Riccardo Barenghi, La Stampa 10/1/2009, 10 gennaio 2009
Diceva Carlo Marx che... Anzi no, teniamocelo in tasca per concludere il racconto di quel che resta di Rifondazione comunista: l’ultima notizia è che ieri sera, dopo l’incontro con Ferrero, Bertinotti ha fatto sapere che il siluramento di Sansonetti mette la parola fine sulla sua Rifondazione
Diceva Carlo Marx che... Anzi no, teniamocelo in tasca per concludere il racconto di quel che resta di Rifondazione comunista: l’ultima notizia è che ieri sera, dopo l’incontro con Ferrero, Bertinotti ha fatto sapere che il siluramento di Sansonetti mette la parola fine sulla sua Rifondazione. Da sei mesi in quel Partito accade che venga annunciata una scissione che però non c’è ancora stata. Succede che un segretario venga eletto con poco più della metà dei voti grazie a un maggioranza che definire eterogenea è un eufemismo (trotzkisti e stalinisti, antimperialisti e gruppettari anni settanta), e che questo segretario, ossia Paolo Ferrero, decida che il giornale del Partito debba tornare a essere più partito (comunista) e meno giornale, quindi via il direttore (Piero Sansonetti) che invece è più giornalista che comunista e dentro un sindacalista che il giornalista non l’ha mai fatto (Dino Greco), però è una brava persona nonché comunista. Terremoti, subbugli, proteste, scioperi, conflitti pesanti, accuse di stalinismo, di frazionismo, addirittura di criminalità politica si sono succedute in queste settimane tra le due metà di Rifondazione e tra quella che governa e quelli che fanno il giornale. Per ora ha vinto Ferrero, dopodomani Sansonetti verrà destituito dalla Direzione del Partito (mentre la minoranza lascerà platealmente la sala) e Greco prenderà il suo posto affiancato da un qualcuno che dovrebbe essere un giornalista – anzi: «Sarà un giornalista», assicura Ferrero ”. Il nome ancora non si sa, potrebbe essere uno che viene dal manifesto, ma lì tutti smentiscono: l’attuale direttore Polo come il caporedattore Di Francesco, come la firma storica Loris Campetti, come anche Giuliana Sgrena che fu rapita in Iraq. Si vedrà. Così come si vedrà se l’editore Luca Bonaccorsi comprerà sul serio Liberazione, per ora c’è solo una lettera di intenti. Lettera che peraltro qualcuno è riuscito a trafugare dalla stanza di Ferrero rivelandone poi il contenuto ai giornali. Immediata è scattata la caccia al ladro, un’indagine interna condotta con criteri polizieschi che però non ha dato risultati. Il «ladro» l’ha fatta franca, e buon per lui che sennò oggi sarebbe disoccupato. Tanto per dire qual è il clima dentro il Partito che fino a tre anni fa Bertinotti governava con grande autorevolezza e carisma. A proposito di Bertinotti, tutti si chiedono che cosa farà il leader storico nel caso che i suoi decidessero alla fine di uscire. Intanto ha rotto i rapporti col mentore di Bonaccorsi, lo psicoanalista Massimo Fagioli, dopo le sue dichiarazioni omofobiche contro Vendola («può anche andare a letto con un termosifone...»). E ieri l’ex presidente della Camera ha incontrato prima Franco Giordano, poi Ciccio Ferrara e alla fine anche Paolo Ferrero. Ai primi due ha garantito il suo appoggio e il suo incoraggiamento per procedere sulla via della scissione, «ormai non ci sono più le condizioni per restare». Però gli ha chiesto di «mantenere un ponte con quelli che resteranno dentro ma che sono comunque interessati alla costruzione di un nuovo soggetto politico della sinistra». Il paradosso, l’ennesimo, è che quelli che resteranno dentro sono una parte non irrilevante dell’area vendoliana, cioè bertinottiana, sono contro Ferrero ma non vogliono andarsene, pensano di riconquistare il Partito prima o poi. I dissidenti dei dissidenti, gli scissionisti degli scissionisti. E tra loro ci sono pure i migliori amici di Fausto come Salvatore Bonadonna e Milziade Caprili. Lui comunque non ha intenzione di schierarsi pubblicamente, almeno per ora. Consiglia, suggerisce, approva o critica, fa trapelare qualcosa, ma resta dietro le quinte. Anche perché avrebbe voluto un percorso più lento, un cartello elettorale alle europee di tutta la sinistra radicale e poi, dopo l’estate, la separazione. Ma così non sarà, tanto che ieri, non appena Ferrero è uscito dal suo studio, ha fatto circolare questa frase: «L’autonomia del giornale è costitutiva di un partito democratico, pertanto la destituzione di Sansonetti rappresenta una rottura radicale che rende irriconoscibile la Rifondazione che avevamo costruito insieme». Più chiaro di così non poteva essere: anche lui ormai è fuori dal Partito e la scissione ottiene la sua benedizione. Ma quando la faranno questa benedetta o maledetta scissione? Giordano l’altro ieri l’ha annunciata in un’intervista a Repubblica ma subito dopo è corso a Montecitorio per frenare e precisare ai giornalisti che la scissione si fa «solo se, solo ma, a condizione che...». Che era successo? Che i suoi compagni di area (e di scissione) non avevano gradito quell’uscita, in particolare Gennaro Migliore, che come dicono nel Partito «si è proprio incazzato con Franco». E perché si è incazzato, e con lui molti altri? Non perché non fosse d’accordo con quello che era stato detto, bensì perché era stato detto in un un momento inopportuno o forse, aggiungono i maligni, perché l’aveva detto Franco e non lui. In ogni caso, tra due settimane a Chianciano (lì dove Ferrero ha vinto il congresso nel luglio scorso), tutta l’area di Vendola si riunirà per decidere la scissione. O meglio per decidere che chi vuole può scindere e chi non vuole può restare. La prospettiva politica è di far nascere un nuovo, l’ennesimo, partitino della sinistra che si chiamerà appunto La Sinistra, insieme a Fava e Mussi, a un pezzo dei Verdi e un pezzetto dei Comunisti italiani. Quanto potranno prendere alle europee non è dato sapere, per ora si sa solo che Rifondazione è accreditata del 2,2 per cento e Sd di poco più dell’uno. Quindi se Vendola (che a Roma non si fa mai vedere) riuscisse a portarsi dietro un terzo degli elettori del Prc potrebbe sfiorare il 2 per cento mentre Ferrero scenderebbe all’1,5, però forse Diliberto potrebbe rientrare in Rifondazione portando col suo zero virgola qualcosa ma Ferrero non lo vuole... Conclude Marx: «La storia si ripete sempre due volte, la prima in forma di tragedia e la seconda in forma di farsa». Stampa Articolo