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 2009  gennaio 10 Sabato calendario

TOGLIATTI TORNA IN ITALIA LA SVOLTA DI SALERNO


Sono convinto che la «svolta di Salerno» dell’aprile del 1944 sia da annoverare tra gli avvenimenti politici italiani del secolo scorso e credo, quindi, che esso meriti alcuni chiarimenti che mi permetto di chiederle. Come mai il viaggio di Togliatti da Mosca a Salerno durò più di 40 giorni? Vi furono interrogatori, colloqui, indottrinamenti da parte degli angloamericani che si aggiunsero a quanto imposto da Stalin a Mosca e finalizzato a determinare la suddetta svolta? Inoltre, come avvenne la comunicazione dei nuovi orientamenti politici ai dirigenti comunisti del Nord Italia, vi furono opposizioni e da parte di chi e in quale sede?
Franco Di Martino

Caro Di Martino,
I viaggio di Togliatti da Mosca a Salerno durò effettivamente cinque settimane. Ma le ragioni della lunghezza furono semplicemente la guerra e la geografia. Togliatti partì da Mosca il 18 febbraio per Baku, in Azerbaigian, proseguì per Teheran, raggiunse il Cairo, approdò ad Algeri, dove dette una intervista a un giornale comunista, e salpò per Napoli a bordo della nave Ascania. Giunse in vista del Vesuvio il 27 marzo, nel giorno stesso in cui una enorme massa di fumo e una pioggia di cenere sottile, provocate da una eruzione del vulcano, oscuravano la vista della città. Scrisse più tardi che «il volto della patria, di nuovo raggiunta dopo diciotto anni di esilio, aveva qualcosa di apocalittico ». possibile che durante il viaggio abbia avuto incontri politici, soprattutto ad Algeri, dove era installata la Commissione alleata di controllo. Ma buona parte del suo tempo fu impiegata ad attendere pazientemente la partenza di un mezzo di trasporto, nave o aereo, per la tappa successiva.
Sulle ragioni della «svolta di Salerno» (la partecipazione dei comunisti al governo Badoglio) è stato scritto molto ed esistono oggi gli importanti documenti rinvenuti da Elena Aga Rossi e Viktor Zaslavsky («Togliatti e Stalin. Il Pci e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca », edito dal Mulino). Sappiamo che Togliatti inviò a Badoglio due messaggi, fra il novembre e il dicembre 1943, per chiedergli di essere autorizzato a rientrare in Italia. Sappiamo che nelle settimane seguenti vi furono alcuni incontri fra il segretario generale del ministero degli Esteri italiano Renato Prunas e il rappresentante sovietico nella Commissione di controllo Andrej Vyshinskij. Sappiamo che questi incontri permisero la ripresa delle relazioni tra l’Italia e l’Urss e che la notizia dell’accordo fu data il 14 marzo, mentre Togliatti era al Cairo. E sappiamo infine che l’intesa raggiunta da Prunas e Vyshinskij non piacque agli Alleati e irritò in particolare il governo britannico.
Il ritorno di Togliatti, l’accordo italo-sovietico e l’irritazione della Gran Bretagna sono pezzi di uno stesso puzzle. Come ha ricordato Paolo Spriano («Togliatti segretario dell’Internazionale», Mondadori 1988), Churchill non si fidava degli antifascisti, voleva che l’Italia avesse un governo monarchico e intendeva tenere l’Urss fuori della penisola. Per rompere il loro isolamento, i sovietici si accordarono con Badoglio sulla ripresa delle relazioni e sostennero, con argomenti a cui gli americani erano sensibili, che le forze antifasciste erano indispensabili alla lotta contro la Germania e al futuro democratico del Paese. Sapevano di non poter fare in Italia ciò che avrebbero fatto di lì a poco in Romania, Bulgaria, Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia. E puntarono su un obiettivo che avrebbe avuto almeno l’effetto di allargare la loro influenza sul Paese. Togliatti aveva il compito di spiegare ai comunisti intransigenti, come Velio Spano, e agli altri partiti antifascisti, che era dannoso in quel momento insistere sull’abdicazione del re e l’avvento della repubblica. Quei problemi potevano attendere la fine della guerra e, nel frattempo, era meglio stare al governo che starne fuori.