Antonella Scott, Il sole 24 ore 11/1/2009, 11 gennaio 2009
E’ IL PRESIDENTE YUSHCHENKO IL VERO OBIETTIVO DI MOSCA
Gli americani lo ricordano come il chicken Kiev speech: fu quando George Bush senior, due anni dopo il crollo di Berlino, invitò il popolo ucraino ad avere pazienza, a non farsi prendere da un «nazionalismo suicida» e a rimanere nel grembo dell’Unione Sovietica. Quattro mesi dopo, nell’agosto 1991, l’Ucraina proclamò l’indipendenza.
Da allora la sua storia è trascorsa tra il senso di appartenenza all’Europa e la cortese indifferenza dell’Occidente, tra il richiamo del mondo slavo e l’impossibilità di sciogliere catene come questo corridoio energetico verso l’Occidente di cui Mosca non può fare a meno. Il disagio degli ucraini a essere nati come i "piccoli russi" si è intrecciato con l’incapacità del Cremlino di accettare che ormai, al proprio fianco sud-occidentale, non c’è più una nazione vassallo. «L’Ucraina? Non è neanche uno Stato!», ha potuto dire Vladimir Putin a un altro presidente Bush, il figlio, quando nell’aprile scorso la Nato rinviò il problema di accettare Kiev tra i propri membri.
Ora che il gas ha fatto riesplodere secoli di legami difficili tra i due popoli, il primo ministro russo non risparmia un colpo all’uomo che rappresenta la tentazione europea dell’Ucraina, il presidente Viktor Yushchenko. Sarebbe lui il vero obiettivo dell’offensiva russa sul gas: screditarlo e costringerlo a uscire di scena, subito o entro le prossime elezioni presidenziali, previste per l’inizio del 2010. La sua rovina, ragionano al Cremlino, sarà la rovina del sistema che presentandosi come democratico e filo-occidentale ha cercato di far apparire autoritario e nazionalista il regime di Mosca. Forse Putin potrebbe risparmiarsi la fatica: già molto impopolare, Yushchenko dovrebbe fare miracoli per sopravvivere a una tragica sovrapposizione di crisi economica, politica, ora energetica.
«Stiamo assistendo a un collasso politico», infierisce Putin, che due giorni fa ha convocato la stampa per rovesciare su Yushchenko ogni responsabilità nella crisi del gas: l’accordo e l’eventuale ripresa delle forniture non metteranno fine al confronto personale tra i due uomini. Non c’è spazio per la diplomazia: «L’attuale leadership ucraina - attacca il leader russo - non è in grado di organizzare un normale funzionamento trasparente dell’economia, e infligge un danno enorme al popolo ucraino e al prestigio dello Stato ucraino».
Parole, ha ribattuto Yushchenko, che umiliano l’Ucraina. Eppure è proprio la mancanza di unità tra i potenti di Kiev a fare il gioco dei russi. E forse la loro arma non troppo segreta per eliminare Yushchenko è la donna che sta al fianco del presidente, Yulia Tymoshenko. Per mesi, da quando lei è tornata al Governo nel dicembre 2007, il presidente ha manovrato per toglierle spazio di manovra, entrambi intenti a rafforzare il proprio potere personale più che a gestire bene il Paese. Paradossalmente, dopo una crisi che avrebbe potuto portare alle elezioni anticipate, la guerra tra Yushchenko e la Tymoshenko è riesplosa nel momento in cui hanno ricucito la loro alleanza. Rappezzato, sarebbe meglio dire: a fine dicembre, mentre Yushchenko era all’estero, la Tymoshenko ha forzato il partito del presidente ad allearsi con il proprio perché era preoccupata che a sua volta Yushchenko si riavvicinasse con il terzo attore della scena politica ucraina, il filo-russo Viktor Yanukovich. Con il quale lei stessa stava trattando una coalizione.
A Kiev riescono anche a scherzarci su: un ucraino - dice una battuta - è una squadra; due ucraini sono una squadra con dentro un traditore. Solo chi avesse seguito nei dettagli in questi anni le contorsioni della politica locale non trasalirebbe all’idea che proprio il Blocco della Tymoshenko, ritrovata l’alleanza con Yushchenko, sta manovrando per votare l’impeachment contro il presidente: appuntamento alla ripresa dei lavori parlamentari, martedì 13 gennaio. Tra gli atti di accusa sono le conclusioni di una commissione d’inchiesta della Verkhovna Rada, il Parlamento di Kiev: Yushchenko, l’estate scorsa, avrebbe autorizzato la vendita di armi alla Georgia, e inviato specialisti che hanno anche combattuto contro i russi. «Non riesco a pensare a un crimine più grande che fornire armi in una zona di guerra», si scandalizzava Putin l’ottobre scorso, incontrando a Mosca la Tymoshenko.
Si dice che personalmente il primo ministro russo non la sopporti: eppure è la Tymoshenko la carta giusta per il Cremlino nella tormentata scena politica ucraina. Quando l’estate scorsa Yushchenko si schierò con la Georgia, e lei rimase più fredda, venne accusata dal presidente di alto tradimento, e di essere un agente del Kgb. Ma come scrisse allora Dmitrij Trenin, politologo del Carnegie Endowment for International Peace, Yulia Tymoshenko è piuttosto una pragmatica, «che comprende le complessità del proprio Paese». Dove la maggior parte degli elettori desiderano entrare nella Ue, e al tempo stesso mantenere buoni rapporti con la Russia. Restando tra Est e Ovest, un Paese tra due mondi.