Immigrati, la crisi spinge i rientri di Rita Fatiguso, Il Sole 24 Ore, 6/1/2009, pag. 15, 6 gennaio 2009
IMMIGRATI, LA CRISI SPINGE I RIENTRI
Sfuggono ai radar delle statistiche, eppure stanno ridisegnando la mappa delle rotte migratorie che incrociano l’Italia. I rientri a casa degli immigrati sono già una realtà: la crisi smorza le certezze, accelera il timing dei ritorni pianificati, la Terra Promessa si allontana.
Il Sole 24 Ore ha consultato reti consolari, antenne locali, addetti ai lavori transnazionali per intercettare le mosse delle comunità radicate più di recente. Perché se la più fosca delle profezie si avverasse - oltre un milione di disoccupati in più a febbraio sul 2008 ”
per oltre un quarto sarebbero stranieri, almeno 300mila, escluso il sommerso.
Circa il 25% degli interinali o dei lavoratori flessibili è extracomunitario o neocomunitario, in
testa rumeni(67% del totale), polacchi, senegalesi, marocchini, cinesi. Specchio dei 3,5 milioni di stranieri residenti (Caritas, 2007), guidati dalle comunità rumene, albanesi, marocchine, cinesi, ucraine. Tra settembre e ottobre il 10% degli interinali ha già iniziato a non trovare più rapida collocazione. «Tre miliardi di euro di fondi europei per la Romania nel 2009 – commenta Alessio Menegazzo segretario della Camera di Commercio Italo-Rumena – sono una potente calamita per i rientri, più delle deludenti borse lavoro attivate a Roma e Torino». Così i rumeni lasciano Portogallo e Spagna, flagellate dalla disoccupazione (specie in edilizia) ma anche l’Italia, dove rispunta (al pari della Polonia, sia con l’Italia sia con la Germania) il pendolarismo. Jesùs Migall òn Sanz gira l’Europa per conto di Cidalia, società che per conto della Senami, l’ufficio migranti del Governo dell’Ecuador, censisce le reti migratorie. «Sono 600mila immigrati, tra Spagna e Italia,ma solo un migliaio ha siglato il Plan retorno del Governo Correa», rivela Migallòn Sanz. «Ancor meno, poche centinaia, i marocchini che hanno aderito al piano del Governo spagnolo per riportarsi a casa i contributi». Morale: gli immigrati tornano a casa, pressati dalla crisi: in Andalusia 15mila spagnoli si battono per un posto da raccoglitore di olive con duemila nordafricani. L’offerta di posti selezionati all’estero crolla in un anno da 15mila a 900nel 2008. I migranti ecuadoregni fanno tappa dai parenti italiani, per poi tornare a casa. Dice Angel, un posto fisso in un’azienda di pulizie a Milano e un sogno (naufragato) di mettersi in proprio con il fratello: «Troppa burocrazia, venderemo il furgoncino. A Machala abbiamo ottenuto la licenza per vendere superalcolici. Del mio stipendio qui mi restano in tasca appena 400 euro». L’esercito di badanti in fila per "riagganciare" la regolarizzazione potrebbe perder pezzi. «Alcune mie amiche sono rimaste a terra – dice Olga, ex maestra, dalla Moldova al Cpt di San Foca, a Lecce, badante per otto anni – le famiglie non possono più permettersi aiuti esterni». Olga è tornata a Chishinau in estate, nella nuova casa ancora da intonacare e si augura che la figlia, cameriera, faccia altrettanto. Stefano De Leo, nuovo ambasciatore italiano in Moldova, l’80% del Pil fatto di rimesse, puntualizza: «L’Italia, come la Romania e la Spagna, non è più la Terra promessa. Però tornano in Moldova anche dalla Russia, ricomincia il traffico transfrontaliero con la Romania». «Vista da qui, è un bene, le famiglie si ricompongono – aggiunge Pino Benedetto, studio da commercialista nella capitale, ma la frenata delle rimesse rischia di essere un problema». Basta bussare alle porte dei distretti italiani per cogliere il cambiamento. Carlo Scatturin, amministratore di Yous.it, agenzia specializzata nel Nord Est, ammette: «Alcuni distretti sono in sofferenza, e il legame tra comunità e attività, tipo la concia di Vicenza e gli immigrati dal Bangladesh è problematico. Ma la fame di figure specializzate resta». «Bisogna tener presente il progetto migratorio personale – avverte Alessandro Ramazza, presidente di Obiettivo Lavoro – abbiamo elaborato strategie per l’Est Europa, un Laboratorio appena premiato a livello europeo, in cui la gestione delle migrazioni è inserita come responsabilità sociale d’impresa. In concreto, però, a decidere sono le persone».
Non c’è da meravigliarsi, allora, se i filippini (120mila in Italia, quindicesima tra le varie destinazioni), non tornano, nonostante gli sforzi dell’Agenzia governativa che ha creato dieci milioni di posti. Un lavoro scadente a casa propria: ecco la vera, bruciante, sconfitta.