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 2009  gennaio 04 Domenica calendario

la Repubblica, domenica 4 gennaio 2009 E se avesse avuto ragione Leonardo Sciascia? Ne La scomparsa di Majorana, pubblicato nel 1975, lo scrittore di Racalmuto ricostruì la vicenda del giovane scienziato siciliano svanito nel nulla nel marzo del 1938

la Repubblica, domenica 4 gennaio 2009 E se avesse avuto ragione Leonardo Sciascia? Ne La scomparsa di Majorana, pubblicato nel 1975, lo scrittore di Racalmuto ricostruì la vicenda del giovane scienziato siciliano svanito nel nulla nel marzo del 1938. E suggerì la sua versione dei fatti: Ettore Majorana non si uccise perché prigioniero della depressione, né fu rapito da potenze straniere che volevano sfruttare il suo genio a scopi militari. Secondo Sciascia, il trentaduenne Majorana fuggì per non partecipare a quello che qualcuno avrebbe poi definito il "peccato originale" della fisica moderna: la creazione della bomba atomica. Una tesi "romanzata" che all´epoca fece arricciare il naso a molti storici e a tanti fisici, compresi coloro che con Majorana avevano lavorato nel gruppo romano guidato da Enrico Fermi, "i ragazzi di via Panisperna". Ma che ora trova riscontri nel più recente degli studi scientifici condotti sul "caso Majorana". Giorgio Dragoni, ordinario di storia della fisica all´Università di Bologna, ha potuto analizzare il carteggio, finora inedito, tra Ettore e lo zio Quirino Majorana, all´epoca professore di fisica nell´ateneo emiliano e grande esperto di radiocomunicazioni, forse il più grande che l´Italia abbia avuto dopo Marconi. Le trentaquattro lettere che il giovane fisico teorico scrive al più anziano e blasonato zio, e che coprono un periodo che va dal 1931 all´autunno del 1937, sono una miniera per chi vuole ricostruire gli ultimi anni di vita "ufficiale" di Majorana. Ci sono alcune conferme, come il graduale rinchiudersi in se stesso dello scienziato siciliano, il deteriorarsi dei rapporti con Enrico Fermi, che pure era stato suo maestro. E molte sorprese. Le lettere smentiscono, per esempio, la convinzione che Ettore non avesse più alcun interesse per la fisica: in realtà, fino a poche settimane prima della scomparsa, collaborò a un progetto dello zio Quirino, che poteva portare alla trasmissione a distanza di immagini in movimento. Oggi la chiameremmo televisione. Ma soprattutto le lettere, ora pubblicate a cura di Dragoni nel volume Ettore e Quirino Majorana, tra fisica teorica e sperimentale, edito dal Consiglio nazionale delle ricerche e dalla Società italiana di fisica, fanno luce sull´aspetto più misterioso: la scomparsa. « probabile che Ettore fosse arrivato a comprendere i possibili sviluppi militari dell´energia nucleare», spiega Giorgio Dragoni. «D´altra parte, le teorie che contemplavano la fissione del nucleo atomico, e il conseguente rilascio di enormi quantità di energia, risalivano ai primi anni Trenta. Majorana potrebbe aver deciso di allontanarsi dal mondo, rifugiandosi in un convento o all´estero, per non macchiarsi personalmente del peccato che avrebbero commesso i suoi amici. Primo fra tutti Enrico Fermi». Nel carteggio con lo zio Quirino emerge il repentino incrinarsi dei rapporti tra Ettore e il maestro: se nelle prime lettere il giovane Majorana si vanta di conoscere e frequentare lo scienziato per cui era stata creata la prima cattedra di fisica teorica in Italia («? ne parlerò a Fermi che spero di vedere in fine di settimana»), a partire dal ?34 il nome di Fermi scompare dalla sua corrispondenza. E scompare qualsiasi riferimento alla fisica nucleare, di cui Ettore, fino ad allora era stato uno dei pionieri. «Si isola dal gruppo di via Panisperna e invita lo zio a scrivergli "?preferibilmente a casa poiché vado di rado all´Istituto". Alcuni ex ragazzi di via Panisperna parlarono, negli anni successivi, di una violenta lite tra Ettore Majorana ed Enrico Fermi», continua Dragoni. «Bruno Pontecorvo me lo confermò personalmente e Oscar D´Agostino, il chimico del gruppo, lo mise nero su bianco in un articolo per Il Candido. D´Agostino ricorda che quando entrarono nella stanza di Fermi trovarono la lavagna piena di formule (a loro incomprensibili), come se il motivo delle urla avesse a che fare con la fisica». Di lì a poco il gruppo di via Panisperna inizierà il ciclo di esperimenti in cui nuclei di uranio saranno bombardati con neutroni lenti, producendo la prima fissione nucleare in laboratorio. Majorana rompe con Fermi, non frequenta più l´Istituto di via Panisperna, cessa di pubblicare articoli su riviste scientifiche. Ma non smette di fare il fisico. «Ettore partecipa alle ricerche di Quirino», dice ancora Dragoni, «prima limitandosi al ruolo di consulente matematico, poi assumendo quasi la guida del progetto». Quirino in quegli anni studia le proprietà elettriche dei metalli ed Ettore scrive fiumi di formule per interpretare i fenomeni osservati in laboratorio dallo zio. una ricerca a cui tengono moltissimo, anche se non fanno mai cenno al fine ultimo dei loro esperimenti. « probabile che stessero lavorando alla trasmissione a distanza delle immagini, alla televisione insomma», spiega Dragoni. Niente a che vedere con l´atomo, il nucleo, la fissione, le radiazioni, la bomba. Eppure Ettore Majorana vuole restare nell´ombra, anche in questo caso. Suggerisce allo zio cosa fare e come farlo, ma non vuole comparire, non vuole firmare gli articoli pubblicati da Quirino, che quasi lo implora e teme che il nipote geniale consideri banali le sue ricerche. E invece si tratta del progressivo ritrarsi di Ettore Majorana in quel cono d´ombra che di lì a poco lo inghiottirà per sempre. C´è un solo lampo di felicità, in questi anni di ritiro. «Spero di andare veramente a Napoli», scrive Ettore allo zio Quirino il 16 novembre 1937, nell´ultima lettera dell´epistolario, a proposito della sua nomina, per chiara fama, a titolare della cattedra di fisica teorica all´università del capoluogo campano. « uno dei rari momenti di gioia di vivere manifestati da Majorana», commenta Dragoni. «Poi sulla sua vita e sulle sue opere calò il buio. Non il silenzio». Qualcuno disse di averlo visto per l´ultima volta la sera del 26 marzo 1938 a Palermo, mentre si imbarcava su una nave che l´avrebbe riportato a Napoli. In quella città Ettore Majorana non arrivò. Fu cercato ovunque. Si pensò al suicidio, si attese che il mare ne restituisse il corpo. A un collega che chiedeva come era possibile che fosse scomparso nel nulla, Enrico Fermi, che come scienziato lo metteva sullo stesso piano di Galileo e Newton, rispose: «Ma tu credi che Majorana, con il suo genio, se poneva il problema di scomparire e di far scomparire il suo cadavere, non sarebbe riuscito a risolverlo?».