Paolo Lambruschi, Avvenire 15/1/2009, 15 gennaio 2009
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FAMIGLIE, FUNZIONA IL MICROCREDITO SUI TERRITORI-
Consulenze per orientare dai debiti e aiuti concreti, finanziamenti e tassi di interesse, card e collaborazioni con banche ed enti locali. Le diocesi italiane, attraverso le Caritas, si stano attrezzando in vari modi, ma sempre con il filo rosso del microcredito per sostenere il ceto medio impoverito, quelle fasce di nuovi poveri travolte dalla crisi. Uno strumento importato dal Sud del pianeta e che ha finalità di stimolo all’impresa o di aiuto sociale. Ma che vuole evitare di far cadere nell’assistenzialismo donne e uomini che possono in diversi modi risollevarsi e recuperare dignità. Si tratta di esperienze diffuse a macchia di leopardo sulla cartina geografica italiana, nelle metropoli come in provincia. Sono circa il 70% le diocesi che hanno adottato il microcredito nelle fondazioni antiracket o usura, nelle realtà di orientamento al lavoro, nei fondi famiglia. I partner di queste attività di finanza solidale sono istituti come Banca Popolare Etica o le Banche di credito cooperativo che attraverso convenzioni con le comunità ecclesiali, attivano fondi a rotazione. Se il prestito rientra, altri accederanno al finanziamento. Una formula di successo perché responsabilizza le persone.
Dall’emergenza terremoto in Molise alla Caritas Card. Uno dei progetti pionieri del microcredito in Italia sta diventando adulto. Nato nel 2003 con un progetto della Caritas nazionale gestito dalla cooperativa Senapa per aiutare i paesi colpiti nella diocesi di Termoli e Larino l’anno precedente da un sisma, il microcredito da un anno e mezzo circa si è indirizzato verso la famiglia.
« Ci siamo resi conto – afferma il direttore della Caritas diocesana don Ulisse Marinucci – di quanto il bisogno economico, all’interno delle dinamiche familiari, diventa il paravento dietro il quale covano altre difficoltà. Allora, modificando e ampliando a diversi comuni il progetto Senapa, operante da 18 mesi in convenzione con Banca popolare Etica, abbiamo istituito un nuovo filone che tenta di raggiungere i più poveri. nato prima il Centro di aiuto alla famiglia, quindi il progetto ’ Sos emergenza’ per il supporto economico. Da gennaio ha cambiato nome e si chiama ’ Caritas card’ » .
Il progetto di microcredito imprenditoriale in questa area depressa è rivolto alle persone non bancabili che intendono avviare una nuova attività o migliorare quella esistente ed è gestito in collaborazione con il Progetto Policoro per l’orientamento all’auto imprenditoria. Va da un importo minimo di tremila a un massimo di 15.000. Finora hanno pagato tutti il debito. Il Conto famiglia offre un supporto economico attraverso lo strumento del microcredito, soprattutto per affrontare spese straordinarie, dalle quali dipenderà il miglioramento della qualità della vita. Si privilegia l’aspetto educativo che non implica necessariamente l’erogazione del microcredito.
« Spesso – commenta don Ulisse – le famiglie necessitano solo di una consulenza sulla gestione del risparmio». L’importo minimo è 1.000 euro, il tetto massimo 5.000. Un ulteriore progetto è stato introdotto per l’aggravarsi della crisi dal secondo trimestre del 2008, chiamato ’ Sos Emergenza’.
« La crisi economica – prosegue il sacerdote – ha spinto un numero crescente di famiglie sotto la soglia di povertà assoluta. In questo modo non solo diventano assolutamente non bancabili, ma risultano essere affaticate da una grave mancanza di liquidità, fino a non poter sostenere le spese di gestione della propria vita familiare » . La diocesi ha allora disposto a metà 2008 su un conto intestato alla Caritas, acceso presso Banca Popolare Etica, un fondo per l’erogazione di prestiti fino a 1.000 euro per la risoluzione dei problemi di emergenza economica delle famiglie. Dal primo gennaio è iniziata la fase pilota del Progetto ’ Caritas Card’, il quale prevede l’utilizzo di una carta prepagata per le spese, la pianificazione del rientro insieme all’utente in base alle proprie disponibilità e, in caso di insolvenza, i solleciti bancari da parte di Banca Etica.
Troppi debiti per farcela. E allora la Caritas di Brescia ha avviato con la diocesi, il Comune e le Banche di credito cooperativo un progetto di microcredito cittadino destinato a crescere di molto quest’anno se l’ente locale manterrà le promesse.
«In via sperimentale – sostiene Michele Venni, responsabile del microcredito e dell’orientamento lavorativo dell’ente pastorale dicoesano – siamo partiti a settembre del 2008. In pochi mesi abbiamo ricevuto ben 43 segnalazioni dalla rete di centri di ascolto, parrocchie, cooperative e associazioni. Una ventina immigrati, il resto italiani. Una quindicina erano donne sole e con figli». Lo scopo del microcredito non è certo assistenziale. In questo caso, in una delle aree più ricche del Belpaese, il problema principale è il sovraindebitamento.
«Sono tutte persone che hanno sbagliato i conti quando hanno contratto un mutuo oppure si sono trovate in difficoltà per la perdita del lavoro o per una mobilità. Rovinati dalle finanziarie e dai loro tassi da usura. Però possno ripagare il prestito senza assistenzialismo. Non gli serve il pacco alimentare, insomma, possono farcela con le proprie gambe. Allora, insieme a tre banche di credito cooperativo abbiamo creato il fondo di garanzia e abbiamo aperto i finanziamenti». Nella maggior parte dei casi si trattava di rinegoziare il mutuo, atto possibile solo se venivano saldati gli arretrati. Con il prestito, accompagnato dai consulenti della Caritas diocesana, i beneficiari si rimettono in regola, abbassano i tassi e con una parte del risparmio onorano il prestito del microcredito. Un’azione che ha anche finalità educative al risparmio e che ricorda quella che un secolo fa diede vita alle casse rurali di ispirazione cristiana. La diocesi, motore dell’iniziativa ha messo una cifra triplicata dalle Bcc. Ora gli orizzonti si sono allargati.
«Nel territorio diocesano – è il ragionamento di Venni – operano altre otto banche del circuito delle Bcc che si sono dette pronte ad entrare nella partita a partire da quest’anno. Inoltre abbiamo ricevuto la promessa del comune di quintuplicare gli stanziamenti. Se sommiamo le 11 banche, il nostro contributo e quello comunale, possiamo arrivare a un fondo che supera un milione di euro ed ampliare di molto il raggio di azione in vista di possibili emergenze. Dipende dai partner, noi siamo pronti».
Ora l’occhio si sposta dalla città al territorio provinciale, soprattutto ai comuni e ai distretti siderurgici dove la crisi ha messo in mobilità molti lavoratori e banche di credito cooperativo e la provincia si sono già attivate per anticipare i 7-800 euro a testa di cassa integrazione, necessari per arrivare a fine mese.
Dimezzare il numero di assistiti con il imicrocredito, erogando fondi in via sperimentale per un anno almeno a un centinaio di persone segnalate dai centri di ascolto. Sempre che l’atteso tsumani economico non si abbatta sull’industria chimica, l’unica di una certa consistenza rimasta nell’isola, provocando migliaia di disoccupati. L’aumento continuo di richieste di aiuto da parte di famiglie in difficoltà e la necessità di frenare il flusso incessante di contributi a pioggia puntando sul recupero della dignità hanno spinto la diocesi e la Caritas di Cagliari (attraverso la fondazione San Saturnino onlus) a siglare a dicembre un’intesa con la provincia per dar vita a un fondo di 200 mila euro. La diocesi ne ha stanziati 50 mila. Destinatari, lavoratori atipici, persone svantaggiate e chi ha bisogno di un finanziamento per aprire una microimpresa. A patto che risiedano nel cagliaritano da almeno due anni.
« Noi interverremo nei primi due casi – spiega don Marco Lai, direttore della Caritas diocesana – per l’ultimo si attiveranno le organizzazioni produttive. L’accordo prevede il coinvolgimento di parrocchie e centri di ascolto, i quali segnaleranno a un comitato tecnico le persone che ritengono vadano aiutate. Costoro dovranno dimostrare al comitato, costituito da un esponente della Caritas, da un rappresentante di un ente locale e da un terzo super partes, di essere in condizioni di povertà. Nel caso degli atipici, avranno un contratto in scadenza almeno sei mesi dopo l’erogazione. Nel caso delle fasce deboli, almeno un reddito in famiglia, anche precario o da cassa integrazione » . Il punto è cambiare la mentalità, questa non è infatti beneficenza, ma un prestito che va ripagato e quindi occorre avere una minima capacità di restituzione del debito. Le richieste di aiuto riguardano soprattutto le spese per l’abitazione come affitto, bollette o rate di mutui.
«Naturalmente – prosegue il sacerdote ”le rate sono dilazionabili da 12 a 72 mesi e si tratta di somme che partono dai 3mila euro e non supereranno i 7 mila. Ci sarà anche un tasso di interesse, sotto l’Euribor. Un tutor accompagnerà i beneficiari nel pagamento delle rate. Il fondo è a rotazione, la puntualità consentirà di erogare altri prestiti » .
La partenza dovrebbe avvenire entro un mese. Le banche che erogheranno i finanziamenti dovrebbero essere Banco di Sardegna e Intesa- San Paolo.
« L’auspicio – conclude don Lai – è riuscire a partire bene per coinvolgere altri soggetti del territorio, come le parrocchie ed altri enti locali. La forza del microcredito sta infatti nel lavoro di rete».
Dal Sud del mondo ai negozi che vogliono sottrarsi alla logica mafiosa del pizzo nel Mezzogiorno, in dieci anni di attività Banca popolare Etica ha sempre puntato sul microcredito, pur con alcune differenze dalla filosofia di Mohammed Yunus, l’economista che si è guadagnato l’appellativo di ’banchiere dei poveri» e che ha vinto il Nobel per la pace nel 2006 per l’attività microfinanziaria in Banladesh della sua Grameen Bank.
«Noi – spiega Mario Crosta, direttore dell’istituto di credito etico che ha sede a Padova e conta sul territorio nazionale 12 filiali e 30 promotori finanziari detti ’banchieri ambulanti’ – finanziamo iniziative economicamente e socialmente sostenibili, che rispettano ambiente, i diritti umani e il business plan». L’esperienza con la Caritas italiana e le Caritas delle diocesi, partita nel 2003, è stata importante per dimostrare che questo strumento è applicabile anche per i poveri di casa nostra sul versante imprenditoriale o per operazioni socio-assistenziali.
«L’importante – continua Crosta – è che ci sia un ente che garantisce con un fondo che i prestiti rientrino. Dopo il primo anno, in base alla percentuale di restituzione, il fondo di garanzia diminuisce e cresce il fondo per i microcredito. La formula prevede che i partner siano la Caritas o un ente locale, che conoscono i beneficiari e possano accompagnarlo. Non va assolutamente confuso con la beneficenza, è un’operazione completamente diversa ». Per chi vuole aprire un’impresa, ma non è considerato bancabile dal sistema creditizio tradizionale perché non ha un reddito fisso, il tetto del prestito varia, in base alle convenzioni, dai 10 ai 15 mila euro. Quello per l’assistenza sociale dai tre ai settemila. Il tasso di interesse applicato è quello europeo, l’Euribor, attualmente sotto il 5%. Le rate per il rimborso variano in base all’entità della somma e all’accordo. Finora in tutta Italia i beneficiari hanno confermato il successo del progetto, se vi sono le Caritas diocesane la percentuale di solventi è del 90%. In mancanza di un adeguato supporto nell’accompagnamento, cioè nell’orientare a livello imprenditoriale e nell’educare al risparmio magari solo ricordando la scadenza da onorare, si inverte e paga uno su dieci. Finora ne hanno beneficiato 1500 persone circa. Per fare il salto di qualità serve ora una legge per snellire le procedure burocratiche.