale Rai
la Repubblica, venerdì 9 gennaio
Prima della bufera Giovanni Allevi era un riccioluto pianista diplomato a pieni voti al Conservatorio e laureato in filosofia, che audacemente aveva scalato le classifiche di vendita, stabilendo primati da far invidia anche a un artista pop. Oltre cinquecentomila copie vendute di sei album incisi, più di centomila copie vendute dei due libri pubblicati, concerti sold out (e già un impegno per il prossimo luglio all’Arena di Verona). L’accademia, che l’ha formato, tace. Lui dice: «La mia è musica classica contemporanea». I detrattori attaccano: « poco più di Stephen Schlaks e Richard Clayderman». I jazzofili nicchiano: « un Keith Jarrett zuccheroso». Ma i fan lo adorano, lui non si risparmia, la comunicazione tra le due parti diventa fenomenale. E senza confini di età, dai cinque a novant’anni [...].
«Sono solo una persona convinta e innamorata di ciò che fa. Quel che penso di me l’ho scritto nel libro In viaggio con la strega: sono un simpatico megalomane, perché pensare in grande è il dovere dell’artista. Confrontarsi con i geni del passato è forse un peccato?».
Si fa fatica a riconoscere la stessa dignità di una sinfonia alla cantabilità pop di certe sue composizioni.
«In questo mi viene in soccorso Mozart. La musica deve essere promotrice di una semplicità che è complessità risolta, da tutti riconoscibile, che non inficia la propria origine colta. Siccome il Novecento ha perseguito l’ideale della complessità fine a se stessa, oggi siamo portati a credere che ciò che è complesso e incomprensibile ha maggior valore rispetto a ciò che è semplice» [...].
Non si sarà mica montato la testa?
«So di essere un sognatore e un visionario. Sono animato da una profonda umiltà e nutro un rispetto religioso nei confronti del pubblico e della musica. Il vero problema sta nell´immobilismo, nella paura di fare, di cambiare, di esporsi».
Giuseppe Videtti
la Repubblica, venerdì 9 gennaio
Su Allevi ho le idee chiare: è un simpatico cialtrone [...] Io capisco benissimo gente come Bollani, o come Pollini nella classica, che si arrabbiano quando leggono che Allevi è un dio. Detto senza astio, se Allevi non avesse i capelli che ha non se lo filerebbe nessuno. Fa musica gradevole, ma da qui a dire che ha fondato un genere musicale, che lui è la musica classica dei giorni nostri ce ne passa».
Stefano Belisani
in arte Elio di Elio e le Storie tese
www.alleviani.com, sabato 10 gennaio
Brutte notizie, anche qui in Ticino sono arrivati i detrattori di Giovanni. Oggi su La Regione Ticino pagina intera PIENA di inutili parole di assoluta presunzione culturale e di offese a noi poveri Alleviani ignoranti. Dato che l’articolo è al limite dell’incomprensibilità (e della noia), nessuno lo leggerà fino infondo ma almeno tutti sapranno che Giovanni esiste! Chi vuole leggerlo mi scriva, glielo mando via email. Giovanni non ti curar di loro, una risata li seppellirà!
Patrizia, Locarno
la Repubblica, martedì 13 gennaio
Gentilissimo dott. Augias, l’intervento del prof. Mazzonis che ella ha ospitato giorni fa mi ha spinto a scrivere che la musica classica non ha mai vissuto un momento di così totale disinteresse da parte delle istituzioni da farci rimpiangere il fascismo (e non sa con quanto dolore lo dico). L’adesione (di comodo) al regime fu pressoché totale da parte dei musicisti ad esclusione del baritono Titta Ruffo, del critico Massimo Mila e di Toscanini. Bene ha fatto a ricordare che le autorità dello Stato dovrebbero frequentare di più i concerti che in Italia sono numerosi e non di rado di qualità, con artisti di ben altra consistenza tecnica, di talento e culturale di questo giovane Allevi che invece di godersi il successo, s’erge quasi a messia di una nuova religione della musica. Ma il problema è più grave. I giornali, compresa Repubblica, danno troppo poco spazio alla musica o ne parlano solo per aspetti di contorno relegando recensioni di importanti concerti o allestimenti d’opera a scarni trafiletti. Ci parlano non degli spettacoli ma di ciò che fa notizia: lo sciopero della Scala, i pettegolezzi sul backstage delle dirigenze. Sarebbe meglio parlare delle normali attività musicali in un paese dove ogni governo pare vedere nei tagli del Fus (Fondo unico per lo spettacolo) la soluzione per il risanamento del bilancio dello Stato.
Francesco Sanvitale
storico della musica, Università di Teramo
La polemica su Allevi è tornata a far parlare di musica e questo è un bene. Che almeno se ne parli, visto che in concreto si fa poco e che i tagli al Fus, come giustamente scrive il prof. Sanvitale, per l’ennesima volta ferocemente incombono. Su Allevi i pareri sono discordi. Il signor Domenico Veneran (aponayi@alice.it) dicendosi appassionato cultore di musica precisa: «Sono felice di ascoltare la deliziosa musica di Allevi tra il mio amato Haendel il mio adorato Vivaldi e molti altri». Al contrario il signor Enrico De Carli (enricoj@alice.it), musicista jazz, scrive: «Ma cos’è Allevi? Easy listening ovvero musica da sottofondo per un aperitivo, un buon detersivo che elimina con cura le tracce d’arte dalle partiture». Contrasto netto, come si vede, nel quale ognuno può giustamente rivendicare la sua parte di ragione [...].
Corrado Augias
www.alleviani.com, giovedì 15 gennaio
Buongiorno a tutti miei cari alleviani come state? Qui a Roma il tempo è brutto, per fortuna ho la musica del nostro Maestro che porta il sole ovunque.
Franca