Maurizio Tropeano, La stampa 11/1/2009, 11 gennaio 2009
PER UNA RICERCA USA CRISI ACUTA NEL 2080 I GRANDI IN ALLARME
Per la prima volta nella storia del G8 ci sarà una sessione interamente dedicata all’Agricoltura. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri Franco Frattini. Gli Otto Grandi affronteranno soprattutto il tema della sicurezza alimentare e degli approvvigionamenti anche alla luce della crisi dei prezzi delle materie prime registrata tra la fine del 2007 e i primi mesi del 2008. Secondo Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura, «la crisi ha contribuito a chiarire il ruolo strategico che questo settore può determinare sugli equilibri economici, ma anche geopolitici globali, anche in termini di stabilità e di pace».
Del resto, che il tema debba essere affrontato a livello globale lo prova anche uno studio di due ricercatori americani pubblicato su Science che prevede che nel 2080 la metà della popolazione mondiale viva con lo spettro della fame causato dai cambiamenti climatici. In tutto tre miliardi di persone che potrebbero raddoppiare entro il 2100. Sei miliardi di persone distribuite in un’area vastissima, che non include solo i Paesi più poveri del mondo, a partire dall’Africa, ma anche le zone meridionali degli Stati Uniti e dell’Australia.
David Battisti, dell’Università di Washington a Seattle, e Rosamond Naylor dell’Università di Stanford hanno considerato 23 modelli climatici sui quali si è basato l’Intergovernmental Panel on Climate Changes 2007 per mettere a punto le previsioni delle temperature climatiche del pianeta fra il 2050 e il 2090. Nel futuro, è l’allarme dei due scienziati, «quando l’innalzamento delle temperature sopra le medie stagionali non sarà un fenomeno sporadico ma più frequente e diffuso a causa soprattutto dei gas serra, la crisi della produttività dei raccolti e del bestiame diventerà un fenomeno globale».
La «zona rossa» che secondo i due ricercatori si potrebbe trovare faccia a faccia con la fame coincide in parte con le aree dove già oggi si soffrono gli stenti delle crisi alimentari, con persone che vivono con meno di due dollari al giorno e dipendono per il sostentamento in primo luogo dall’agricoltura. A rischio, dunque, c’è tutta l’Africa e poi l’India settentrionale. Ma i mutamenti climatici porterebbero cambiamenti negativi in una vasta area che si estende dal Sud degli Stati Uniti fino al Nord dell’Argentina e al Sud del Brasile e anche nel Sud dell’Australia.
Secondo i ricercatori l’ancora di salvezza potrebbe venire dalla ricerca e dalla tecnologia. chiara la direzione in cui sta andando il termometro del pianeta, sottolinea Naylor, e per questo «dovremmo investire nell’adattamento per sviluppare nuove varietà di piante resistenti al calore e alla siccità e sistemi di irrigazione innovativi».
Confagricoltura non entra nel merito dello studio, ma secondo Vecchioni è sempre più essenziale «un confronto a tutto campo su questi temi», un confronto che si dovrà svolgere «non solo tra le otto economie industrializzate ma, come appunto previsto per il G8 a presidenza italiana, con il coinvolgimento ”allargato” ai Paesi principali player della scena mondiale». La tesi dell’organizzazione agricola è che «l’agricoltura e i relativi riflessi della sicurezza alimentare sono la chiave dello sviluppo del pianeta anche attraverso un utilizzo sostenibile di risorse essenziali come l’acqua».