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 2009  gennaio 10 Sabato calendario

DAL GONNELLINO AL FUSEAUX L’ANTI-RIVOLUZIONE DEL TENNIS


 una guerriera, Venus Williams: nero su nero, come le pantere, completamente coperta, dalle spalle ai polpacci, con i muscoli tesi all’estremo sforzo. il presente, Venus Williams. O almeno, è il presente che ci suggerisce la foto che vedete qui sopra: mascelle serrate, conflitto, sfida. Ma se questo è il presente, dentro c’è un bel po’ di passato, e molta mitologia: mitologia amazzone, se volete, ed un corpo che - contrariamente a quello che suggerirebbe l’idea di modernità - viene sempre più celato, come se assumesse significato solo nel momento in cui viene calato in un’armatura. Guardate ora l’immagine accanto. Lea Pericoli, anni sessanta. Candida come il cielo, gonna dolcemente arricciata, gambe nude, sorriso mite, la racchetta raccolta tra le braccia come fosse un bouquet di fiori. Gestomorbido, muscoli rilassati. Che è successo, in quarant’anni? Pare un secolo fa, e però finisci per chiederti cosa sia l’emancipazione. Pensate al gesto atletico di Lea, ai mutandoni fru-fru che hanno fatto sognare milioni di appassionati che volevano (siamo nei sixties) mettere in atto l’utopia dei desideri, la massim autopia possibile.Questa era Lea Pericoli, questi erano gli anni sessanta. Ora pensate, come in un vortice spazio-temporale a ritroso, alle Navratilova, alle Seles, alle Steffi Graf, giù giù fino alla mitica, straordinaria, vibrante Suzanne Lenglen, la «divine ». Suzanne, che pure era vestitissima come oggi la ruggente guerriera Venus, pareva però una danzatrice, non una tennista. Il New York Times - furenti anni venti, pieno ragtime - la ritrasse con la racchetta proiettata verso un punto impreciso dell’immaginario, anche lei gonna lunga plissettata e calze fino al ginocchio, l’altro braccio proteso verso il cielo. Laddove s’incontrano Suzanne e Venus - il corpo, se c’è, non si vede - si separano anche: lirica neoclassica la prima, ferocemente rap la seconda. Alla fine, come al solito, di mezzo c’è la poesia.