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 2009  gennaio 15 Giovedì calendario

5 ARTICOLI


FAMIGLIE, FUNZIONA IL MICROCREDITO SUI TERRITORI-

Consulenze per orientare dai debiti e aiuti concreti, finanziamenti e tassi di interesse, card e collaborazioni con banche ed enti locali. Le diocesi italiane, attraverso le Caritas, si stano at­trezzando in vari modi, ma sempre con il filo rosso del microcredito per sostenere il ceto me­dio impoverito, quelle fasce di nuovi poveri travolte dalla crisi. Uno strumento importato dal Sud del pianeta e che ha finalità di stimolo all’impresa o di aiuto sociale. Ma che vuole evitare di far ca­dere nell’assistenzialismo donne e uomini che possono in diversi modi risollevarsi e recuperare dignità. Si tratta di esperienze diffuse a macchia di leopardo sulla cartina geografica italiana, nel­le metropoli come in provincia. Sono circa il 70% le diocesi che hanno adottato il microcredito nel­le fondazioni antiracket o usura, nelle realtà di orientamento al lavoro, nei fondi famiglia. I part­ner di queste attività di finanza solidale sono istituti come Banca Popolare Etica o le Banche di cre­dito cooperativo che attraverso convenzioni con le comunità ecclesiali, attivano fondi a rotazio­ne. Se il prestito rientra, altri accederanno al finanziamento. Una formula di successo perché re­sponsabilizza le persone.

Dall’emergenza ter­remoto in Molise alla Caritas Card. Uno dei progetti pionieri del microcredito in Italia sta diventando adulto. Nato nel 2003 con un pro­getto della Caritas nazio­nale gestito dalla cooperativa Sena­pa per aiutare i paesi colpiti nella dio­cesi di Termoli e Larino l’anno pre­cedente da un sisma, il microcredi­to da un anno e mezzo circa si è in­dirizzato verso la famiglia.
« Ci siamo resi conto – afferma il di­rettore della Caritas diocesana don Ulisse Marinucci – di quanto il biso­gno economico, all’interno delle di­namiche familiari, diventa il para­vento dietro il quale covano altre dif­ficoltà. Allora, modificando e am­pliando a diversi comuni il progetto Senapa, operante da 18 mesi in con­venzione con Banca popolare Etica, abbiamo istituito un nuovo filone che tenta di raggiungere i più pove­ri. nato prima il Centro di aiuto al­la famiglia, quindi il progetto ’ Sos e­mergenza’ per il supporto economi­co. Da gennaio ha cambiato nome e si chiama ’ Caritas card’ » .
Il progetto di microcredito impren­ditoriale in questa area depressa è ri­volto alle persone non bancabili che intendono avviare una nuova attività o migliorare quella esistente ed è ge­stito in collaborazione con il Proget­to Policoro per l’orientamento al­l’auto imprenditoria. Va da un im­porto minimo di tremila a un massi­mo di 15.000. Finora hanno pagato tutti il debito. Il Conto famiglia offre un supporto economico attraverso lo strumento del microcredito, so­prattutto per affrontare spese straor­dinarie, dalle quali dipenderà il mi­glioramento della qualità della vita. Si privilegia l’aspetto educativo che non implica necessariamente l’ero­gazione del microcredito.
« Spesso – commenta don Ulisse – le famiglie necessitano solo di una con­sulenza sulla gestione del risparmio». L’importo minimo è 1.000 euro, il tet­to massimo 5.000. Un ulteriore pro­getto è stato introdotto per l’aggra­varsi della crisi dal secondo trime­stre del 2008, chiamato ’ Sos Emer­genza’.
« La crisi economica – prosegue il sa­cerdote – ha spinto un numero cre­scente di famiglie sotto la soglia di povertà assoluta. In questo modo non solo diventano assolutamente non bancabili, ma risultano essere affaticate da una grave mancanza di liquidità, fino a non poter sostenere le spese di gestione della propria vi­ta familiare » . La diocesi ha allora disposto a metà 2008 su un conto intestato alla Cari­tas, acceso presso Banca Popolare E­tica, un fondo per l’erogazione di prestiti fino a 1.000 euro per la riso­luzione dei problemi di emergenza economica delle famiglie. Dal primo gennaio è iniziata la fase pilota del Progetto ’ Caritas Card’, il quale pre­vede l’utilizzo di una carta prepaga­ta per le spese, la pianificazione del rientro insieme all’utente in base al­le proprie disponibilità e, in caso di insolvenza, i solleciti bancari da par­te di Banca Etica.

Troppi debiti per farcela. E allora la Caritas di Bre­scia ha avviato con la diocesi, il Comune e le Ban­che di credito cooperativo un progetto di mi­crocredito cittadino destinato a crescere di molto que­st’anno se l’ente locale manterrà le promesse.
«In via sperimentale – sostiene Michele Venni, respon­sabile del microcredito e dell’orientamento lavorativo dell’ente pastorale dicoesano – siamo partiti a settem­bre del 2008. In pochi mesi abbiamo ricevuto ben 43 segnalazioni dalla rete di centri di ascolto, parrocchie, coopera­tive e associazioni. Una ventina immigrati, il resto italiani. Una quindicina erano donne sole e con figli». Lo scopo del micro­credito non è certo assistenzia­le. In questo caso, in una delle aree più ricche del Belpaese, il problema principale è il so­vraindebitamento.
«Sono tutte persone che hanno sbagliato i conti quando hanno contratto un mutuo oppure si sono trovate in difficoltà per la perdita del lavoro o per una mobilità. Rovinati dalle fi­nanziarie e dai loro tassi da usura. Però possno ripa­gare il prestito senza assistenzialismo. Non gli serve il pacco alimentare, insomma, possono farcela con le proprie gambe. Allora, insieme a tre banche di credito cooperativo abbiamo creato il fondo di garanzia e ab­biamo aperto i finanziamenti». Nella maggior parte dei casi si trattava di rinegoziare il mutuo, atto possibile so­lo se venivano saldati gli arretrati. Con il prestito, ac­compagnato dai consulenti della Caritas diocesana, i beneficiari si rimettono in regola, abbassano i tassi e con una parte del risparmio onorano il prestito del mi­crocredito. Un’azione che ha anche finalità educative al risparmio e che ricorda quella che un secolo fa die­de vita alle casse rurali di ispirazione cristiana. La dio­cesi, motore dell’iniziativa ha messo una cifra triplica­ta dalle Bcc. Ora gli orizzonti si sono allargati.
«Nel territorio diocesano – è il ragionamento di Venni – operano altre otto banche del circuito delle Bcc che si sono dette pronte ad entrare nella partita a partire da quest’anno. Inoltre abbiamo ricevuto la promessa del comune di quintuplicare gli stanziamenti. Se som­miamo le 11 banche, il nostro contributo e quello co­munale, possiamo arrivare a un fondo che supera un milione di euro ed ampliare di molto il raggio di azio­ne in vista di possibili emergenze. Dipende dai partner, noi siamo pronti».
Ora l’occhio si sposta dalla città al territorio provincia­le, soprattutto ai comuni e ai distretti siderurgici dove la crisi ha messo in mobilità molti lavoratori e banche di credito cooperativo e la provincia si sono già attiva­te per anticipare i 7-800 euro a testa di cassa integra­zione, necessari per arrivare a fine mese.

Dimezzare il numero di assistiti con il imicrocredito, erogando fondi in via sperimentale per un anno al­meno a un centinaio di persone segnala­te dai centri di ascolto. Sempre che l’atte­so tsumani economico non si abbatta sul­l’industria chimica, l’unica di una certa consistenza rimasta nell’isola, provocan­do migliaia di disoccupati. L’aumento continuo di richieste di aiuto da parte di famiglie in difficoltà e la ne­cessità di frenare il flusso incessante di contributi a pioggia puntando sul recu­pero della dignità hanno spinto la dioce­si e la Caritas di Cagliari (attraverso la fon­dazione San Saturnino onlus) a siglare a dicembre un’intesa con la provincia per dar vita a un fondo di 200 mila euro. La diocesi ne ha stanziati 50 mila. Destinata­ri, lavoratori atipici, persone svantaggia­te e chi ha bisogno di un finanziamento per aprire una microimpresa. A patto che risiedano nel cagliaritano da almeno due anni.
« Noi interverremo nei primi due casi – spiega don Marco Lai, direttore della Ca­ritas diocesana – per l’ultimo si attive­ranno le organizzazioni produttive. L’ac­cordo prevede il coinvolgimento di par­rocchie e centri di ascolto, i quali segna­leranno a un comitato tecnico le persone che ritengono vadano aiutate. Costoro do­vranno dimostrare al comitato, costitui­to da un esponente della Caritas, da un rappresentante di un ente locale e da un terzo super partes, di essere in condizioni di povertà. Nel ca­so degli atipici, avranno un contratto in scadenza almeno sei mesi dopo l’erogazione. Nel caso delle fasce deboli, al­meno un reddito in famiglia, anche precario o da cassa in­tegrazione » . Il punto è cambiare la men­talità, questa non è infatti beneficenza, ma un prestito che va ripagato e quindi occorre avere una minima capacità di re­stituzione del debito. Le richieste di aiu­to riguardano soprattutto le spese per l’a­bitazione come affitto, bollette o rate di mutui.
«Naturalmente – prosegue il sacerdote ”le rate sono dilazionabili da 12 a 72 mesi e si tratta di somme che partono dai 3mila eu­ro e non supereranno i 7 mila. Ci sarà an­che un tasso di interesse, sotto l’Euribor. Un tutor accompagnerà i beneficiari nel pagamento delle rate. Il fondo è a rota­zione, la puntualità consentirà di erogare altri prestiti » .
La partenza dovrebbe avvenire entro un mese. Le banche che erogheranno i fi­nanziamenti dovrebbero essere Banco di Sardegna e Intesa- San Paolo.
« L’auspicio – conclude don Lai – è riusci­re a partire bene per coinvolgere altri sog­getti del territorio, come le parrocchie ed altri enti locali. La forza del microcredito sta infatti nel lavoro di rete».

Dal Sud del mondo ai negozi che vogliono sottrarsi alla logica mafiosa del pizzo nel Mez­zogiorno, in dieci anni di at­tività Banca popolare Etica ha sempre puntato sul mi­crocredito, pur con alcune differenze dalla filosofia di Mohammed Yunus, l’eco­nomista che si è guadagna­to l’appellativo di ’ban­chiere dei poveri» e che ha vinto il Nobel per la pace nel 2006 per l’attività microfi­nanziaria in Banladesh del­la sua Grameen Bank.
«Noi – spiega Mario Crosta, direttore dell’istituto di cre­dito etico che ha sede a Pa­dova e conta sul territorio nazionale 12 filiali e 30 pro­motori finanziari detti ’banchieri ambulanti’ – fi­nanziamo iniziative econo­micamente e socialmente sostenibili, che rispettano ambiente, i diritti umani e il business plan». L’espe­rienza con la Caritas italia­na e le Caritas delle dioce­si, partita nel 2003, è stata importante per dimostrare che questo strumento è ap­plicabile anche per i poveri di casa nostra sul versante imprenditoriale o per ope­razioni socio-assistenziali.
«L’importante – continua Crosta – è che ci sia un en­te che garantisce con un fondo che i prestiti rientri­no. Dopo il primo anno, in base alla percentuale di re­stituzione, il fondo di ga­ranzia diminuisce e cresce il fondo per i microcredito. La formula prevede che i partner siano la Caritas o un ente locale, che conoscono i beneficiari e possano ac­compagnarlo. Non va asso­lutamente confuso con la beneficenza, è un’opera­zione completamente di­versa ». Per chi vuole aprire un’im­presa, ma non è considera­to bancabile dal sistema creditizio tradizionale per­ché non ha un reddito fisso, il tetto del prestito varia, in base alle convenzioni, dai 10 ai 15 mila euro. Quello per l’assistenza sociale dai tre ai settemila. Il tasso di interesse applicato è quel­lo europeo, l’Euribor, at­tualmente sotto il 5%. Le ra­te per il rimborso variano in base all’entità della somma e all’accordo. Finora in tut­ta Italia i beneficiari hanno confermato il successo del progetto, se vi sono le Cari­tas diocesane la percentua­le di solventi è del 90%. In mancanza di un adeguato supporto nell’accompa­gnamento, cioè nell’orien­tare a livello imprenditoria­le e nell’educare al rispar­mio magari solo ricordando la scadenza da onorare, si inverte e paga uno su dieci. Finora ne hanno beneficia­to 1500 persone circa. Per fare il salto di qualità serve ora una legge per snellire le procedure burocratiche.