Federico Fubini, Corriere della Sera 4/1/2009, pagina 23, 4 gennaio 2009
Corriere della Sera, domenica 4 gennaio2009 il volto del potere cinese del ventunesimo secolo, detestato dai blogger in patria e corteggiato nel mondo per le stesse ragioni: il suo portafoglio da 200 miliardi di dollari, le partecipazioni in alcune delle icone di Wall Street, l’identificazione con il partito a Pechino
Corriere della Sera, domenica 4 gennaio2009 il volto del potere cinese del ventunesimo secolo, detestato dai blogger in patria e corteggiato nel mondo per le stesse ragioni: il suo portafoglio da 200 miliardi di dollari, le partecipazioni in alcune delle icone di Wall Street, l’identificazione con il partito a Pechino. l’uomo che un mese fa ha minacciato l’America con il sorriso sulle labbra: «Siate carini con chi vi presta i soldi». Gao Xiqing, 55 anni, presidente e capo degli investimenti di China Investment Corp., il fondo sovrano di Pechino, ha vissuto un solo passaggio che oggi preferisce non ricordare. Certo non lo fa nella sua biografia ufficiale, ricca di aneddoti sul padre ufficiale dell’Armata Rossa nella Lunga Marcia o sugli studi negli Stati Uniti: sintesi perfetta del leader cinese di oggi. No: la «macchia», Gao l’ha lasciata su un numero del «New York Times» di vent’anni fa. il maggio di Tienanmen. Sheryl Wudunn, inviata del giornale, segue passo passo l’unico manifestante sulla piazza che parla davvero l’inglese. La giornalista ne racconta la vicenda: è l’altra vita, oggi rimossa, del finanziere di regime che oggi cerca le risposte alla crisi bancaria nei motti di Deng Xiaoping, il responsabile ultimo della strage di Tienanmen. Allora Gao era su un’altra strada. Qualcosa a metà fra il figliol prodigo e il paria. Il «New York Times» lo descrive a 36 anni mentre dorme sulla Piazza Tienanmen in una maglia sgargiante, si sveglia alle due di notte e fugge l’arrivo della polizia, poi racconta la sua vicenda di reietto della Rivoluzione Culturale. Il padre incarcerato per cinque anni, la madre allontanata, lui clochard bambino ridotto alla fame: «Rubavo nei negozi e negli accampamenti», racconta da Tienanmen l’uomo che sarebbe diventato due decenni dopo un faro dei mercati finanziari globali. Nell’89 Gao era rientrato da pochi mesi dagli Stati Uniti, dove aveva studiato a Duke ed era diventato il primo cinese ad aver mai passato un esame da avvocato a New York. Per due anni aveva lavorato nello studio legale di Wall Street che fu di Richard Nixon, il presidente del Watergate. Da avido lettore di Karl Marx, fedele al partito, Gao rinuncia però alla carriera americana per rientrare, lavorare al lancio della Borsa di Shanghai e insegnare in un’università di élite di Pechino. Nei giorni di Tienanmen, spiega allora lui stesso al «New York Times», è sull’orlo del licenziamento: «Quando ho scoperto che i miei studenti facevano lo sciopero della fame - racconta Gao nell’89 - mi sono sentito obbligato a appoggiarli». Di fronte a loro c’era Wen Jiabao, oggi premier, allora alto funzionario che invitava tutti a lasciare la piazza prima che fosse troppo tardi. In verità Gao non aveva sostenuto le proteste dall’inizio. Due mesi prima delle manifestazioni spiegava: «Costruire l’economia è il miglior modo per cambiare la Cina. Alla lunga, mettere in piedi una Borsa valori aiuta a creare una democrazia più di tante petizioni». Oggi la Cina degli eredi di Deng non sarà democratica, ma la Borsa e soprattutto il fondo sovrano di Gao sono in fermento. Nel 2007 lui stesso ha investito nel 10% di Blackstone, maxifondo di «private equity» newyorkese e primo datore di lavoro al mondo tramite le società controllate. L’anno scorso è diventato socio di riguardo di Morgan Stanley, poi salvata dal Tesoro americano. Sugli interventi della Casa Bianca, Gao ironizza parafrasando il solito Deng: «Socialismo con caratteristiche americane» (quello con «caratteristiche cinesi» fu la svolta di Pechino verso il mercato). Soprattutto, a differenza di chi morì o fu incarcerato per Tienanmen, Gao non abbandonò lì la sua carriera: già nel ’90 veniva convocato dall’allora premier Zhu Rongji per un seminario sui «derivati » di Wall Street. Persino la struttura bloccata del partito aveva colto l’alternativa: accettare la meritocrazia o rinunciare, un giorno, a dettare i ritmi della globalizzazione con un fondo sovrano. Federico Fubini