Note: [1] M. B., La Stampa 9/1/2009; [2] Bernardo Valli, la Repubblica 22/8/2008; [3] Stefano Montefiori, Corriere della Sera 27/5/2008; [4] Francesca Varotto, il Riformista 9/11/2008; [5] Stefano Montefiori, Corriere della Sera 18/8/2008; [6] Stefania Be, 9 gennaio 2009
STIEG LARSSON PER FOGLIO DEI FOGLI 12 GENNAIO 2009
Da venerdì una vastissima comunità di lettori si è precipitata nelle librerie italiane per accaparrarsi La regina dei castelli di carta, terzo episodio della trilogia ”Millennium”, terminata dal giornalista svedese Stieg Larsson pochi giorni prima di morire d’infarto il 9 novembre 2004. Giovanni Pacchiano, critico letterario del domenicale del Sole 24 ore: «Ha un tale grado di tensione emotiva che ti prende subito e ti porta senza scampo fino alla fine. Ho provato sensazioni del genere solo leggendo i grandi dell’Ottocento, che so, Dickens, Balzac, Dostoevskij». [1]
Karl Stig-Erland Larsson nacque a Skelleftehamn (nord della Svezia) il 15 agosto 1954. I giovanissimi genitori se ne liberarono quasi subito affidandolo ai nonni materni, accampati in una baracca riscaldata da una stufa a legna e affondata in una foresta dove la luce invernale non durava più di trenta minuti e la temperatura scendeva fino a quaranta sotto zero. Bernardo Valli: «Stieg va a scuola con gli sci da fondo e alla luce della luna. Il nonno, un militante comunista, sentendosi emarginato, senza lavoro e senza soldi, si è rifugiato in quel bosco, dove Stieg vive un’infanzia rude ma felice. La morte del nonno riconduce Stieg dai genitori, dai quali si allontana appena trova un lavoro alla Posta, nell’attesa di diventare giornalista. In una manifestazione contro la guerra del Vietnam conosce Eva, una studentessa d’architettura, con la quale passerà più di trent’anni, il resto della vita. A Stoccolma comincia a fare lo stenografo nell’agenzia di stampa TT, e ne diventa presto un redattore». [2]
Come capita ai grandi lettori autodidatti, Larsson immagazzinò negli anni una cultura vasta ed eclettica. Valli: «Divorava i libri di fantascienza, di strategia militare, di politica, di spionaggio, di informatica, com una predilezione per i romanzi scritti da donne, in particolare quelli polizieschi. Trovava lo stile femminile più preciso, più accurato». [2] Fondatore della rivista Expo, impegnata contro il razzismo e l’antisemitismo, negli anni Larsson era diventato un dei più grandi esperti mondiali dell’estrema destra, ascoltato più volte come relatore a Scotland Yard e all’Osce di Parigi. Stefano Montefiori: «Per questo aveva ricevuto più volte minacce, nel 1999 la polizia aveva imposto la scorta e lui e alla compagna. Stieg ed Eva vivevano insieme a Stoccolma, ma il cognome Larsson non appariva sul citofono né in alcun documento ufficiale: i due avevano deciso di non sposarsi proprio per non essere registrati, nella speranza di fare perdere meglio le proprie tracce». [3]
Dopo aver maledetto l’ascensore rotto e fatto di corsa sette piani di scale per arrivare in redazione, le ultime parole di Stieg Larsson furono: «No, devo lavorare!». Montefiori: «Poi le sigarette, il colesterolo troppo alto e quindi l’infarto se lo portarono via senza che Eva Gabrielsson, compagna di tutta una vita, potesse arrivare in tempo per abbracciarlo». [3] Nel 2007, a Francoforte, durante la Fiera del Libro, ci fu una riunione tra gli editori di Larsson organizzata da Norstedt. Francesca Varotto, editor della narrativa straniera alla Marsilio editori: «Non eravamo ancora molti, ma lì, forse per la prima volta, abbiamo avuto tutti la sensazione che i libri di Stieg Larsson stavano per diventare un fenomeno editoriale. L’interesse cresceva un po’ dappertutto, i numeri anche, presto sarebbero cominciate le riprese del film, e intanto l’editore di Quercus, l’inglese Christopher MacLehose, andava per la fiera raccomandando ai suoi colleghi dei paesi in cui i diritti erano ancora disponibili: ”Non leggetelo, compratelo e basta”». [4]
Quando finalmente arrivò la traduzione completa di Uomini che odiano le donne (autrice Carmen Cima), alla Varotto tornò in mente uno slogan che aveva letto in Germania: «Fate attenzione: se cominciate a leggere questo libro, intorno a voi sarà il buio, e voi sarete solo dentro alla storia. Niente più conterà, perché vorrete soltanto continuare a leggere»: «Era proprio così, e arrivata all’ultima pagina, avrei voluto avere subito il secondo, e il terzo, e l’idea che Stieg Larsson non avrebbe più scritto mi dava già un senso di vuoto». [4] Pacchiano: «Ho provato a regalarlo a vari amici, e tutti dicono che, una volta cominciato uno dei suoi libri, non riescono più ad abbandonarlo, nemmeno per un momento. Questa è la miglior prova della capacità di imporsi che può avere un romanzo». [1]
Il secondo volume, La ragazza che giocava con il fuoco, è uscito in Italia nello scorso giugno. Grazie al passaparola, Millennium è diventato in tutta Europa un bestseller alla Codice da Vinci o Harry Potter. Laurent Joffrin, direttore di Libération: «Larsson si guarda bene dal coltivare il cinismo disperato che domina il genere poliziesco. Crede alla forza dell’inchiesta e all’efficacia vendicatrice della rivelazione in una società aperta. Denuncia le vergogne dell’ipercapitalismo, è un riparatore di torti. Il suo trionfo, sia pure postumo, è confortante». [3] Varotto: «Larsson diceva che un poliziesco deve in primo luogo intrattenere, e solo se uno scrittore riesce a catturare l’attenzione e conquistare la fiducia del lettore può anche provare a dire qualcosa, a trasmettere un messaggio. E lui aveva qualcosa da dire, la risposta dei lettori lo conferma». [4]
L’eroe di Larsson, in larga misura ispirato a lui stesso, è Mikael Blomkvist, 45 anni ben portati, giornalista finanziario al mensile Millennium, single dalla ricca vita sentimentale. Al suo fianco Lisbeth Salander, 25 anni, alta un metro e mezzo per 42 chili, ipertatuata, super-truccata, ”psicopatica”, lesbica ma soprattutto straordinaria hacker, versione punk di Pippi Calzelunghe. Scrisse Larsson in una mail alla sua editor Eva Gedin: «Ho volutamente invertito i ruoli sessuali: Blomkvist si comporta come lo stereotipo della bella donna, e Salander possiede valori e qualità generalmente attribuite agli uomini». [5] Montefiori: «Insieme Mikael e Lisbeth svelano il marcio nascosto nella socialdemocrazia modello svedese e non danno tregua ai circoli neonazisti che avvelenano la società scandinava». [3] Stefania Berbenni: «In più, molto sesso, etero, lesbo e sadomaso, personaggi di contorno che hanno la forza di stagliarsi nelle pagine che gli sono date, temi d’attualità (i giochi in borsa, la prostituzione dai paesi dell’Est...) e molto femminismo. Una specie di dinamo letteraria, e la ricarica delle pile è comprensiva di riflessioni sulle donne, lezioni di etica e di deontologia professionale (dei giornalisti), denunce sui giochi sporchi di chi sta al potere». [6]
Tra i critici spicca Carlo Fruttero, autore con Franco Lucentini di «trame intelligentissime e avvincenti, per esempio in La donna della domenica, oppure barocche e quasi esoteriche in A che punto è la notte» (Mario Baudino): «Una noia. Ho provato di qua, di là, in mezzo, alla fine, qualche pagina da una parte e qualcuna dall’altra. Niente da fare. Ragion per cui l’ho abbandonato molto volentieri al suo destino». Secondo Fruttero, Uomini che odiano le donne «sembra scritto non col computer, ma dal computer. come se la macchina producesse direttamente questa brodaglia, un pezzetto di carota, una buccia di patata, e su tutto un certo colore verdino. Insomma, mi ricorda le antiche minestre che pare servissero nei collegi dei bambini poveri, tanti anni fa. E’ una prosa che senza scrittura, le stesse mestolate della stessa roba, una dopo l’altra». [7]
Per Fruttero la monotonia non è il solo difetto. «Intanto non cambia mai registro. Non c’è mai un a capo che ti sposti un po’ l’attenzione. Procede con terribile facilità, ed è in questo un tipico fenomeno di oggi: tutti infatti pensano che si possano scrivere romanzi, comporre musica, dipingere quadri sui muri come se niente fosse. Quella roba, tre volumi così grossi, poteva davvero andare avanti all’infinito». [7] Lo scrittore Gianni Biondillo: «M’avessero chiesto, bozze alla mano: diventerà un successo? Avrei risposto: non so, è un mistero. Non si spiega mai il mistero dei best seller e questo è il bello. Lui ha messo insieme elementi che altrove non hanno funzionato. Ha giocato, forse era soltanto il momento giusto per farlo». [8]
Quando il primo volume uscì negli Stati Uniti da Knopf, alla fine dello scorso settembre (titolo La ragazza col tatuaggio del dragone), la prima firma in campo noir del New York Times, Michiko Kokutani, storse il naso: sì, i protagonisti sono abbastanza insoliti e interessanti da salvare un plot macchinoso e irrisolto, ma il libro cade nei peggiori cliché da cartone animato e Mr Larsson non ha idea di come si dipinge un cattivo credibile. Maurizio Bono: «Lo scrittore Michael Connelly è stato più generoso, riconoscendo a Larsson l’abilità di costringere il lettore ad arrivare alla fine, ma ancora sul New York Times Alex Berenson ha sputato il rospo: troppe famiglie disfunzionali, in quella Svezia, per essere vere, e il titolo originale Uomini che odiano le donne ”descrive bene la sottigliezza del romanzo nel campo della politica sessuale. Lì, tranne Blomkvist, tutti gli uomini con meno di 70 anni sono misogini violenti”. Insomma, troppa ideologia e pregiudizi, e pazienza se file interminabili di perfide e corrotte dark ladies, quasi tutte le donne sotto i 70 anni dell’hard boiled, non hanno mai indotto a mettere in discussione i capolavori del genere». [9]
«Arrivato alla duemillesima pagina e rotti, cioè quasi alla fine, invece di sentirmi sollevato, invece di guardare con soddisfazione le poche pagine ancora da leggere, e quindi provare la soddisfazione di chi avvista infine il traguardo dopo una spossante maratona, ho cercato di sapere se ci sarà sul serio, come si mormora, un Millennium 4» (Bernardo Valli). [4] Il quarto manoscritto (incompleto, conta solo 200 pagine) si troverebbe nel computer di Eva Gabrielsson, che inviperita per esser stata esclusa causa mancato matrimonio dalla ricchissima eredità di Larsson (già 8 milioni di euro andati al padre Erland e al fratello Joakim con i quali i rapporti di Stieg pare non fossero particolarmente cordiali) per ora non vuol saperne di tirarlo fuori. Stefano Montefiori: «L’ipotetico libro, comunque, nella cronologia della storia non sarebbe il quarto volume ma il quinto: Larsson aveva progettato dieci episodi, ed era passato a scrivere direttamente il quinto, saltando il quarto, perché aveva più materiale pronto sulle reti neonaziste europee». [10]
In attesa dell’eventuale quarto volume, Uomini che odiano le donne potrebbe avere tre o più versioni cinematografiche. La prima - produzione svedese, regista danese, cast scandinavo - punta a essere selezionata per il prossimo festival di Cannes e arriverà sugli schermi nordici il 22 febbraio. Bono: «Budget frugale, protagonisti semisconosciuti, fedeltà garantita ai libri. A Larsson sarebbe piaciuto, così lontano da Hollywood». [9] Gli americani hanno già comprato i diritti per allestire un remake con un cast pieno di divi, in quattro o cinque anni potrebbe arrivare la versione inglese, per quella di Bollywood bisogna aspettare un eventuale successo asiatico dei libri. [11] A Stoccolma è già partito il business del turismo letterario: il Museo della Citta ha organizzato un tour di un’ora e mezzo al prezzo di 80 corone (intorno agli 8 euro), partenza al numero 1 della strada Bellmansgatan, quartiere Södermalm, dove il protagonista vive in un appartamento con vista sul canale di Riddarfjaerden, arrivo al bar Kvarnen, dove Lisbeth incontra le sue amiche del gruppo Evil Fingers. [5]