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 2009  gennaio 07 Mercoledì calendario

SUICIDA IN GERMANIA IL TYCOON ROVINATO DALLA VOLKSWAGEN

Ha scritto una lettera di scuse alla famiglia, è uscito di casa, diretto verso i binari che scorrono a poche centinaia di metri dalla sua abitazione di Blaubeuren, nel Sud-Ovest della Germania, e si è gettato sotto un treno. finita così l’esistenza di Adolf Merckle, uno dei più ricchi imprenditori tedeschi. Rovinato dalle speculazioni sbagliate sul titolo Volkswagen e dalle ripercussioni della crisi finanziaria sul suo impero, che spazia dal cemento alla farmaceutica, Merckle si è tolto la vita lunedì sera. Il suo corpo è stato ritrovato intorno alle 19:30 da un dipendente delle ferrovie tedesche. A fugare i pochi dubbi sull’ipotesi del suicidio ci ha pensato la famiglia del magnate: «Le difficoltà economiche delle sue aziende, provocate dalla crisi finanziaria, e le incertezze delle ultime settimane, così come il senso di impotenza hanno distrutto l’appassionato imprenditore, che ha posto fine alla sua vita», si legge in un comunicato diffuso ieri pomeriggio dai parenti.
Sebbene fosse uno dei maggiori industriali tedeschi - secondo la rivista statunitense Forbes era al quinto posto nella lista degli uomini più ricchi in Germania e tra i primi cento al mondo - Merckle (74 anni) si è sempre tenuto lontano dai riflettori pubblici. Almeno fino allo scorso novembre, quando il suo nome è finito all’improvviso sulle prime pagine dei giornali. Come decine di hedge funds, anche il miliardario aveva puntato sul crollo dei titoli Volkswagen a seguito del piano di Porsche di acquisire la maggioranza del più grande gruppo automobilistico europeo. A dispetto delle attese, però, a Francoforte le azioni Vw hanno preso la direzione opposta e hanno iniziato a salire vertiginosamente, sfondando quota mille euro e costringendo chi aveva venduto allo scoperto a pagare qualsiasi somma pur di ricoprirsi.
Per Merckle la corsa forsennata ai titoli Volkswagen ha significato perdite fino a un miliardo di euro e l’inizio di un dramma non solo economico. Le speculazioni sbagliate hanno peggiorato lo stato dei conti della sua Vem, una holding da 30 miliardi di fatturato e oltre 100.000 dipendenti che ruota intorno a due nomi: Ratiopharm, il leader tedesco dei farmaci generici, e Heidelberg Cement, un gigante nel settore dei materiali da costruzione. Proprio l’acquisizione del concorrente britannico Hanson da parte di Heidelberg Cement ha scavato un ulteriore buco nelle finanze di Vem, che ha accumulato debiti fino a cinque miliardi. La crisi finanziaria internazionale e le sue ripercussioni sul valore delle aziende controllate da Merckle hanno fatto il resto, così che l’imprenditore si è ritrovato alla porta oltre trenta banche creditrici. Le quali si sono dette disposte a concedere un credito temporaneo, ponendo però tra le condizioni anche la cessione di Ratiopharm, il fiore all’occhiello del gruppo.
Un impero basato sull’imperativo della parsimonia e che rischiava ora di crollare sotto il peso di operazioni finanziarie azzardate. Nei giorni scorsi tale scenario sembrava sventato: al termine di dure trattative proseguite per settimane le banche parevano disposte a concedergli un credito ponte da 400 milioni di euro. La firma definitiva dell’accordo era attesa nei prossimi giorni. Troppo tardi, per Adolf Merckle.
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CRAC MILIARDARIO, SI UCCIDE IL MAGNATE MERCKLE
Era uno dei cento uomini più ricchi del mondo, ma alla fine non gli è bastato a salvarsi dalla disperazione e dalla voglia di farla finita. Adolf Merckle, 74 anni, capo di uno dei più illustri e potenti casati del mondo dei grandi imprenditori tedeschi, sommerso dai debiti, si è tolto la vita gettandosi sotto un treno. Lo hanno reso noto la famiglia e le autorità. Il suicidio del "grande vecchio" Herr Merckle è avvenuto lunedì sera nei pressi di Blaubeuren, a sudest di Stoccarda. Il suo cadavere è stato trovato nei pressi dei binari. Adesso la crisi potenzialmente terminale della sua azienda (valore 30 miliardi di euro, patrimonio personale di Merckle stimato in 9,2 miliardi) è più grave che mai. Il gesto disperato di Adolf Merckle è il primo suicidio eccellente che l´onda lunga della crisi economica e finanziaria mondiale abbia causato in Germania, la prima economia dell´Unione europea. Ed è la seconda tragedia del genere in pochi giorni nel grande mondo dell´economia globale: poco prima di Natale, Réné-Thierry Magon de la Villehuchet, fondatore di Access, una finanziaria che gestiva 1,4 miliardi di dollari, travolto dal crac Madoff era stato trovato morto nel suo ufficio.
La Germania è esposta allo shock di un dramma senza precedenti. «Adolf Merckle - dice un comunicato diffuso ieri dalla famiglia - ha vissuto e lavorato per la sua famiglia e le sue aziende. Gli avvenimenti di questi ultimi mesi hanno spezzato questo imprenditore entusiasta, che si è suicidato». Merckle era diventato ricco grazie alla favolosa eredità del nonno boemo, e aveva saputo farla fruttare. Nella classifica internazionale di Forbes, era al 94esimo posto tra gli uomini più facoltosi del mondo. A colpi di scalate e acquisizioni aveva trasformato l´azienda familiare in un gigante mondiale. Indebitandosi a raffica con le banche tedesche, aveva rilevato il gigante farmaceutico Ratiopharm e poi HeidelbergCement, uno dei massimi nomi mondiali nei materiali per l´edilizia. Secondo i media tedeschi, la sua esposizione totale con gli istituti di credito sarebbe ammontata a cinque miliardi di euro. E Merckle, aveva scritto Die Welt, necessitava di almeno un miliardo di iniezione di liquidità a breve termine.
La sua tragica morte ha comunque colto tutti di sorpresa. I negoziati tra la società che gestiva il suo patrimonio, la Vem, a rischio d´insolvenza, e il consorzio delle banche creditrici, sembravano vicini a un accordo prima di Natale: rinvio del rimborso dei crediti già contratti, possibili nuove linee di credito a breve. Poi qualcosa deve essere successo. Merckle aveva tentato di rifinanziare i suoi debiti, negli ultimi mesi, speculando tra l´altro in Borsa sull´andamento del titolo Volkswagen, ma anziché guadagnarci aveva finito per perderci almeno 400 milioni. In una rarissima intervista alla Frankfurter Allgemeine, aveva concesso una confessione che ora suona sinistramente profetica: «Sono sopravvissuto a molti crolli in Borsa, ma non potevo prevedere una crisi finanziaria e bancaria di questa magnitudine». Una sottovalutazione nella quale Merckle non è stato certo solo.
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IL RE TEDESCO DEI FARMACI SUICIDA PER I DEBITI
Per somigliare meglio al 1929, alla crisi finanziaria mancavano i suicidi eccellenti. Ieri, è arrivato il primo. Adolf Merckle, 74 anni, uno degli uomini più ricchi del mondo fino a poche settimane fa, si è gettato sotto un treno lunedì sera a Blaubeuren, nella Germania sudoccidentale, a poche centinaia di metri dalla sua villa. «La situazione disperata delle sue società causata dalla crisi finanziaria – è scritto in un comunicato della famiglia – le incertezze delle scorse settimane e la sua impotenza ad agire hanno spezzato l’appassionato imprenditore di famiglia ed egli si è tolto la vita». Lascia una moglie, Ruth, e quattro figli.
Probabilmente, Merckle non ha sopportato l’idea di vedere andare in fumo un impero di 120 società a causa della crisi ma anche per errori suoi. Era tra i cento uomini più ricchi del pianeta, secondo la rivista
Forbes, 9 miliardi di euro di patrimonio. Tra l’altro, controllava una delle maggiori aziende farmaceutiche tedesche, Ratiopharm, un grande distributore di medicinali, Phoenix Pharmahandel, il produttore di cemento HeidelbergCement, zuccherifici, la più antica fonderia tedesca. Tutto per un fatturato annuo di oltre 30 miliardi di euro. Un agglomerato straordinario costruito partendo dall’eredità che gli lasciò suo nonno, un imprenditore boemo.
Non è raro che imprenditori che si sono fatti da soli – passando di successo in successo, di vittoria in vittoria, apparentemente invincibili – non sopportino l’idea che tutto stia crollando: nel 1991 successe a Robert Maxwell in Gran Bretagna, nel 1993 a Raul Gardini in Italia, nel ’29 ad alcuni finanzieri di Wall Street. Nelle scorse settimane, la situazione economica delle imprese controllate da Merckle, attraverso la holding Vem, era diventata un caso preoccupante. Le banche che gli avevano prestato denaro per fare acquisizioni, una trentina, avevano chiesto che rientrasse da alcune linee di credito, timorose per il suo alto indebitamento e per la loro esposizione. Erano cominciate trattative e, pochi giorni fa, sembrava che una soluzione si potesse trovare: l’industriale avrebbe ottenuto un prestito ponte da 400 milioni di euro a patto però che avviasse un ridimensionamento del gruppo, che cioè vendesse un certo numero di aziende per pagare i debiti, compresa Ratiopharm. Il suicidio, però, fa sospettare – anche se al momento non ci sono elementi certi – che la situazione finanziaria della Vem fosse peggiore di quella conosciuta dai mercati. Alcune fonti interne alle banche coinvolte nel salvataggio hanno sostenuto che le esigenze finanziarie immediate di Merckle erano decisamente superiori ai 400 milioni.
Merckle era un costruttore di imprese. Ma, evidentemente, non solo, anche se aveva la reputazione di essere un uomo prudente. Come capita a molti imprenditori tedeschi, anche lui speculava in finanza. E lo aveva fatto pesantemente sulle azioni Volkswagen, nei mesi scorsi. Un errore gravissimo. A causa della scalata alla casa automobilistica ad opera della Porsche, i titoli Volkswagen hanno fluttuato in modo straordinario tra ottobre e dicembre. Il risultato è che Merckle ha registrato perdite che fonti bancarie indicano nell’ordine delle parecchie centinaia di milioni di euro. Un fatto che ha aperto la crisi e ha spinto le banche a chiedere all’imprenditore il rientro dai debiti. In un primo momento, Merckle aveva chiesto l’aiuto pubblico, in particolare del land del Baden- Württemberg nel quale il gruppo ha sede. Ma, di questi tempi, l’idea che un imprenditore venga salvato con i soldi dei cittadini è vista malissimo in Germania, soprattutto se l’uomo d’affari ha effettuato speculazioni finanziarie. La stampa non era stata tenera. «Il miliardario con le tasche vuote», aveva titolato la Süddeutsche Zeitung. «Merckle, lo scommettitore di miliardi, sarà salvato dallo Stato?» domandava il Südkurier. Alla fine, Merckle aveva rinunciato all’aiuto pubblico e aveva provato a trattare con le banche.
Il suicidio ora complica il tentativo di salvataggio del gruppo. «Alcuni investitori temono che non ci sia nessuno a guidare i negoziati durante questa situazione delicata» ha detto ieri un operatore della Borsa di Francoforte all’agenzia d’informazione Reuters. Con rischi per il patrimonio della famiglia ma anche per i centomila dipendenti delle aziende controllate dai Merckle.
Poveri e ricchi uniti dal disastro della crisi, insomma. Secondo il settimanale WirtschaftsWoche,
negli ultimi mesi le 20 famiglie più facoltose della Germania hanno visto crollare il valore dei loro patrimoni in media del 30 per cento. I Quandt che controllano la Bmw, per dire, avrebbero dimezzato la loro ricchezza. E, ora, un suicidio. Brutto inizio, questo 2009.