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 2009  gennaio 11 Domenica calendario

CASALINGHE RETRIBUITE? SE NE PARLA DA 30 ANNI


Sono quasi 30 anni che l’Italia dibatte sull’opportunità o meno di riconoscere uno stipendio alle casalinghe. A rilanciarla è stato venerdì scorso il Vaticano, tramite il proprio "ministro della famiglia", il cardinale Ennio Antonini. Ma in realtà se ne discute dall’inizio degli anni ’80. Da quando, cioè, hanno visto la luce le prime organizzazioni di categoria e hanno fatto del riconoscimento del lavoro svolto tra le mura domestiche uno dei propri cavalli di battaglia.
Da sindacale l’ipotesi è ben presto divenuta politica. Era il settembre 1982 quando Adriana Poli Bortone, all’epoca segretaria nazionale delle donne missine, depositava in Parlamento le firme raccolte per una proposta di legge d’iniziativa popolare sull’attribuzione di un assegno mensile alle casalinghe. Una campagna che l’ex sindaco di Lecce e attuale senatrice del Pdl avrebbe ripreso già due anni dopo, stavolta da deputata, e continuato più o meno fino ai giorni nostri.
Ma l’idea è sempre rimasta sulla carta. Nonostante sia scesa in campo a sostenerla (sebbene indirettamente) anche la giurisprudenza della Cassazione. In una sentenza del 6 novembre 1997 la terza sezione civile del "Palazzaccio" fissava pari dignità, ai fini del risarcimento del danno, del lavoro sia dentro che fuori casa. Arrivando a definire le casalinghe come veri e propri manager dell’azienda famiglia e individuando anche il parametro base da tenere presente nella monetizzazione del rimborso: lo stipendio di una collaboratrice familiare «con gli opportuni adattamenti per la maggiore ampiezza dei compiti svolti da una casalinga».
La pronuncia della Suprema Corte aveva suscitato l’entusiasmo delle sigle sindacali. Al punto di spingere l’allora (e ancora) presidente nazionale di Federcasalinghe, Federica Rossi Gasparrini, a parlare di «vittoria» e annunciare: «Noi puntiamo allo stipendio per le donne di casa ma ci arriveremo per gradi». Gradi che non sono ancora stati raggiunti del tutto. Tant’è vero che le conquiste fin qui ottenute si sono limitate all’ambito pensionistico e a quello assicurativo.
Dal ’99, infatti, tutte le casalinghe tra i 18 e i 65 anni hanno l’obbligo di stipulare un’assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico tramite il versamento all’Inail, entro il 31 gennaio di ogni anno, di 12,91 euro ogni 12 mesi. Ma lo strumento non ha avuto la diffusione sperata visto che oltre metà della platea stimata (6 milioni) non si è ancora avvalsa di tale facoltà.
 in questo solco che s’inserisce la proposta del cardinale Antonelli. E a parte il plauso del ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, resta da capire quale sponda troverà in Parlamento. Dove di proposte riguardanti le desperate housewives di casa nostra se ne contano appena quattro, di cui due (a firma, rispettivamente, di Giancarlo Pittelli del Pdl e Luca Volontè dell’Udc) sull’assicurazione Inail e due di respiro più ampio: la prima, che è opera dello stesso Volontè, riconosce il lavoro "in house" e gli destina le stesse provvidenze previste per il nucleo familiare; la seconda, depositata da Angela Napoli (Pdl), punta a una nuova legislazione quadro sulla famiglia e sancisce «il diritto alla retribuzione del lavoro casalingo».