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 2009  gennaio 03 Sabato calendario

Difficile spiegare che cosa abbiano significato le conversazioni radiofoniche Eleuterio e «Sempre tua» interpretate da Rina Morelli e Paolo Stoppa e scritte da Maurizio Jurgens (Donzelli)

Difficile spiegare che cosa abbiano significato le conversazioni radiofoniche Eleuterio e «Sempre tua» interpretate da Rina Morelli e Paolo Stoppa e scritte da Maurizio Jurgens (Donzelli). Difficile soprattutto perché ci manca il contesto mediatico in cui sono nate. Il libro che ora ci restituisce i testi di Jurgens è per fortuna accompagnato da un prezioso cd che contiene le registrazioni originali conservate nell’audioteca di Radio Rai: all’interno della storia della radio di parola è un aiuto indispensabile per capire, tanto per fare un esempio, la distanza che corre tra Eleuterio e «Sempre tua» e Fabio e Fiamma. Eppure senza la cornice di Gran varietà (1966-1979) si perde moltissimo. Gran varietà, scritto da Jurgens con Antonio Amurri, diretto da Federico Sanguigni, è una delle pietre miliari della storia della radiofonia italiana. Ogni domenica mattina si tramutava in una festa: conduttori d’eccezione (Johnny Dorelli, Mina, Walter Chiari, Paolo Panelli, Carlo Campanini, Raimondo Vianello, Sandra Mondaini...), ospiti importanti, cantanti, sketch diventati proverbiali. Come all’ascoltatore potesse giungere quel senso di lusso, di grandiosità, di evento straordinario resta uno dei grandi misteri dell’etere. Perché un conto è fare della rivista mostrando facce e gesti, scene e costumi, un conto è fare della rivista stimolando solo l’immaginazione di chi ascolta, magari mentre passeggia con un transistor in mano. L’arcano è tutto qui: che si potesse fare un varietà alla radio, la domenica mattina, senza alcun timore reverenziale nei confronti della tv. Solo col primato della radio (l’ultimo grande bagliore, prima del tramonto) si spiega il primato della parola, nutrito qui dal gusto di Jurgens per la citazione colta, per la raffinatezza e la fedeltà al genere epistolare, per l’eleganza del paradosso. Stoppa e Morelli sono gli Abelardo ed Eloisa di Trastevere. La scena non cambia mai, salvo qualche rara puntata all’isola d’Elba. Lei, «Sempre tua», scriveva, appunto, da un appartamento di Trastevere e lui, Eleuterio, le rispondeva da casa sua, ai Parioli. «Caro Eleuterio, la casa alla quale mi strappasti signorina e innamorata, oggi mi rivede signora e delusa!... Sempre Tua». «Inconfessabile "Sempre Mia", la casa che ora ti vede signora e delusa, è una casa di bocca buona. Infatti vede signora anche tua madre!... Eleuterio». Certo, si può anche fare della sociologia su questa coppia così emancipata da vivere in appartamenti separati (come nella vita vera facevano Stoppa e Morelli, ma erano teatranti e se lo potevano permettere!); si può anche cedere alla tentazione di vedere in questa corrispondenza pubblica la garbata presa in giro della più famosa coppia delle Lettere, Alberto Moravia ed Elsa Morante (a molti parevano già allora la versione romanesca di Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir). Ma la lontananza spaziale è soprattutto la condizione necessaria perché avvenga lo scambio epistolare: e la morale della coppia emancipata, se c’è una morale, va ricercata all’interno della costruzione testuale. Del resto solo così si può andare avanti per otto anni, per 56 puntate, per mille e più minacciati abbandoni e altrettanti rappacificamenti. Senza che mai si realizzassero: «Caro Eleuterio, "nel mezzo del cammin di nostra vita", ci ritroviamo, la mia sorellina e io, nella casa che ci vide giovinette. Siamo tristi, Eleuterio. La nostra ultima lite mi ha lasciato meditabonda...». Replica a stretto giro di posta: «Interminabile "Sempre mia", la casa che vide la tua sorellina e te "giovinette" vi avrà certamente viste giocare la morra con Matusalemme. Quindi "nel mezzo del cammin di nostra vita" è una pia illusione...». Attraverso le lettere la scena si anima: ci sono una madre, una sorella, un gatto, un televisore, i dischi di Vasso Ovale, la tristezza che nasce dalla lettura di poesie eseguita da Alberto Lupo, un amore temprato a ogni battibecco. Ma torniamo alla radio. I testi di Jurgens sembrano un omaggio a una figura retorica abbastanza dimenticata, l’ipotiposi. Che consiste nel descrivere un oggetto o una situazione in modo vivace e immediato attraverso particolari, similitudini, immagini accurate, per dare l’impressione che la realtà di cui si sta parlando sia visibile, quasi tangibile. Le lettere sono un trionfo del dettaglio: «una caccia al tesoro senza premi sarebbe come un Ruggero Orlando senza mosse…», «la portinaia dice di non trattarsi di muffa ma di schiuma da barba…», «ho rimesso la tua scarpa nera sinistra assieme a quella destra e stranamente sono tornate gialle anche quelle gialle… ». Chissà Eleuterio e «Sempre tua» ai tempi di Facebook!