Antonella Baccaro, Corriere della Sera 7/1/2009, 7 gennaio 2009
PEZZI SU ALITALIA ALLA VIGILIA DELLA DECISIONE IN FAVORE DI AIR FRANCE
ROMA – A due giorni dalla probabile chiusura dell’alleanza tra la nuova Alitalia e Air France-Klm, sarà difficile che l’incontro di oggi tra il premier Silvio Berlusconi e il leader del Carroccio, Umberto Bossi, possa spostare la scelta su Lufthansa. Sarà più facile che si cerchi un accordo sulla liberalizzazione dei diritti di traffico a Malpensa o sulla tratta Linate-Roma, temi peraltro molto più cari alla compagnia tedesca dello stesso acquisto di Alitalia. Ma di che si tratta? Un vettore che oggi volesse operare da Malpensa potrebbe subito farlo senza restrizioni su alcune tratte: quelle interne, quelle comunitarie e quelle per il Nord America, grazie al recente accordo «cieli aperti».
Su tutte le altre rotte, in sostanza quelle orientali e sudamericane, un vettore diverso da Alitalia potrebbe volare da Malpensa solo se gli accordi bilaterali stretti dal governo italiano con ciascuno dei Paesi in questione lo consentissero. Il fatto è che ci sono Paesi, come Algeria, Argentina, Brasile, Emirati, Giappone, Iran, che hanno concesso a qualsiasi vettore in partenza dall’Italia di operare, ma solo con un certo numero di voli settimanali (frequenze) che Alitalia spesso ha già impegnato con partenza da Fiumicino. Dunque a una compagnia che volesse operare da qualsiasi altro scalo italiano servirebbe che gli Stati rivedessero gli accordi, aumentando le frequenze. Ci sono poi Paesi come il Libano e la Tunisia che hanno concesso di operare collegamenti solo a un vettore in partenza dall’Italia: Alitalia. Anche qui occorrerebbe una modifica, così come servirebbe intervenire su quegli accordi in cui le restrizioni riguardano sia il vettore (Alitalia) che il numero di frequenze: è il caso di Egitto, Israele, Libia, Nigeria, Russia, Siria e Venezuela. C’è infine un certo numero di Paesi che consente collegamenti a qualsiasi vettore ma solo da Roma: Bangladesh, Corea del Sud, Malesia, Moldova.
La richiesta lombarda è di rivedere questi accordi. Un’operazione che il governo può impegnarsi a fare ma che comporta tempi lunghi e, naturalmente, il consenso dell’altro Paese: «Nel frattempo – spiega il presidente dell’Enac (ente aviazione civile) Vito Riggio – abbiamo concesso permessi provvisori a tutte le compagnie che ci hanno richiesto di atterrare su Malpensa, come quelle degli Emirati e della Corea del Sud». Ma spesso i vettori hanno bisogno di garanzie più a lungo termine per decidere di investire su un nuovo scalo. Le rotte che i lombardi vorrebbero vedere liberate sono soprattutto quelle più ricche per la Russia, il Giappone, l’Argentina, il Brasile e il Venezuela. Ma c’è un problema: alcuni Paesi, come Russia e Brasile, si rifiutano di cambiare gli accordi vigenti perché dovrebbero accettare la clausola comunitaria che consentirebbe a qualsiasi vettore europeo operante dall’Italia, e non solo a quello da loro prescelto, di operare nel loro Paese.
Ma la richiesta più insidiosa avanzata dal fronte del Nord è quella di fare entrare altri vettori sulla tratta Linate- Roma. Oggi non è possibile perché tutti gli slot (fasce orarie) sono occupati da Alitalia e Air One. Il governo non può fare nulla per liberarli. L’unico intervento possibile avrebbe potuto essere quello dell’Antitrust, i cui poteri sono stati però congelati per i prossimi 3 anni da un decreto dell’attuale esecutivo.
Antonella Baccaro
ROMA – «Nessuno dimentichi che la nuova Alitalia l’ho messa insieme io». Dal timbro della voce s’intuisce che Silvio Berlusconi non vuole solo riaffermare la paternità di una operazione politica e industriale che «evitò la svendita di un asset strategico agli stranieri», ma vuole anche far capire all’«amico Umberto» Bossi che «il presidente del Consiglio è impegnato a garantire in questa vicenda gli interessi del Paese. E dunque anche quelli del Nord».
Non c’è dubbio che l’offensiva mediatica del Senatùr lo abbia infastidito, sebbene il Cavaliere ripeta a più riprese che con il leader della Lega «va tutto bene». Il fatto è che non gli sono piaciute le mosse del Carroccio, il clamore degli ultimi giorni attorno al caso Malpensa, quel vertice di lunedì convocato per difendere lo scalo lombardo e il Nord, come a volersi intestare l’esclusività della battaglia.
D’accordo, con Bossi andrà pure «tutto bene», però Berlusconi non l’ha presa bene. Erano altri, infatti, gli accordi che la Lega si era impegnata a rispettare: su Alitalia c’era «la consegna del silenzio», perciò il premier era rimasto zitto, perché aveva informato l’alleato dell’incontro di oggi a palazzo Chigi con i nuovi vertici della compagnia aerea, in vista dell’intesa con il partner straniero.
Siccome il patto è stato infranto, Berlusconi esce allo scoperto proprio alla vigilia del rendez vous con Roberto Colaninno, per annunciare che «affronteremo la questione con grande equilibrio»: «Certo, non tocca al governo prendere decisioni sugli assetti della compagnia, dato che Alitalia è una società privata. Ma sarò lì a vigilare nell’interesse del Paese, affinché si arrivi a una soluzione che garantisca il futuro per Fiumicino, per Linate e anche per Malpensa».
E su Malpensa il Cavaliere torna a marcare il timbro della voce, come a volersi rimpossessare di qualcosa che gli è stato tolto: «Malpensa è vitale per il Nord. Ed è ovvio che la parte più produttiva della nazione non può rimanere priva di un aeroporto di dimensioni internazionali. C’è bisogno di dire che il governo è impegnato, che io sono impegnato in tal senso?».
Berlusconi a sentirne la necessità, le sollecitazioni di Bossi lo hanno chiamato in causa: «Non devo essere certo sollecitato perché mi adoperi a difesa degli interessi del Nord». Con il Senatùr saranno alleati, anzi «amici», però è evidente che in politica competition is competition, lo si capisce dal modo in cui il capo del governo riconduce la sortita del Carroccio a «mossa dettata da evidenti motivazioni politiche». Traduzione: è una sfida giocata sul terreno del consenso. Più o meno quel che sosteneva due giorni fa il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli: « la solita Lega di lotta e di governo, che punta a fare il pieno di voti».
Il Cavaliere non intende tuttavia farsi scavalcare nel rapporto con l’elettorato settentrionale, «non può passare l’idea - dice - che ci sia un unico difensore del Nord. Ci mancherebbe. Io tutelo il Nord, come peraltro tutelo tutto il Paese». Il messaggio è indirizzato a Bossi, ma per conoscenza anche al governatore della Lombardia e al sindaco di Milano. Roberto Formigoni e Letizia Moratti, insieme al Senatùr, continuano a tifare per un’intesa Alitalia-Lufthansa in modo da garantire il rilancio degli scali lombardi. Altrimenti, se Az dovesse unirsi ad Air France, vorrebbero che gli slot di Malpensa venissero liberalizzati. Berlusconi prende fiato prima di esprimere la sua posizione: «Ho a cuore le sorti di Linate e di Malpensa e di quanti lavorano in quegli aeroporti. Poi, è scontato che se si liberassero degli slot a Malpensa, gli slot andrebbero riassegnati».
Ed è scontato che finirà così. Nel senso che Berlusconi sa - lo fa capire ma formalmente non lo dice come si concluderà l’affaire: con le nozze tra Roma e Parigi, e con la liberalizzazione dei voli da Malpensa. E siccome anche Bossi lo sa, si spiega l’irritazione di Berlusconi. L’ipotesi Lufthansa non c’è. Come spiegano autorevolissimi rappresentanti del vertice societario di Az, la compagnia tedesca «non ha presentato alcuna offerta scritta», e l’altro ieri ha fatto saltare un appuntamento telefonico che era atteso dall’azienda italiana.
Lufthansa non c’è, basta seguire il ragionamento del premier, chiaramente colpito dalle dichiarazioni di alleati e amministratori locali: «In pubblico e ripetutamente avevo espresso la mia posizione, e avevo auspicato un’intesa tra Alitalia e la società tedesca. L’avevo fatto anche dinanzi alla signora Merkel, non vorrei si dimenticasse».
Insomma sembra già tutto scritto, e oggi l’incontro di palazzo Chigi servirà a chiarire i dettagli della vicenda. Non sono mancati in questi mesi momenti di tensione tra il Cavaliere e il capo di Cai, «Colaninno fa l’imprenditore e lo fa bene», si limita a commentare Berlusconi, che però su un punto tiene ad essere chiaro: «Sull’italianità della compagnia di bandiera mi sono impegnato politicamente davanti al Paese».
un modo per inchiodare i «patrioti» di Cai al loro ruolo e per parare le critiche dell’opposizione, che accusa il governo di aver caricato sulle spalle degli italiani il debito di Az: «Non potevamo restare senza Alitalia, dovevamo tutelare gli interessi del Paese ».
Su Az Berlusconi si è giocato la faccia e non vuole che qualcun altro - si chiamasse pure Bossi - si intesti il risultato. convinto che «Fiumicino, Linate e Malpensa avranno benefici dalla soluzione della vicenda». E al «fronte del Nord» ripete: «Garantisco io». D’altronde nella nuova società Alitalia c’è gran parte di quel mondo imprenditoriale che - come disse a suo tempo anche Marco Tronchetti Provera - riterrebbe «inaccettabile una penalizzazione» di Malpensa: «Sarebbe un danno per il Paese». «Malpensa è vitale per il Nord», conclude Berlusconi, convinto che lo sviluppo del traffico aereo garantirà «un posto di rilievo » allo scalo. Alitalia come Napoli è una scommessa del Cavaliere: «Vincerò anche questa. E con Bossi nessun problema».
Francesco Verderami
LUCIO CILLIS
LUCIO CILLIS
ROMA - Nessun dubbio o ripensamento. Tra poco più di 48 ore Alitalia e Air France-Klm convoleranno a nozze dopo anni di tumultuoso fidanzamento. Per venerdì sono previsti due consigli di amministrazione che daranno il via libera all´ingresso dei francesi nella nuova Alitalia, con una "dote" di 300 milioni, il 25% del capitale e tre consiglieri in cda, che passerà da 15 a 19 membri (e da 7 a 9 il comitato esecutivo). Il passo successivo sarà fatto lunedì prossimo, quando gli asset acquisti dalla vecchia Alitalia commissariata passeranno sotto l´ala della nuova compagnia. Il giorno seguente decollerà il primo volo ufficiale del vettore italo-francese, anche se con un black-out dei voli della durata di 5 o 6 ore. Questo per permettere la definizione e il passaggio tra bad e good company di tutti i diritti di volo, compresi i certificati di operatore aereo rilasciati dall´Enac. Quando la nuova Alitalia sarà operativa, si provvederà a firmare ufficialmente l´accordo con Air France-Klm e a modificare lo statuto e i meccanismi di governance della compagnia.
Il pressing del fronte politico del Nord, con in testa la Lega di Bossi, va però avanti anche se non frena la scelta del presidente della compagnia italiana Roberto Colaninno e dell´ad Rocco Sabelli. Che oggi, nel primo pomeriggio, andranno a Palazzo Chigi con il dossier italo-francese sotto il braccio per mostrarlo in ogni singolo dettaglio ai ministri competenti. In questa sede il governo tenterà probabilmente di giocare la carta di Lufthansa, gradita alla Lega. E Umberto Bossi tenterà l´ultimo affondo col presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, in un incontro a Palazzo Chigi, per costringerlo ad ostacolare la marcia dei francesi.
Ieri al termine di una lunga riunione della segreteria politica del partito del Nord, il presidente dei deputati del Carroccio, Roberto Cota ha ribadito la strategia per cercare di ribaltare la scelta di Alitalia. La Lega, dice Cota, si schiera «in difesa e a sostegno dell´aeroporto di Malpensa come hub internazionale oltre che della occupazione nello scalo». Il partner ideale per Alitalia non può che essere Lufthansa, «l´unica compagnia - secondo la Lega - in grado di garantire occupazione, servizi di livello internazionale e i due hub di Malpensa e Fiumicino». In caso di decisioni industriali diverse Cota annuncia che «il governo non potrà che liberalizzare i diritti di traffico aereo con effetto immediato, garantendo così l´effettiva concorrenza su tutte le tratte, compresa quella Milano-Roma». Ma fonti vicine alla nuova Alitalia ricordano che la disputa tra Roma e Milano in realtà e una lotta tutta milanese tra gli scali di Linate e di Malpensa. Fin quando gli Enti locali lombardi e la Sea, il gestore degli aeroporti, non punteranno tutto su Malpensa comprimendo Linate al ruolo di city airport, Roma resterà l´hub di riferimento per il lungo raggio.
Nel contempo il quadro internazionale peggiora. Secondo i dati della Iata la perdita netta delle compagnie aeree mondiali, nei primi nove mesi del 2008, ha raggiunto i 4 miliardi di dollari.
ALESSANDRO BARBERA (LA STAMPA)
LESSANDRO BARBERA
ROMA
L’ultima parola, se in questa storia c’è ancora un ultima parola da spendere, la metterà oggi un vertice fra il premier e Umberto Bossi. Oggetto: il futuro di Malpensa e l’alleato della nuova Alitalia. La Lega e tutta la lobby del nord (Comune, Provincia e Regione) almeno a parole insistono nel chiedere a Silvio Berlusconi di rovesciare il tavolo con i francesi e di optare d’imperio per Lufthansa che, dicono, farebbe meglio gli interessi dello scalo lombardo. Ma ormai quella bandiera sembra solo un vessillo piantato in Brughiera per ottenere qualcosa per quelle terre. Venerdì, o al più tardi all’inizio della prossima settimana, ci saranno i consigli di amministrazione di Alitalia e di Air France-Klm per dare ai rispettivi vertici il mandato a firmare l’intesa che permetterà a questi ultimi di entrare nella nuova compagnia italiana con il 25% delle quote, tre consiglieri di amministrazione ma nessun potere esecutivo. Se la firma slitterà dopo il decollo del network Alitalia-AirOne, previsto per lunedì prossimo, è perché ci sono ancora molti dettagli nei contratti da mettere a punto.
Tutta la politica, da Bossi in giù, sa benissimo che - a meno di improbabili colpi di scena e di una controfferta dei tedeschi - questo sarà l’esito della tormentata vicenda Alitalia. Ma il prezzo da pagare per Malpensa resta alto, e per questo Bossi, a nome della Sea, chiederà contropartite: altre risorse per gestire la cassa integrazione nello scalo (il governo Prodi aveva già stanziato 300 milioni), la rapida liberalizzazione dei diritti di traffico extraeuropei e spazio per Lufthansa nelle rotte italiane da Malpensa e Linate. «Se non ci sarà l’immediata liberalizzazione delle rotte le conseguenze saranno gravissime» tuona il sottosegretario alle Infrastrutture Roberto Casstelli. Di tutto questo si discuterà in un vertice parallelo che, nel pomeriggio, riunirà a Palazzo Chigi il gran mediatore Gianni Letta, Rocco Sabelli e Roberto Colaninno. Ieri mattina sembrava che l’incontro dovesse essere a cinque, poi si è optato per due vertici separati.
Con Bossi, il Cavaliere dovrà da un lato difendere la scelta degli imprenditori che lui stesso a contribuito a mettere insieme, dall’altra dovrà fare da mediatore per evitare nuove grane con la lobby lombarda. «Non possiamo intervenire sulle scelte strategiche di una società privata», ragionava ieri il premier con chi gli ha parlato. «Certo che però dobbiamo fare di tutto per evitare a Malpensa un ulteriore ridimensionamento». Di fatto, il piano di voli previsto da lunedì su Malpensa e Linate non è molto più penalizzante di quello attuale, ma la lobby non ha ancora digerito il precedente piano Prato, quello che l’anno scorso ha sottratto allo scalo varesino il ruolo di «hub» della compagnia lasciandogli solo tre dei 17 voli intercontinentali che decollavano da quell’aeroporto. Un assetto di voli che, a detta di tutti gli esperti, per via della sovrapposizione con Linate, faceva perdere ad Alitalia 200 milioni di euro all’anno.
INTERVISTA A VITO RIGGIO
«Quali che siano le scelte della nuova compagnia, Alitalia deve confermare una sua presenza non simbolica», avverte il presidente della Commissione trasporti della Camera Mario Valducci. Non è da escludere che il premier chieda a Sabelli e Colaninno di ritoccare in qualche modo il piano di voli entro la stagione estiva. Ma occorre capire se l’alleato prescelto, ovvero Air France-Klm, sarà eventualmente dello stesso avviso. E soprattutto se il Cavaliere, dopo tanto penare, abbia voglia di aprire un altro fronte con la lobby romana che ha nuovamente alzato la voce un minuto dopo i milanesi: «pensare che Fiumicino possa cedere il passo a Malpensa è una follia», dice il sindaco Gianni Alemanno, anche perché «dobbiamo dare a Fiumicino quel che è di Fiumicino», aggiunge il presidente della Regione Piero Marrazzo. Il premier sa che se saltasse tutto all’ultimo momento per via dei campanili, la vicenda Alitalia ripeterebbe uno stanco copione.
Tenta di restare nei limiti del ruolo, che è quello di presidente dell’Enac, l’ente che concretamente rinegozia gli accordi bilaterali extraeuropei di cui tanto si parla in queste ore. Ma poiché l’uomo è sanguigno, ad un certo punto sbotta, e per un minuto torna sullo scranno da deputato. «Lo vogliamo dire una volta per tutte cos’è Malpensa? Malpensa è un aeroporto pub-bli-co, nel quale lo Stato ha investito due miliardi, dicasi due miliardi di euro».
Dunque, presidente Riggio?
«Questa polemica mi ha stufato. Ma le pare che non è interesse del governo difendere gli interessi di quell’aeroporto? Il punto è che la storia ha voluto che venisse costruito troppo vicino ad altri due scali, per di più gestiti dallo stesso soggetto: Linate e Orio al Serio. Puntare su Malpensa non è difficile solo per Alitalia, ma per qualunque compagnia. Purtroppo, aggiungo».
La Sea dice di non essere orfana di Alitalia, ma chiede almeno la rinegoziazione degli accordi bilaterali per permettere alle compagnie extracomunitarie di atterrare a Malpensa.
«Basta. Metterò sul sito tutte le richieste pervenute all’Enac, così dimostriamo che i cassetti sono vuoti: tutte le compagnie che hanno fatto richiesta hanno avuto l’autorizzazione. Nell’ultimo anno abbiamo rinegoziato gli accordi con Israele, abbiamo concesso licenze temporanee ad Emirates, Korean, Malaysian».
La Sea dice appunto che si tratta di accordi temporanei, e che per aumentare le potenzialità di Malpensa è necessario rivederli in via definitiva.
«E’ una tesi speciosa. Alla Sea sanno benissimo che alcuni dei Paesi di cui parlano non vogliono rinegoziare nulla perché non vogliono l’applicazione della clausola comunitaria che li obbligherebbe a far atterrare, nei limiti dell’accordo, qualunque compagnia straniera».
Di quali Paesi sta parlando?
«Sicuramente Brasile, Russia, Argentina, Venezuela e Corea. Siamo così decisi ad aiutare Malpensa che per accontentare Korean abbiamo autorizzato la licenza contro la volontà del governo di Seul».
C’è una lista di 26 Paesi. Giappone, Hong Kong, Taiwan, Siria, Tunisia, Bahrain...
«Non possiamo riscrivere gli accordi con uno schioccare di dita. Come dice la parola stessa, si tratta di accordi bilaterali. Bisogna essere d’accordo in due, e ci vuole la mediazione della Farnesina. Ci vuole tempo. Mi citava Taiwan? Lo sanno alla Sea che non è riconosciuta dalla Cina? Se poi, ma non è compito mio, la politica ha una soluzione in mano, vada in Parlamento e legiferi».
Il fronte del Nord evidentemente teme che lei e il governo sarete indotti a fare gli interessi della nuova Alitalia, difendendo il suo portafoglio di diritti di traffico. L’anno scorso, con i francesi, scoppiò una polemica su un documento che lei firmò e che li elencava.
«Non posso escludere che un documento del genere mi chieda di firmarlo anche Cai. Ma non significa nulla: i diritti di traffico sulle rotte regolate da accordi bilaterali sono di Alitalia se Alitalia li esercita. Altrimenti io sono tenuto ad assegnarli a chi me li chiede. Ho una direttiva del ministro dei Trasporti Matteoli che mi invita a farlo, anche se questo danneggiasse gli interessi di Alitalia. Lo sto facendo anche sulle tratte nazionali: l’altro giorno ho ceduto una slot di Alitalia su Bari, che in teoria dovrebbe rimanere sua fino alla fine della prossima stagione».
Che ne pensa della legge regionale che darebbe alla Regione Lombardia il potere di dare parere sugli slot lombardi?
«Spero che la Corte costituzionale la bocci. Se l’assegnazione degli slot andasse alle Regioni sarebbe il caos. Semmai occorre rivedere il sistema di assegnazioni gratuite nel mercato europeo. Gli slot dovrebbero avere un prezzo, e dovrebbe variare a seconda delle fasce orarie. La Commissione europea sta lavorando in questo senso». /