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 2009  gennaio 09 Venerdì calendario

SARDEGNA, LA MADRE DI TUTTE LE BATTAGLIE


L’altro giorno, alla Fiera Campionaria di Cagliari, si è presentato ai suoi tifosi adoranti con quel look alla Ahmadinejad e quell’eloquio secco, che lo rendono un marziano rispetto a tutti i politici in circolazione. Un anti-Berlusconi con caratteristiche assenti sul mercato politico. Era il giorno dell’Epifania e per l’inizio della campagna in vista delle elezioni regionali sarde fissate per il 15 e 16 febbraio, il governatore dimissionario Renato Soru si è presentato sul podio con una camicia chiusa sul collo, senza cravatta e da lì - socchiudendo gli occhi e con lunghe pause - ha scandito frasi secche, evocative di valori elementari: «Si è aperta una grave crisi economica, ma non abbiate paura perché la Sardegna ha iniziato un percorso, non è andata a Roma a chiedere col cappello in mano, è andata a pretendere i suoi diritti», «in questi anni abbiamo dato risposte ai giovani, alle donne e anche a chi ancora crede che si possa andare avanti allevando pecore», «non pensate che se ne esca con la logica del ”si salvi chi può”, dobbiamo darci una mano come una volta, quando si ricostituiva il gregge a chi non ce l’aveva più». Espressioni che non finiscono mai sui giornali e in tv, ma pronunciate per lasciare il segno, risultano puntualmente le più applaudite.
Renato Soru ha parlato alla straboccante Fiera di Cagliari il 6 gennaio, ma già da qualche giorno aveva rilasciato all’«Espresso» un’importante intervista, anticipata ieri, nella quale per la prima volta il governatore fa capire di essere pronto, un domani, a trasferirsi a Roma e prendere la guida della coalizione di centrosinistra. Dice Soru: «In Sardegna ci sarà uno scontro tra me e Berlusconi per interposta persona e se il centrosinistra dovesse vincere, avrà una ragione in più per considerare che la sconfitta non è per sempre e che si può tornare a battere Berlusconi. Come ha fatto Prodi per due volte». Come dire: io, Berlusconi, posso batterlo. Come ha fatto Prodi, rimosso dalla memoria del Pd. Di fatto Soru pronuncia e «riabilita» due parole che Walter Veltroni aveva cancellato dalla sua campagna elettorale: Berlusconi e Prodi. Il nemico e il modello.
Naturalmente sulle sue ambizioni future Soru non può essere più esplicito, anche perché si è alla vigilia di elezioni che il governatore affronterà giocando tutto sulla carta dell’orgoglio sardo contro l’ «invasore» Berlusconi ed è pertanto ovvio che qualsiasi allusione ad una fuga dalla sua isola durante il mandato gli costerebbe cara. Ma intanto - sapendo che Berlusconi ha intenzione di andare ben nove volte in Sardegna a fare campagna elettorale - Soru ha trasformato le elezioni sarde in un duello personale tra lui e il capo del governo. Possibile antipasto di una sfida che per ora appartiene al futuribile. Ma intanto Soru fa capire come affronterà la prima battaglia: «Berlusconi dice ai sardi: ci penso io. Come Benito Mussolini, che disse: ”Faccio sapere ai sardi che noi ci occupiamo amorevolmente dei problemi della loro isola”». Da mesi, soprattutto in Sardegna, si erano rincorsi i boatos sulle ambizioni «continentali» di Soru e persino Berlusconi le aveva prese sul serio, se è vero che ha fatto commissionare un sondaggio ad hoc sulle potenzialità del sardo. Il profilo di Soru corrisponde alle aspettative della stagione inaugurata da Obama: applausi a chi sfida e si impone alla nomenclatura, pollice verso per tutti i cooptati.
Qualcuno obietta: Soru è un Berlusconi di sinistra. Certo, alcune similitudini sono eloquenti. Soru, come Berlusconi, nasce imprenditore e proprio come l’altro si è letteralmente «inventato» un impero, partendo da zero. Negli Anni Novanta Soru fonda Tiscali, diventando il padre della new economy italiana e restando per qualche tempo uno degli uomini più ricchi d’Italia. Nel 2003 Soru entra in politica ed esattamente come Berlusconi nove anni prima ritiene di non dover affrontare il potenziale conflitto di interessi tra l’imprenditore e l’amministratore. Diventato anche padrone dell’«Unità», Soru prima di Natale - pur continuando a negare il problema - lo ha affrontato con una soluzione che somiglia ad un blind trust, anche se per dirla con Giorgio Laspisa, capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, «la nomina di un fiduciario che può essere revocato in qualsiasi momento non risolve il conflitto di interessi». Quel che rende diverso Soru da Berlusconi è meno noto ed è ciò che il governatore, con un certo piglio autoritario, ha realizzato in quattro anni.
Certo, la Consulta gli ha bocciato la famosa «tassa sul lusso», ma all’attivo c’è la legge che vieta di costruire fino a tre chilometri dal mare, il taglio di un migliaio di posti di sottogoverno, il risanamento del bilancio regionale, una raccolta differenziata ai primi posti in Italia, la sanità in equilibrio, l’assegnazione a 400 giovani ricercatori sardi di 30.000 euro ciascuno. Naturalmente per diventare, un domani, leader del centrosinistra non basta volerlo. Aiuta (Rutelli e Veltroni docent) l’appoggio del gruppo che fa capo all’ingegner Carlo De Benedetti (socio in Tiscali e che in Sardegna ha potuto realizzare quattro impianti fotovoltaici) e che ha già mostrato tutta la sua simpatia per Soru. Un altro che ha simpatia per il governatore è Romano Prodi. I due, subito dopo Natale, si sono sentiti. Ma Soru lo sa. Prima di diventare l’ariete degli ulivisti contro Veltroni, il governatore deve vincere le elezioni sarde. Se le perde, perde anche la strada per Roma.