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 2009  gennaio 04 Domenica calendario

IL CONTINENTE CHE SA LEGGERE

Probabilmente non arriverà nelle mani di molti lettori. E sarà un peccato. Ma si capisce: è uno studio serio, complesso e sostanzioso (1600 pagine!), per quanto di grandissima leggibilità. Si tratta di quel classico libro che dà lustro a un editore – che probabilmente lo pubblica sapendo di non guadagnarci, se non proprio di perderci – ma che ne rafforza e, in qualche modo, caratterizza il catalogo per lungo tempo. Stiamo parlando di un saggio che già nel presentare l’edizione inglese avevamo definito «fondamentale»: La cultura degli Europei di Donald Sassoon.
Non possiamo che ribadire. Intanto per l’incredibile mole di dati, aneddoti e analisi che il professore propone; ma non meno per l’affabilità con la quale spiega numeri e ragionamenti. Ciò che più colpisce è che il volume smentisce tutta una serie di luoghi comuni nei quali ci si imbatte ogni qualvolta si sente parlare di industria culturale. Scrittori, editori, musicisti, operatori teatrali, produttori cinematografici: l’intero spettro culturale, intrecciato con una sempre vigile analisi economica del momento e della localizzazione geografica, è radiografato da Sassoon con pazienza e rigore. E se ritornano spesso fenomeni che noi crediamo tipici dei tempi nostri (per esempio, in campo editoriale, la caccia al bestseller), si ha la netta sensazione che, finora, e soprattutto grazie alla spinta del Vecchio Continente, la cultura non ha fatto altro che rafforzarsi e aumentare di ruolo e valore, aprendosi sempre più a strati di popolazione ai quali era in precedenza preclusa. E per farlo i più intelligenti produttori di cultura hanno quasi sempre insistito tentando di "allargare il mercato": cioè andando incontro ai gusti di massa, tutelando comunque, allo stesso tempo, le élite intellettuali: un legame – ovviamente – contestato con ribrezzo dai più colti.
Che però, in molti casi (tipico quello dell’industria editoriale e letteraria), straparlano della questione senza avere cognizione dell’oggetto del discorso. Perché, spesso, non si curano di verificare le loro affermazioni con i dati: cosa che Sassoon, da storico, più che antropologo, non fa che confermare continuamente, con tabelle, grafici e altro.
Esemplare, tra i mille esempi da fare, la storia di Louis Hachette: alla sua morte (1864), straricco, era il più grande editore di Francia. Capitalista vero, con tutti i difetti del caso: trafficava con il governo, si faceva arrivare commesse, spadroneggiò nel campo della scuola. Era arrivato a quella posizione partendo da un Dizionario Greco-Francese. Ci vollero 12 anni perché l’autore, Charles Alexandre (al quale pagò, a rate, un anticipo formidabile: 6200 franchi) glielo consegnasse, ma fu adottato e ristampato per le scuole per successivi 75 anni dalla pubblicazione (1841)! Quando decise di entrare nella narrativa, si impegnò perché le sue opere circolassero effettivamente. Inventò il «romanzo da treno» e strinse accordi con le ferrovie francesi per piazzare sue librerie nelle stazioni. Una cosa analoga l’aveva fatta qualche anno prima (1848), in Inghilterra, un libraio di Londra: William Henry Smith. Nel 2008, WH Smith continua a dominare il commercio di libri e giornali nelle stazioni ferroviarie inglesi, Hachette (oggi di proprietà del gruppo Lagardère) si avvia a diventare il più grande editore di libri del mondo...