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 2009  gennaio 06 Martedì calendario

Tommaso Farina (Libero 06/01/2009) Astici vivi nel ghiaccio, ristoratore a processo. Mettere gli astici vivi su un letto di ghiaccio al ristorante potrebbe configurarsi come maltrattamento di animali

Tommaso Farina (Libero 06/01/2009) Astici vivi nel ghiaccio, ristoratore a processo. Mettere gli astici vivi su un letto di ghiaccio al ristorante potrebbe configurarsi come maltrattamento di animali. O almeno, così deciderà il Tribunale milanese. Un pubblico ministero di Milano infatti ha deciso di mandare a processo una coppia di ristoratori, che nel loro locale non lontano dal Duomo tenevano su un letto di ghiaccio gli astici vivi da utilizzare in cucina. Un trattamento che, secondo il pm, è equiparabile a una sevizia. la prima volta in Italia che un caso del genere arriva al dibattimento in aula. Tutto accadde il 20 novembre 2007: i Nas, in uno dei loro controlli di rito, scoprirono gli astici sopra il ghiaccio. Giulio Benedetti, il pubblico ministero che ha firmato la citazione a giudizio, ha contestato ai ristoratori alcune irregolarità nella conservazione di alcuni alimenti, tra cui varie forme di pane. E fin qui niente di strano. A un certo punto, però, l’appunto inaspettato: maltrattamento di animali. Gli animali sarebbero gli astici serviti ai clienti. In che cosa consisteva il maltrattamento degli astici? semplice: il patron del ristorante li teneva vivi (perché un astice, da sempre, si cucina vivo) su del ghiaccio. Un comportamento che, come dice Benedetti nel capo d’imputazione, è quasi paragonabile a una «sevizia», comportando per i crostacei «fatiche insopportabili per le [...] caratteristiche etologiche». E non è tutto: la faccenda sarebbe più grave, in quanto da tale comportamento sarebbe derivata «la morte degli astici». Il legale del ristoratore ha annunciato che si difenderà dimostrando proprio l’opposto: «Sosterremo che il ghiaccio ha due funzioni: non solo quella di conservare, ma anche quello di anestetizzare e, quindi, ammesso che gli astici siano in grado di percepire la sofferenza, di lenirla». In poche parole: se è vero che un astice soffre nell’essere bollito vivo, il ghiaccio contribuisce almeno in parte a fare da anestesia, e a farlo dunque morire in maniera meno dolorosa. Paradossalmente, sarebbe un comportamento più rispettoso, secondo il difensore. Come che sia, toccherà al tribunale decidere se il metodo di conservazione sia stato idoneo oppure sia da inserire nell’elenco dei maltrattamenti. Negli ambienti culinari la notizia provoca stupore. Il critico gastronomico Edoardo Raspelli assicura: «Non farei male a una mosca, l’unico animale che uccido è la zanzara. Tuttavia, per esperienza personale, so che è prassi ”addormentare” astici e aragoste sul ghiaccio prima di cuocerli. La morte per assideramento, ahinoi, è una delle più dolci che ci siano, anche per gli animali, ed è meno scioccante della bollitura improvvisa». Anche il grande chef milanese Claudio Sadler è stupito: «Non mi pronuncio. Mi sembra un caso assurdo. Di solito, comunque, quando cucino gli astici non li metto sul ghiaccio, ma solo perché uso particolari sistemi per cucinarli». Molto duro Alfredo Zini, ristoratore e presidente dei ristoratori dell’Epam di Milano: «Mi pare veramente una faccenda kafkiana. Anche le pescherie ci portano gli astici sul ghiaccio: chiudiamo le pescherie allora? Il punto è un altro: una volta si colpisce il ristoratore se bolle vivo l’astice, e un’altra se lo addormenta col ghiaccio? Come si deve dunque comportare un ristoratore che voglia cucinare astice per la clientela?».