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 2009  gennaio 07 Mercoledì calendario

RIFUGIATI, UN’EMERGENZA LUNGA 60 ANNI

Unrwa. I primi a conoscere il significato di queste cinque lettere - per molte persone una sigla misteriosa - sono gli stessi palestinesi. Se i rifugiati di tutto il mondo, dall’Afghanistan al Congo, sono seguiti e assistiti da un’unica agenzia dell’Onu, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), per i palestinesi è stato creato un organismo ad hoc, la United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees (Unrwa).
Quando venne fondata, l’8 dicembre del 1949, non si immaginava certo che la più spinosa delle questioni all’interno del conflitto più difficile dell’ultimo secolo - vale a dire lo status dei rifugiati palestinesi - potesse trascinarsi così a lungo. E soprattutto assumere le dimensioni di oggi. Come prevedere che i 914mila rifugiati registrati nel 1950 - il grande esodo da Israele dopo la vittoria di Gerusalemme nella guerra del 1948 - potesse gonfiarsi, grazie all’incremento demografico dei loro discendenti, all’attuale numero di 4,6 milioni di persone, distribuiti in tre Stati, oltre che nei Territori palestinesi?
In assenza di un’improbabile soluzione imminente, il mandato dell’Unrwa è stato così esteso fino al 30 giugno del 2011. Scontato che venga rinnovato ancora. Educazione, sanità, servizi civili, assistenza umanitaria e micro-crediti: i servizi dell’Unrwa prestati ai rifugiati palestinesi sono molteplici. Per svolgerli il personale dell’Agenzia Onu, solo a Gaza, è così salito a 10mila operatori.
Anche nelle emergenze, l’istruzione resta una priorità. Visitare la Striscia di Gaza significa spesso imbattersi in decine di migliaia di giovani studenti in divisa che escono o entrano (vi sono più turni in una sola giornata e in ogni aula vi sono 41 alunni) dalle scuole dell’Onu, percorrendo a piedi la via di casa. L’Agenzia Onu è quindi un asse portante delle scuole, perché senza l’Unrwa quasi non esisterebbero. Per meglio coprire l’intera Striscia di Gaza ed essere accessibili a tutta la popolazione ci sono 21 grandi scuole su 211 istituti. Certo, la situazione nelle aule non è facile; il numero dei rifugiati a Gaza, quasi un milione su un milione e mezzo di abitanti, continua a crescere a tassi insostenibili, (il 2,8% nel 2008). Mancano spesso le risorse e il budget 2007-08 solo per Gaza è stato di 161 milioni di dollari.
Le scuole Unrwa a Gaza sono molto popolari. Ecco perché ieri molti civili, sembra 15mila, presi in trappola negli scontri tra esercito israeliano e Hamas, si sono precipitati nelle scuole Onu. Semplicemente le ritenevano un luogo sicuro, il più sicuro. D’altronde Israele conosce bene l’ubicazione dei centri dell’Onu dislocati lungo la Striscia. Il bombardamento compiuto ieri dall’esercito israeliano contro una scuola dell’Unrwa ha comunque messo in luce quanto la situazione a Gaza sia pericolosa, per chiunque vi si trovi. Con l’attuale emergenza umanitaria in corso, la differenza tra rifugiati e non non è nemmeno avvertibile. Oltretutto a Gaza i campi profughi sono un dedalo di viuzze anguste senza soluzione di continuità con i centri abitati, anch’essi poveri.
La situazione negli altri Paesi arabi non è così tragica, ma resta comunque difficile. Gli scampati alla Naqba (in arabo catastrofe), il termine utilizzato dai palestinesi per ricordare la cacciata, o la fuga, di 800mila di loro dall’attuale Israele dopo il ’48, si sono riversati in tre Paesi: Giordania, Libano e Siria. In Giordania i rifugiati palestinesi sono quasi due milioni , un terzo della popolazione. In Siria 460mila, in Libano oltre 400mila su una popolazione di circa 4 milioni. Proprio in Libano i rifugiati versano nella situazione più difficile. Costretti a vivere in 12 campi profughi, molti circondati dall’esercito, non possono svolgere decine di lavori e sono sottoposti a severe limitazioni. Il loro ritorno nell’attuale Israele è sempre stato l’ostacolo principale al raggiungimento di una pace durevole. Israele sostiene che, se dovesse accoglierli, verrebbe stravolto il suo equilibrio demografico. In verità, anche volendo, non avrebbe le strutture scolastiche e sanitarie per farsi carico di un simile esodo. I più moderati tra i palestinesi pretendono un rientro simbolico e un risarcimento cospicuo per gli altri rifugiati, oltre a una dichiarazione di responsabilità dell’accaduto da parte di Israele. La situazione si è cristallizzata. Prigionieri in Paesi dove sono apolidi, i rifugiati resteranno tali ancora per molto tempo; sopravvivono grazie all’Unrwa, e ricevono quell’istruzione che consente loro ancora di sognare proprio nelle sue scuole.