Glauco Maggi, La Stampa 9/1/2009 , pagina 15., 9 gennaio 2009
Pasang Sherpa, nepalese di 51 anni, da venerdì 2 gennaio è il gestore del botteghino mobile degli hot dog che si trova davanti al Metropolitan Museum di New York
Pasang Sherpa, nepalese di 51 anni, da venerdì 2 gennaio è il gestore del botteghino mobile degli hot dog che si trova davanti al Metropolitan Museum di New York. A maggio ha vinto una doppia asta bandita dal Dipartimento Parchi della città: con un’offerta di 640 mila dollari annui (ha battuto di 65 mila quella della società di hot-dog New York One) può piazzare il suo carretto nella parte settentrionale e meridionale ai piedi della gradinata del museo. L’affitto subirà anno dopo anno un incremento già prefissato, fino ad arrivare ad oltre 384 mila e 297 rispettivamente per le due basi. «Ho offerto 280 mila per quella a sud e 360 per quella a nord, perché lì c’è più passaggio per la gente che arriva dalla fermata del metrò sulla 86ª strada». il primo lavoro di questo tipo per Pasang Sherpa. Arrivato nel 1997 dalla nativa Dolak, Sherpa è stato raggiunto dalla moglie alla fine del 2005. La coppia vive nei Queens, con la terza figlia di 6 anni che va nella scuola locale. Gli altri due figli, maschi di 14 e 16 anni, sono in Nepal e vivono con i parenti di Pasang, che ha là due sorelle e un fratello. «I miei famigliari sono nel giro degli scalatori di montagne, Sherpa non per niente». Completati gli studi con master in buddhismo a 17 anni, Pasang, che parla inglese, nepalese, hindi, sherpa, urdu e tibetano, si era messo nell’attività dei tappeti fatti a mano, ma fallì per una grande commessa mai pagata. Quindi la decisione di emigrare a New York, dove cominciò a fare pulizie in una palestra. «Sgobbavo 12 ore al giorno per 7 giorni e mi pagavano 600 dollari alla settimana. Non spendevo nulla, accumulavo tutto. Non dovevo neppure mandare soldi a casa, i miei se la cavavano». Dopo sette anni Sherpa apre, con un cinese e uno del Bangladesh, un negozietto su Canal Street, a Chinatown: vendeva chincaglieria e sciarpe indiane fino al giorno dell’asta. «La mia giornata segue gli orari del museo, dalle 9,30 alle 17,30 con chiusura al lunedì», spiega Sherpa, che per la nuova attività ha fatto venire dal suo paese un giovane nipote di 25 anni, oltre ad avere assunto un cileno trentenne. Li paga 100 dollari al giorno ognuno, e poi ci sono 60 dollari per la ditta che gli trasporta il negozietto da casa a qui alla mattina e glielo riporta la sera nei Queens. Il negozietti in metallo l’ha costruito da sé spendendo 25 mila dollari. Un concorrente si è messo a 20 metri da lui: Dan Rossi, veterano di guerra, che si è avvalso di una legge che consente di aprire punti vendita a piacere, senza permessi. «Con lui non parlo, è con il dipartimento dei parchi che sono arrabbiato. Se non riducono la somma a mio carico, o allontanano l’altro, farò causa. La settimana prossima sceglierò un buon avvocato bilingue che mi assista», minaccia Pasang Sherpa.