Gaza, tre ore di normalità. Poi le bombe di Giorgio Ferrari, Avvenire, 8/1/2009, 8 gennaio 2009
GAZA, TRE ORE DI NORMALITA’. POI LE BOMBE
Hanno atteso con precisione millimetrica che la clessidra della tregua si vuotasse, ma evidentemente avevano molta fretta che quella finestra che aveva garantito per tre ore il silenzio delle armi si richiudesse. Orologi alla mano, abbiamo potuto constatare che pochi secondi dopo le 4 del pomeriggio ( le 3 ora italiana) i cannoni di Israele e razzi Hamas avevano ripreso il loro concerto: due missili Grad si sono abbattuti su Be’er Sheva, la capitale del Negev nel cui ospedale vengono ricoverati i soldati israeliani feriti in battaglia, mentre gli obici di Tsahal uccidevano due palestinesi a Gaza City e un raid aereo colpiva un automobile, uccidendo un uomo e tre bambini che erano a bordo.
Gli F16 di Israele hanno colpito obiettivi a Rafah al confine con l’Egitto ( dopo aver lanciato volantini che invitavano ad evacuare la zon dei tunnel) e nel campo profughi di Nusseirat, mentre al calare delle tenebre riprendeva anche il lancio di razzi palestinesi sparati da Gaza. Colpite, come ormai ogni giorno da tre settimane, Ashdod, Ashqelon ( dove due edifici sono stati raggiunti dai missili di Hamas) e Sderot. Il bilancio delle vittime di questa guerra inevitabilmente sale: almeno 702 i morti nella Striscia e tremila i feriti. E un terzo di loro ha meno di sedici anni.
Eppure in quel grappolo esiguo di ore il milione e mezzo di abitanti di Gaza ha potuto compiere i gesti elementari e dolorosi che dodici giorni di bombardamenti ininterrotti avevano reso impraticabili, come cercare di mettersi in contatto con parenti e amici dispersi, comprare dove possibile del cibo, seppellire i propri morti, come è accaduto nel campo di Jabalya, dove si è tumulato come si poteva – in fosse comuni, anche – le quaranta vittime della scuola dell’Unrwa massacrate martedì dalle bombe israeliane.
«Che altro possiamo fare in tre ore?», è stata la angosciante e rabbiosa domanda che rimbalzava da un capo all’altro della Striscia, che faceva il paio con l’altrettanto rabbiosa promessa scagliata all’indirizzo di Israele, una promessa che l’operazione Piombo fuso lascia in dote ai palestinesi di Gaza per gli anni a venire: « Vendetta, vendetta! » .
E dire che la giornata si era aperta con auspici ben diversi. Di primo mattino le unità di fanteria e i blindati israeliani avevano evacuato i quartieri di Khan Yunes nella parte meridionale, teatro due giorni fa di un’aspra battaglia. Subito dopo, come nei giorni precedenti, Israele aveva autorizzato l’ingresso dal valico di Kerem Shalom ( tradizionale corridoio commerciale per l’ingresso di merci a Gaza nel sud della Striscia) di decine di camion con generi di prima necessità per la popolazione palestinese e di un cospicuo quantitativo di combustibile destinato principalmente ai generatori degli ospedali.
Ma secondo ”Medici senza frontiere” centinaia di camion di aiuti sono in realtà fermi ai valichi, in quanto i centri di distribuzione di cibo e medicinali risultano irraggiungibili e case, scuole, ospedali e ambulanze vengono colpiti dalle bombe israeliane. « Un livello impressionante di insicurezza » , dicono gli operatori umanitari, impossibilitati a intervenire se non mettendo a repentaglio la propria vita. Una situazione che la coordinatrice di Msf a Gaza, Jessica Pourraz, definisce « catastrofica » .
Nel frattempo il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato l’estensione dell’operazione – Piombo fuso”. Il che significa che l’offensiva contro Hamas potrà avvalersi di unità di fanteria meccanizzata destinate a penetrare in profondità nella Striscia di Gaza. In pratica si tratterebbe di quella terza fase che i piani di Tsahal hanno già previsto nei più minuti dettagli, ma il cui via libera è soggetto all’approvazione del governo.
Per il momento il via libera di Olmert è sospeso: una carta in più che Israele intende giocare nella complessa partita diplomatica che si sta svolgendo attorno alla guerra di Gaza.
Un’altra tregua è prevista per oggi. Tre ore soltanto. Che per quell’immenso campo di concentramento che è Gaza risulteranno di nuovo preziose. Ma ancor più terribili saranno le rimanenti ventuno ore. In attesa che quella finestrella di tregua diventi più larga.