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 2009  gennaio 11 Domenica calendario

L’ITALIA DEGLI ILLUMINATI


La tradizione vuole che il principe Siddhartha Gautama, destinato a diventare il Buddha ("Risvegliato") nascesse nel 563 a.C. e vivesse ottant’anni. Gli studi recenti, che mettono capo al grande buddhologo tedesco Heinz Bechert dell’università di Göttingen, abbassano queste date di almeno un secolo. I nuovi termini cronologici sono ormai invalsi in ambiente specialistico ma poco noti al pubblico; storicamente, la predicazione del Risvegliato si pone quindi nella seconda metà del V secolo a.C. e agli inizi del IV. Da allora, la Legge buddhista, dharma in sanscrito, ha conosciuto tre forme principali, che si sono succedute nel tempo. Sono, in ordine cronologico, rispettivamente: l’hinayana, "piccolo veicolo", più vicino all’insegnamento originario dell’Illuminato, che affida la salvezza dal dolore a un itinerario rigorosamente individuale in condizione monastica. praticato oggi in misura rilevante solo nello Sri Lanka, in Birmania, Thailandia e Cambogia. Il mahayana, "grande veicolo", con inizio nel I secolo a.C. circa, privilegia la scelta dei bodhisattva («coloro che hanno per essenza il risveglio»), i quali mirano a perfezionare se stessi per essere sempre meglio in grado di soccorrere gli esseri sofferenti. Dal punto di vista filosofico, sostiene che ogni fenomeno (fisico, ma anche psichico o mentale) è privo di natura propria ed è l’effetto istantaneo e mutevole di cause infinite. Come anche il suo nome indica, si è propagato straordinariamente in Asia orientale: Cina, Mongolia, Corea, Giappone. Infine il vajrayana, "veicolo di diamante", con inizio nel VII secolo, riprende il mahayana integrandone la prassi sul piano rituale: è caratteristico dei Paesi himalayani, il Tibet innanzi tutto, dove ha incorporato significativi elementi sciamanici e animistici.
Questi tre movimenti non si sono esclusi l’un l’altro, ma continuano tutti ancora oggi in misura maggiore o minore, a loro volta suddivisi in diverse correnti.
Nel nostro Paese, il buddhismo si è introdotto in misura più significativa a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. Come altrove, anche in Italia la religione buddhista (un censimento reale non è possibile ma la stima è che sia professata da 160mila persone) non presenta una gerarchia centralizzata, nemmeno per i grandi movimenti ricordati; si articola invece in scuole, ciascuna con una tradizione interna riconosciuta che mette capo a grandi maestri antichi (o talora recenti) e che propone un metodo di ricerca particolare, in genere basato sulla meditazione. Molte fra queste scuole hanno fondato nel 1985, l’Unione Buddhista Italiana (Ubi), che ha sede a Roma e che «si propone di sostenere l’insieme del movimento buddhista italiano, nel rispetto di tutte le tradizioni della Dottrina in tutte le sue articolazioni» (articolo 2 dello Statuto).
L’Unione rappresenta dunque un punto di riferimento centrale per la mappatura del buddhismo in Italia (concentrato in particolare in Lombardia e Piemonte: 19 su 44 centri), anche se non tutte le correnti e le associazioni presenti nel nostro Paese vi aderiscono. Fra queste, in particolare l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, ispirato all’insegnamento del grande maestro giapponese Nichiren (1222-1282), ma da quasi vent’anni in contrasto con la scuola di riferimento Nichiren Shoshu. Dei 44 tra Centri e Fondazioni che condividono gli scopi dell’Ubi, la massima parte appartiene al vajrayana e conta anche alcuni centri dotati di più sedi nel Paese. Fra questi centri l’Istituto Lama Tzong Khapa, con sede a Pomaia (Pisa), si rifà all’insegnamento del Lama omonimo (1357-1419) fondatore della scuola dei Berretti Gialli alla quale dalla metà del XVII secolo appartengono i Dalai Lama del Tibet. Qui, all’alba del 26 dicembre scorso, è divampato l’incendio che ha distrutto completamente il luogo di culto (gompa) e i preziosi dipinti e incunaboli custoditi.
Degli altri centri, sette appartengono al buddhismo zen (concentrati in particolare in Piemonte, a Torino e a Cuneo), della tradizione prevalentemente giapponese che ha profondamente influenzato lo stile di vita di quel Paese e da lì anche quello occidentale, soprattutto sul piano estetico: basti pensare all’arte dei giardini, a quella di disporre i fiori, ma soprattutto all’estetica del vuoto che ha ispirato maestri contemporanei come Antoni Tàpies o Cy Twombly. Cinque sono i centri della scuola theravada ("dottrina degli anziani"), l’unica vivente anche a livello mondiale del buddhismo del "piccolo veicolo". I centri a orientamento interculturale e interreligioso sono due (il principale è a Roma): non si rifanno quindi a nessuna scuola buddhista storica, ma si propongono la diffusione del dharma ritenuto del tutto compatibile e complementare alle religioni dell’Occidente. E questo è un punto importante comune a tutte le correnti buddhiste: l’adesione a questa religione non implica, in generale, dal punto di vista buddhista, l’abiura della fede in precedenza seguita. Un unico centro, fra quelli che formano l’Ubi si richiama infine all’insegnamento di Soen Nakagawa (1907-1984), maestro giapponese dalle posizioni personali formato nella scuola zen Rinzai. Si trova a Lerici, vicino a La Spezia.