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 2009  gennaio 06 Martedì calendario

LA CHIUSURA


Camicia a quadrettoni, capelli grigi un po’ lunghetti, sguardo vivo dietro gli occhiali e una faccia da Geppetto. Emerge tra statuari profili egizi che convivono con antichi romani, memori di battaglie sopite. Forme su forme, Apollo, Dafne e Poseidone :un popolo di gessi tra il quale Adriano ramazza. È un segno dei tempi. E della crisi della Cinecittà che fu d’oro. La crisi globale è arrivata fino alla «Cinears», lo studio di scultura della famiglia De Angelis.
Quando Adriano, artista formatore dei colossi, pulisce il laboratorio vuol dire che va proprio male. Le Cleopatre guardano attonite, menti volitivi di Ducinon hanno nessuno da comandare, l’unica fortuna di questi tempi. «Novant’anni fa, nel 1919, mio nonno Angelo da dipendente in una ditta provò a mettersi da solo: realizzava anche stucchi e decorazioni per case private e edifici pubblici» racconta Adriano poggiando per qualche minuto la scopa, «cominciò il lavoro per il cinema nel ”34 ”’35, poi nel 42 firmò il primo contratto d’affitto per uno studio a Cinecittà». La città del Cinema dove si sfornavano i filmoni epici, le Cabirie, i Maciste, le glorie romane di cartapesta stucco e gesso.
Saperi manuali e trucchi scultorei tramandati da generazioni. «Qui c’è la storia di quattro famiglie e pure la storia dell’arte». Adriano ha settantun anni compiutida pocomainvisibili, dopo cinquanta passati a riprodurre opere. «Mio nonno faceva i calchi dall’originale nei musei, allora si poteva fare. Poi passò il mestiere amio padreRenato, dopo, lui ame che avevo vent’anni e io aimiei figli, Angelo e Alessandro. E mia moglie Resy si occupa delle carte, che amenon sono simpatiche; il suo nome viene dalla ragazza tedesca che aiutò il padre prigioniero in Germania. Certo adesso è unmomentaccio, ci siamo dovuti fermare. Stiamo pulendo, aspettando che qualcosa succeda…». Per questo Adriano ha la scopa in mano. Un evento. «Eh, sì, ne approfitto per mette’ un po’ a posto… già successo nel ”93, allora ho dovuto chiudere ed è stato terribile, ho dovuto liquidare sette persone. Dopo
due anni è ripreso,ma le banche non ti davano più niente. Ora la situazione è peggiorata
negli ultimi mesi, dall’inizio dell’estate il lavoro ha rallentato e poi si è fermato del tutto». La crisi dall’America, lo tsunami finanziario è arrivato a Cinecittà, qui nel capannone De Angelis tra le schiere di gladiatori, un computer di prima generazione salito agli onori del vintage, una vecchia Olivetti, ventilatori:«Ho lamania degli oggetti anni 50, non voglio perdere le testimonianze delle epoche passate», racconta davanti a un Crocifisso, (quello parlante) di Peppone e Don Camillo, appeso e protetto dal Buddha di Gangs of New York di Scorsese.
«Ci sono pochi soldi e chi ce l’ha c’ha paura, perché fanno i film con la sovvenzione delle banche. Il vero produttore chemette i soldi non c’è più. Negli studi si girano le fiction,
solo la tv lavora, Rai, Mediaset,ma certo i film storici non vanno». Negli ultimi anni però la famiglia De Angelis ha lavorato ancora a riprodurre il passato:«Ho fatto dei filmati sulla Roma antica per una televisione Usa. E poi, il Gladiatore», filmone con Russel Crowe, racconta Adriano. Altri nemici, il computer e il digitale:«Sì, per il Gladiatore avevamo fatto molto lavoro, tante statue attorno al Colosseo, ma se erano dieci, nel film le abbiamo viste moltiplicate fino a trenta. Mi so’ rifiutato di vederlo…». Il più recente è un lavoro per una produzione anglo-spagnola, girato tra Malta, l’Egitto e Roma. «Ma gli italiani i film storici li girano in Tunisia e in Marocco, oppure all’Est, dove costa meno». Il dramma è «l’euro, gli americani non vengono più a Cinecittà».

In uno stanzone dormono statue rinascimentali, una coppia diMori e una testa truce di Hitler. Schierato alle pareti un esercito di originali in gesso:«Li conservo tutti, sono pezzi unici e possiamo fare delle copie velocemente ». Colonne di tutti gli stili, dorico corinzio a tortiglione. Attrezzi, bulini e scalpelli; per terra sacchi di argilla, una vasca per i calchi a grandezza d’uomo in gesso, madreforme nelle quali colare la resina. Li annusaSheila, irresistibile bulldog inglese che trotterella con zampette tozze tra le Veneri. All’ingresso del laboratorio ci sono due leoni e una barca arenata a Cinecittà. Cosa ci fa? «Eh, una volta ho fatto un lavoro per un amico e gli ho detto, vabbè...regalami quella». E lì si è fermata, tra i pini. Negli studi enormi si allestiscono solo riprese televisive, smontano gli auguri Mediaset. Al teatro 18 ha girato Pippo Baudo, il pubblico di scena in fila all’ingresso per pochi euro al giorno; per RaiTre lo show di Paola Cortellesi. Una certezza è MariaDe Filippi al Teatro 19 con «Amici»:la Fascino, produzione di casa Costanzo, «vende a Mediaset e alla Rai», spiega Adriano combattendo la polvere. Nel silenzio di una vera gipsoteca scorre la storia del cinema. Un David diMichelangelo, un lampadario enorme a forma di fiore «eh sì, quello era per Morte a Venezia di Visconti», altri tre appesi al soffitto, «li facemmo per Salò, l’ultimo film di Pasolini». Ombroso com’era. E Danilo Donati, il mitico costumista, «era un amico». Artista artigiano anche lui. I grandi registi italiani sono passati dalla Cinears, «negli anni d’oro, anni ”50 e ”60». Il Cristo della Dolce vita di Fellini (le altre opere sono state cedute a Cinecittà per delle mostre,manon vengono allestite tanto spesso). Sculture egizie per Cleopatra, un Ercole; ricordi de Le notti di Cabiria di Fellini, per cui Giulietta Masina prese l’Oscar:la statuetta d’oro è su uno scaffale. quella vera? «No, è il calco, me lo sono tenuto per ricordo», confessa divertito papà DeAngelis mentre passa il figlio Angelo. Più in là i baffoni di Stalin e un Lenin altero. Un momentaccio, quello attuale. «Stiamo tutti fermi:noi, chi fa costumi, parrucche. Aspettiamo che passi... Certo per i figli è un problema, ricordo che si facevano cinque o sei film insieme». Ai voglia alle idee berlusconiane, «a che serve far pagare l’Iva al momento del pagamento? Semmai dovrebbero imporre il pagamento a un mese, e poi fatturare. La Rai paga a 60 giorni, Mediaset anche a 90 e senza acconti. Così lavori con i soldi tuoi. Altro che promesse di ridurre le tasse,mase i soldi non entrano che ti riducono? Con quei quattro soldi che entrano ci mangi. E qui ci servono per quattro famiglie». Con le tv DeAngelis ci fa poco, se non qualche noleggio d’un pezzo, o le facce grottesche di vip per un quiz di Bonolis. «Gli unici che lavorano adesso sono quelli delle attrezzature tecniche, i carri, le macchine. Il lavoro artigianale, niente. Qualche privato, ma quelli che c’hanno i soldi sono finiti. Speriamo che qualcuno ascolti Berlusconi, i signori che fanno cinema…». E il teatro? «Peggio mi sento», ride Adriano, «so’ tutti in crisi, lavora chi costa poco ma i teatri lirici no». Eppure la Cinears ha «fatto pezzi» per tutti i teatri d’Italia, a lungo per l’Opera. Eanche per la riapertura del Petruzzelli di Bari (rinviata a marzo); è in corso un contenzioso con la ditta che ha appaltato i lavori:contesta la qualità dei lavori per evitare di pagare, un caso che stanno cercando di risolvere il Teatro e il Comune.
Un’altra amarezza.Ma il primo dell’anno si è è ripetuto il rito:la mattina Adriano va al laboratorio a Cinecittà per «fare una cosetta di buon auspicio»,una sculturina, poi tutti da nonno Renato per un brindisi amezzogiorno, l’ora in cui è nato 92 anni fa. Col nuovo anno forse arriva la schiarita. Perché resta la speranza sorniona e paziente dei romani, quelli che fanno rivivere gli antenati di gesso.