Vanni Cornero, la Stampa 4/1/2009, 4 gennaio 2009
Prima il grano, ora la terra. La finanza internazionale, dopo aver condizionato le quotazioni dei prodotti agricoli spostando capitali su commodity come frumento, riso e mais, ora sta investendo direttamente nei campi
Prima il grano, ora la terra. La finanza internazionale, dopo aver condizionato le quotazioni dei prodotti agricoli spostando capitali su commodity come frumento, riso e mais, ora sta investendo direttamente nei campi. Grandi gruppi imprenditorali, fondi di investimento e persino governi hanno scatenato la corsa alla terra da acquistare o affittare (per fare un solo esempio tra quelli citati da un’inchiesta su La Stampa di sabato 27 dicembre: il conglomerato coreano Daewoo si è aggiudicato metà dei terreni coltivabili del Madagascar).«Una strategia - commenta la Coldiretti - che rischia di dare il colpo definitivo alle opportunità di sviluppo dei Paesi più poveri, dopo che le manovre finanziarie sui mercati internazionali dei future alimentari hanno provocato una grande volatilità impedendo la programmazione e la sicurezza degli approvvigionamenti in molte aree, ”giocando” senza regole sui prezzi delle materie prime agricole». Anche in Italia, dopo due anni di stabilità, il prezzo dei campi è tornato a crescere in misura significativa. Questo perchè, malgrado la crisi dell’intero sistema economico nazionale e la redditività agricola abbastanza modesta, la terra è ritenuto un interessante bene di investimento, al sicuro dalle rischiose fluttuazioni di altri mercati dei capitali. Tant’è vero che, da una indagine Coldiretti/Swg realizzata per verificare l’impatto della crisi finanziaria sull’economia reale delle imprese che operano nel settore, è emerso che i terreni agricoli battono l’oro nella classifica degli investimenti giudicati più sicuri dagli italiani. Infatti, con il 12% di preferenze, i campi battono il metallo giallo (al 9% dei consensi), sono appena alle spalle dei titoli di Stato (14%) e terzi, seppur a lunga distanza dopo l’imbattibile mattone (42% delle scelte come bene rifugio). «L’aumento dei prezzi dei terreni - sottolinea ancora la Coldiretti - è in parte il risultato di operazioni speculative dopo il tracollo dei mercati finanziari, un fenomeno che fa schizzare le quotazioni verso l’alto ed ostacola l’acquisto della terra da parte degli imprenditori agricoli». Ma vediamo qualche dato: in Italia il valore fondiario medio a livello nazionale ha superato la soglia dei 17.000 euro per ettaro. Anche se i terreni del Nord presentano valori medi più che doppi rispetto a quelli del Mezzogiorno e quelli di pianura sono valutati circa tre volte più degli appezzamenti di montagna. Secondo i conti dell’Ismea, che monitorizza i comparti legati al settore primario, il valore dei terreni acquistati nel 2008 è variato da un minino di quasi 2.000 ad un massimo di 207.000 euro l’ettaro, anche se sul libero mercato un ettaro di vigneto nelle zone più celebri di Toscana o Piemonte può andare da 500.000 a oltre un milione di euro. Picchi massimi a parte il valore dei terreni nella Penisola è quasi raddoppiato in termini nominali negli ultimi venti anni ed è ora uno dei più alti a livello europeo. Solo Danimarca, Belgio e Olanda presentano cifre simili a quelle italiane. «Anche perché nel nostro paese - evidenzia Coldiretti - il valore aggiunto per ettaro, ovvero la ricchezza netta prodotta per unità di superficie in agricoltura, è oltre il triplo di quello Usa, doppio di quello inglese, e superiore del 70% a Francia e Spagna». «I terreni agricoli sembrano mostrare una tendenza anticiclica rispetto all’andamento dell’economia con il rischio reale che le nuove richieste, favorite dalla ricerca di beni rifugio, faccia schizzare ulteriormente i prezzi verso l’alto», denuncia il presidente dell’organizzazione dei coltivatori, Sergio Marini, che avverte: «Il terreno è un costo per le imprese agricole che devono crescere per svilupparsi e l’aumento delle quotazioni rischia di trasformarsi in un ulteriore onere che si somma a quello della stretta creditizia». Quindi servono misure antispeculative «perchè - conclude Marini - bisogna evitare che si alzi l’asticella del principale ostacolo all’ingresso dei giovani nell’attività agricola, proprio nel momento in cui cresce l’interesse per la campagna e, con esso, il bisogno di sicurezza alimentare e ambientale da parte della società moderna».