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 2009  gennaio 09 Venerdì calendario

BANCHE IN FUGA DA PECHINO


Dopo Ubs e Bank of America sembra toccare a Royal Bank of Scotland e magari in futuro sarà la volta di Dresdner e Citi. La fuga dalla Cina pare unire i destini di molte banche più o meno travolte dal credit crunch. Rbs ha confermato le voci di trattative per la cessione del 4,3% di Bank of China una quota che le consentirebbe di incassare 2 miliardi sterline a fronte di un investimento di 800 milioni effettuato nel dicembre 2005. Qualche settimana fa è scaduto il periodo di lock in, concordato a suo tempo e Rbs è ora libera di uscire.
Lo stesso ha fatto Bank of America due giorni fa liberandosi del 2,5% di China construction bank incassando un utile di 1,1 miliardi di dollari. Nelle settimane scorse era stata la volta di Ubs che aveva ceduto l’1,33%, ancora di Bank of China, con un margine di 335 milioni di dollari.
Royal Bank of Scotland non ha ancora raggiunto alcuna intesa definitiva, ma il cambio di management che ha più o meno coinciso con l’ingresso dello Stato nel capitale (la maggioranza è ora pubblica con il 57% al Tesoro) dell’istituto scozzese rafforza l’ipotesi della cessione. Era stato, infatti, sir Fred Goodwin ex Ceo di Rbs a sostenere e a concludere l’operazione in Cina. Per questo era sempre apparso estremamente riluttante a disinvestire da quella che considerava essere una partecipazione strategica. Così, con il crescere delle difficoltà del gruppo scozzese, si erano moltiplicate le voci della possibile vendita del settore assicurativo di Rbs (un passo del genere avrebbe coinvolto anche Directline molto attiva in Italia). La conferma ora di trattative per liquidare la quota in Bank of China potrebbe significare – oltre all’incasso di un buon profitto, molto raro in questo periodo – un raffreddamento dell’operazione sul fianco assicurativo. Se così fosse, ma è tutto da verificare, si tratterebbe di una svolta nella strategia di Rbs.
A parere di molti osservatori il nuovo Ceo di Rbs, Stephen Hester, sente il fiato sul collo del maggior azionista (lo Stato) quantomai deciso a limitare i danni a casa, prima di conquistare allori all’estero. Se questo è l’obiettivo non c’è dubbio che la quota, seppure significativa, in una importante banca cinese è meno appetibile del ritorno economico e politico che garantisce il concentrarsi sul business interno. L’operazione rientrerebbe, comunque, in un piano di ristrutturazione globale che Hester ha in mente e che non risparmierebbe alcun settore.
Resta il fatto che l’alleggerimento eventuale della posizione cinese da parte di Rbs seguire una moda sempre più diffusa. I precedenti li abbiamo visti, ma altri istituti – secondo alcuni osservatori – potrebbero seguire cedendo, al termine del lock in, le proprie partecipazioni. Fra i nomi chiacchierati ci sono Dresdner e Citi. Non figura invece Hsbc che ha il 19% di Bank of Communications.