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 2009  gennaio 07 Mercoledì calendario

LIBERAZIONE 2008: ABBIAMO QUINTUPLICATO LA DIFFUSIONE

La maggioranza del Prc ha deciso di cambiare il direttore di Liberazione . Ha convocato una riunione di direzione, che si svolgerà lunedì prossimo, e ha annunciato che in quella sede sfiducerà il direttore attuale e nominerà i nuovi direttori. Sono abbastanza orgoglioso del plurale: l’idea che per sostituirmi ci si devono mettere almeno in due, ammetterete, è una bella soddisfazione...
Vedremo come andrà questa riunione di Direzione. Non abbiamo molto da dire sul merito della decisione. I proprietari, secondo la legge, sono padroni di fare quello che vogliono. E lo fanno coi mezzi che ritengono giusti e adeguati. Compreso - come è successo nel nostro caso - la destituzione senza motivi di un intero consiglio di amministrazione (è un caso unico nella storia dell’editoria) decisa con una manciata di voti di maggioranza.
Per quel che ci riguarda, ci limitiamo a presentare un bilancio sull’anno che si chiude. Sappiamo che oggi Liberazione è un buon giornale, autorevole, che gode di una notevole considerazione, che pesa nel mondo politico, sappiamo che è una delle poche cose di prestigio restate a sinistra, che ha un’ottima redazione, molti collaboratori di qualità, moltissime idee, ha capacità di pensiero, di battaglia e di informazione. E questo è il frutto di molti anni di lavoro, guidato da diversi direttori tra i quali citiamo solo i due più importanti: Lucio Manisco, che lo ha guidato ai primi passi, e il grande Sandro Curzi.
Ora però parliamo del 2008, che, in Italia, è stato l’ annus horribilis della sinistra. In questo annus horribilis , Liberazione , per fortuna, ha resistito. Ha qualche acciacco economico, ma le vendite reggono e la diffusione è enormemente aumentata. Nel 2008 abbiamo venduto in edicola più o meno le stesse copie del 2007 (risultato francamente clamoroso, visto che tutti gli altri giornali hanno perso copie e visto che il partito di riferimento, e cioè il Prc, è stato ridotto ai minimi termini).
Ma il risultato eccezionale lo abbiamo realizzato fuori dalle edicole. Perché nel corso di questo anno appena concluso, Liberazione ha introdotto due novità che hanno quintuplicato la sua influenza. Innanzitutto mettendo on-line il giornale sin dal mattino (è l’unico giornale italiano che lo fa) e in questo modo acquistando alcune decine di migliaia di lettori al giorno su internet (più di quelli che lo comprano in edicola). E poi con la free-press, che è stato un esperimento straordinario e di grande successo. La free-press è l’edizione pomeridiana di Liberazione , che produciamo da marzo, e distribuiamo in 100 mila copie al giorno tra Roma e Milano. Ne abbiamo realizzati circa 120 numeri (dal lunedì al giovedì con interruzione estiva) diffondendone più o meno 12 milioni di copie. Questo vuol dire che il giornale quest’anno ha distribuito circa 15 milioni di copie, contro i tre milioni di copie degli anni ruggenti, cioè dei primi anni del decennio, quando i giornali (e i partiti di sinistra) andavano a gonfie vele. Quintuplicare la propria diffusione in anni di crisi nera non è un cattivo risultato (senza tenere conto delle decine di migliaia di lettori via internet) e credo che sia il segreto del forte aumento della nostra influenza nella vita politica.
Queste cifre ve le abbiamo fornite anche per por fine alle continue polemiche sulla crisi di Liberazione , alimentate da molte parti e che oltretutto producono danni economici notevoli al giornale, che noi vorremmo fermare. Danni, perché si rende più difficile la raccolta della pubblicità e danni perché le voci offrono alimento alle campagne di boicottaggio del giornale. Talvolta a fornire cifre disastrose su Liberazione sono addirittura i dirigenti del partito. E questo non va bene, ed è anche abbastanza paradossale. Io sono molto vicino al partito e alle sue difficoltà politiche ed elettorali, però penso che in ogni polemica, anche nelle polemiche interne, bisognerebbe mantenere il senso della misura e della realtà. Voglio dire: stiamo ai dati certi. Per esempio ai risultati elettorali più recenti, quelli dell’Abruzzo. Il Prc passa dai 36.000 voti del 2005 ai 15.000 voti raccolti alle regionali di dicembre. Perde circa il 60 per cento del suo elettorato. Liberazione nello stesso periodo perde il 22 per cento in edicola e in compenso guadagna il 400 per cento con la diffusione della free-press. E’ ragionevole che il partito rimproveri a Liberazione un cattivo risultato? Vedete un po’ voi…
Detto questo, non possiamo nasconderci che un problema c’è ed è drammatico. Il problema economico. Liberazione è sempre costata al partito una cifra che oscillava tra il milione e i due milioni di euro. Cifra considerata ragionevole per sostenere un giornale che comunque offriva molta visibilità al Prc e stimolava il suo dibattito e la sua crescita culturale e politica. Quest’anno i dati economici sono peggiorati. E’ vero che Liberazione ha aumentato il suo peso politico, ma sono lievitati anche i costi per il partito (arrivando ai due milioni e mezzo). E’ lievitato il costo del lavoro, è sceso il finanziamento pubblico, sono aumentate le tasse e i costi industriali. E per di più questo è accaduto mentre il partito - per via dell’insuccesso elettorale - ha visto ridursi notevolmente le risorse economiche a sua disposizione. Per questo urge un piano di ristrutturazione e di risanamento economico del giornale, e poi anche di rilancio. Il Prc non può più pagarsi il giornale.
Abbiamo preparato in effetti un piano di ristrutturazione, insieme al vecchio consiglio di amministrazione (deposto il 30 dicembre per decisione, non molto motivata, del Prc) e insieme al presidente Sergio Bellucci. E’ un piano che prevede il pareggio in 12 mesi. Attraverso una riduzione del costo del lavoro e dei costi industriali. E che prevede poi una serie di iniziative di rilancio che permettano, in due anni, il superamento della crisi e il riassorbimento delle casse integrazione. Il piano, per ragioni ancora non precisate, non è piaciuto alla maggioranza del Prc, che lo ha bocciato e ha prospettato l’idea di affidarsi ad un editore esterno, che però - a giudizio nostro e del sindacato nazionale giornalisti - non dà garanzie. L’editore in questione ha detto di essere interessato a Liberazione perché ha un piccolo deficit e un grande finanziamento pubblico (dunque questa tesi del deficit insopportabile un po’ si smonta da sola…). Che fare per uscire dall’impasse? Credo che la cosa più ragionevole sarebbe quella di tornare sulle proprie decisioni, approvare il piano di ristrutturazione e iniziare la trattativa coi sindacati. Qualunque altra soluzione assomiglia molto più a un suicidio che ad altro. Ci sono ancora quattro o cinque giorni per ragionare. Possono essere sufficienti.