Elisabetta Rosaspina, Corriere della Sera 15/01/2009, 15 gennaio 2009
Aveva fiducia: «Se mi condannano, Dio avrà certamente in serbo per me un lavoro migliore». Ma finora la giustizia divina non si è pronunciata e quella umana non ha fatto sconti a Fernando Ferrín Calamita, 51 anni, soprannominato dalla stampa spagnola «il giudice talebano»: due anni, tre mesi e un giorno di esilio dall’ufficio, alla sezione Diritto di famiglia del tribunale di Murcia, e stipendio ridotto al minimo contrattuale, 1
Aveva fiducia: «Se mi condannano, Dio avrà certamente in serbo per me un lavoro migliore». Ma finora la giustizia divina non si è pronunciata e quella umana non ha fatto sconti a Fernando Ferrín Calamita, 51 anni, soprannominato dalla stampa spagnola «il giudice talebano»: due anni, tre mesi e un giorno di esilio dall’ufficio, alla sezione Diritto di famiglia del tribunale di Murcia, e stipendio ridotto al minimo contrattuale, 1.700 euro al mese, fino a giugno 2010. Con sette figli, procreati con ineccepibile coerenza, ma tuttora a carico, il magistrato deve appellarsi a tutta la sua cristiana rassegnazione: «Soltanto per la spesa al supermercato se ne vanno ogni mese 1.200 euro». Il Tribunale superiore di giustizia ha sentenziato all’antivigilia di Natale che, «per un’autentica pulsione omofoba», il magistrato aveva deliberatamente rallentato la pratica di adozione di una bambina da parte di due lesbiche, regolarmente sposate secondo le nuove leggi spagnole. Una, Susana, è la madre naturale; l’altra, Vanesa, voleva dare anche il proprio cognome alla piccola Candela, concepita con inseminazione artificiale. Non c’erano padri biologici a opporsi, né relazioni di assistenti sociali o psicologi in contrario, soltanto le ineluttabili convinzioni del magistrato: «Non servono esperti per capire che un bimbo ha bisogno di un padre e di una madre». L’argomentazione è stata facilmente impugnata dall’avvocato della coppia, stanca di produrre documenti, sottoporsi a perizie, e aspettare una firma e un timbro d’approvazione. La legge era indubbiamente contro di lui e la condanna evidenziava «l’aggravante del disprezzo per l’orientamento sessuale » dimostrato dal «signor giudice». Insinuazione respinta da Fernando Ferrín Calamita: «Essere cattolico non significa essere omofobo». Il 2009 inizia per lui come per gli altri tre milioni e centomila disoccupati del Paese, alla disperata ricerca di una fonte di reddito: «Ma io, come giudice, non sono autorizzato nemmeno ad aprire un bar; e in tanti mi hanno voltato le spalle, per paura». Del tutto solo non è. I rimproveri che gli hanno rivolto i suoi superiori luccicano come medaglie agli occhi dei cattolici spagnoli più ostili alle riforme sociali di Zapatero. Un comitato di sostegno si è costituito su Internet, www.juezcalamita.com, raccogliendo in pochi giorni 16 mila euro per il ricorso al Tribunale supremo. Non è una semplice questione giudiziaria o disciplinare neppure il procedimento celebrato a carico del giudice di Siviglia, Rafael Tirado, reo di aver dimenticato di incarcerare nel 2005 un uomo, Santiago del Valle, che meno di tre anni dopo è stato accusato dell’omicidio di una bambina, Mariluz, scomparsa un anno fa e poi ritrovata cadavere. La grave negligenza era stata punita con una multa di 1.500 euro dal Csm spagnolo, ma l’opinione pubblica e lo stesso governo avevano giudicato la sanzione troppo lieve, anche se Santiago del Valle, condannato a 33 mesi per abusi sulla figlia, probabilmente sarebbe stato comunque già libero il giorno in cui sparì Mariluz. La polemica non ha di sicuro contribuito a rasserenare i rapporti tra potere giudiziario ed esecutivo, che in queste settimane si fronteggiano sotto i presagi di un massiccio sciopero della magistratura, duramente criticato dal ministro della giustizia, Mariano Fernandez Bermejo, e dallo stesso Zapatero. Quattro associazioni di categoria rivendicano, tra l’altro, una revisione della struttura del sistema giudiziario, un carico massimo di lavoro «ragionevole », modernizzazioni, formazione professionale del personale, aggiornamenti quinquennali delle retribuzioni. Ma il ministro Bermejo sospetta addirittura che all’origine del conflitto ci sia una difesa corporativa del giudice implicato nel caso Mariluz.