Le tre carte di Zaia: latte, pirati e vini di Luigi Chiarello, Italia0ggi, 7/1/2009, pag. 11, 7 gennaio 2009
LE TRE CARTE DI ZAIA: LATTE, PIRATI E VINI
Non si può certo dire che siano stati sette mesi in un oceano di tranquillità quelli che il ministro alle politiche agricole, Luca Zaia, ha vissuto da quando a messo piede nello studiolo di via XX settembre, che fu anche del conte di Cavour (nel 1850 Camillo Benso fu ministro del regno d’Italia per l’agricoltura, in seno al gabinetto d’Azeglio). Tra scandali alimentari, dossier ad altissima tensione, un’agenda fitta di riforme sensibili, tempeste speculative mondiali sui cereali e l’ombra di una recessione monstre alle porte, il primo ministro leghista dell’agricoltura d’Italia, ha dovuto compiere non pochi slalom per schivare i colpi riservati dal suo mandato di governo. Senza però rinunciare a condurre in quel di Bruxelles una serie di assalti all’arma bianca a difesa dell’alimentare italico. Una strategia «celodurista» e poco incline al compromesso con gli uffici comunitari, che ha raggiunto il suo picco sul dossier quote latte. E che oggi continua con la inaugurata tolleranza zero nella lotta contro i pirati del cibo. Una guerra aperta, che Zaia ha dichiarato il 24 settembre scorso, quando ha annunciato l’istituzione di una task force per la sicurezza alimentare e il varo di un ddl con pene più severe per i truffatori. Ma andiamo con ordine, soffermandoci sulle riforme e sui principali avvenimenti che hanno toccato l’agricoltura italiana (e i suoi interessi) tra maggio a dicembre 2008.
IL VINO TRA LE RIFORME
Il 16 giugno, a Verona, Zaia ha inaugurato il 31° congresso mondiale della vigna e del vino. Un evento storico per il Belpaese, visto che questo appuntamento mancava in Italia da 21 anni. Il 4 agosto il ministero delle politiche agricole diceva sì al confezionamento di alcuni vini Doc in contenitori alternativi al vetro (bag in box). Il 25 settembre spariva, invece, definitivamente il Tocai friulano. Dopo anni di battaglie legali, Zaia firmava un decreto, di blocco della denominazione. Al suo posto, sarà consentito utilizzare solo la denominazione «Friulano» per il vino prodotto in Friuli Venezia Giulia e «Tai» per il vino prodotto in Veneto. Dulcis in fundo: il due ottobre l’Unione europea approvava il piano di aiuti per l’Ocm vino. Sul piatto finanziamenti per 1,84 mld di euro. Si comincia con 238.223.000 euro per il 2009 e 298.263.000 euro per il 2010.
AGOGNATE QUOTE LATTE
Altro giro, altra corsa. Il 20 novembre scorso, dopo 24 anni, l’Italia ha finalmente chiuso il problema delle quote latte. Il consiglio dei ministri Ue dell’agricoltura ha raggiunto l’accordo sulla revisione della Politica agricola comune. E nel compromesso c’è l’intesa per un aumento immediato della quota italiana di produzione del 5% (più un ulteriore 1% dovuto alla rivisitazione del metodo di calcolo della materia grassa). L’Italia potrà usufruire da aprile 2009 di un incremento di circa 620 mila tonnellate, per un valore di mercato annuo di circa 240 mln di euro. Se, da un lato l’accordo dovrebbe scongiurare altri blocchi da parte dei Cobas del latte - anche perchè una noticina al testo prevede che il surplus di quote sia assegnato a partire dalle aziende che sforavano la quota e beccavano le multe- dall’altro l’intesa già incide al ribasso sul prezzo del latte. Con riflessi sulla redditività degli allevatori.
ETICHETTA MON AMOUR
La battaglia per l’etichettatura globale del made in Italy inizia dall’olio d’oliva. Stimolata dalla campagna acquisti, che colossi stranieri dell’agroalimentare hanno condotto nel Belpaese, assicurandosi negli anni la proprietà di grandi marchi. Così, per evitare che il consumatore scambi per olio italiano l’olio che suona come italiano, a giugno il comitato di gestione dell’olio d’oliva esamina (dietro richiesta italiana) la proposta della commissione Ue di rendere obbligatoria in etichetta l’indicazione d’origine per vergine ed extravergine. Poi la singolar tenzone si sposta in Italia. Il 31 ottobre il governo vara un decreto legge per il rilancio della competitività dell’agroalimentare, che prevede, tra le altre cose, anche un credito d’imposta fino al 50% delle spese per la promozione all’estero dei prodotti made in Italy. Il 18 novembre, il parlamento da via libera a una legge contenente nuove regole sull’etichettatura: si prevede l’indicazione obbligatoria dell’origine dei prodotti alimentari per tutti i prodotti venduti in Italia, nei casi in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore su origine o provenienza del cibo. L’obbligo si declina così: per i prodotti non trasformati, dovrà essere indicato luogo di origine o provenienza ed eventualmente zona di produzione del prodotto. Per i trasformati l’indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale o il luogo di origine della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione dei prodotti. Un compromesso che salva capre e cavoli. O nessuno dei due, visto che l’industria potrà continuare a vendere come italiani prodotti agricoli che hanno subito solo l’ultima lavorazione in Italia. In ogni caso, un fatto è certo: la battaglia autarchica di Zaia continuerà se è vero come è vero che il ministro ha esultato per aver «sconfitto l’ananas», una volta visti i risultati dello sciopero che lui stesso ha promosso a ridosso di Natale: -25 per cento di import nel 2008.
Non passa lo straniero, zum zum...