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 2009  gennaio 03 Sabato calendario

GIANNI LANNES

ROMA
All’epoca in cui Colombo scopriva l’America, alcuni c’erano già da secoli. Altri, prima ancora, avevano udito San Francesco predicare agli uccelli e in seguito avrebbero dato rifugio a Garibaldi. Così, anello dopo anello, incuranti di calamità, guerre e piogge acide, gli alberi «monumentali» italiani, autentici patriarchi della natura, hanno attraversato la storia. Per giungere fino a noi carichi di rami, foglie e memoria.
«Esemplari così antichi sono sopravvissuti grazie a una vitalità in qualche modo genetica – spiega Nicolò Giordano, funzionario responsabile per la Forestale dell’ultimo censimento di questi alberi ”. Ma la loro crescita in complessi religiosi, giardini o boschi difficili da raggiungere ha giocato un ruolo strategico per il loro sviluppo. E a volte l’affetto nei loro confronti li ha salvati dall’abbattimento per interesse economico». La Forestale ha fatto un catalogo senza precedenti: quella degli alberi di notevole interesse. Su 12 miliardi di alberi che ricoprono l’Italia, ne spiccano 22 mila: 2 mila sono esemplari di grande interesse e, fra di essi, 150 hanno un eccezionale valore storico e monumentale.
Scopo principale del censimento, oltre quello scientifico, era di far conoscere all’opinione pubblica un importante patrimonio naturalistico e culturale e sensibilizzare le istituzioni sulla necessità di tutelarlo. Purtroppo, manca una legge quadro in materia: non esiste una normativa di salvaguardia, ma solo principi di carattere generale. Cosa caratterizza l’albero monumentale? «A parte la longevità dell’esemplare, che è legata alla specie (un larice può arrivare fino a 2 mila anni) – rivela Giordano ”, ci sono il portamento e la rarità botanica. Ma anche il suo valore storico, di testimonianza».
Considerato dai Celti simbolo dell’amore coniugale il tiglio è una delle specie più longeve del Belpaese. Non a caso ha 500 primavere il Tiglio di Sant’Orso, nel centro di Aosta, nel complesso medievale dei SS. Pietro e Orso. Alto 16 metri con una circonferenza di quasi 5, verdissimo e in buona salute. Tra i 102 esemplari monumentali censiti in Piemonte spicca il Platano di Napoleone, piantato in occasione della battaglia di Marengo vinta dall’imperatore contro gli austriaci il 14 giugno del 1800. Dall’alto dei suoi 37 metri il platano bonapartesco domina un panorama ben diverso da quello della sua infanzia: sopravvive in un groviglio di strade, sulla statale per Marengo (Alessandria), tra i gas di scarico.
Tra i 190 patriarchi verdi censiti in Lombardia impossibile non citare il Rogolone, dal dialetto Rugulon (grande rovere), che vive da ben 800 anni su un altipiano della Val Menaggio, tra il lago di Como e quello di Lugano. Alto 30 metri, con una chioma di 50 metri di circonferenza, è una quercia dalla corteccia simile alla roccia. Sono invece quelli di Santa Geltrude, in Alto Adige, nella Val d’Ultimo, a pochi chilometri da Merano, i tre larici più famosi d’Italia. Appartenenti ad una delle specie più longeve e alte del nostro paese, formano un trio colossale: il più grande misura 8 metri di circonferenza e 28 di altezza. E’ invece ad uno splendido abete bianco del Trentino che va la palma di albero più alto d’Italia. Si chiama Avez del Principe, vive a Malga Laghetto, sulla strada per passo Vezzena, vicino Lavarone, misura circa 5 metri di circonferenza e svetta per più di 50 metri.
A Padova, invece, nell’omonimo chiostro della basilica di Sant’Antonio, si può ammirare uno dei primi esemplari di Magnolia arrivati in Italia dall’America: è alta 22 metri, fu piantata nel 1810. Atmosfera sabbatica, attorno ai rami simili a serpenti della Quercia delle Streghe a Gragnano di Capannori, sulle colline di Lucca, risalente alla fine del ”400. La si raggiunge con la sterrata che collega Fontanuova a S. Martino in Colle. Pur non rientrando tra le specie forestali, il colossale Olivo di Canneto, presso Fara Sabina (Rieti) merita una citazione: ha circa duemila primavere, una chioma rigogliosa, 7 metri di tronco e produce in un anno anche 15 quintali d’olive. Vale la pena invece arrampicarsi a Basanello, una frazione di Barete, piccolo Comune a Nord dell’Aquila, per scoprire un’altra splendida quercia con 7 metri di circonferenza. La sua peculiarità? Una cavità interna alla base, alta quasi un metro e mezzo.
Nel parco nazionale del Pollino, vive l’albero rappresentativo della Basilicata, il Pino loricato della grande porta del Pollino. Centenario, dal tronco imponente, è alto più di 10 metri, cresce nel comune di Terranova del Pollino (Potenza). In Calabria invece il nome all’area protetta deriva dai Giganti della Sila, che godono di una loro riserva nel cuore dell’altopiano, a 1420 metri, nel comune di Spezzano della Sila, in località Fallistro. Qui vivono indisturbati, da più di 350 anni, 53 altissimi esemplari di pino laricio, ultimi superstiti dei boschi che fino al termine dell’800 ricoprivano l’intera zona.
Il giro d’Italia degli alberi monumentali si chiude con il più grande e il più vecchio. Il Castagno dei Cento Cavalli, costituito da tra enormi alberi, ognuno della circonferenza di 12, 20 e 22 metri, è forse l’albero monumentale più grosso della penisola. Il vegliardo siciliano è l’attrazione turistica di Sant’Alfio (Catania) alle falde dell’Etna. Le probabili 3500-4000 primavere fanno invece dell’Olivastro di Santu Baltolu, località Luras, vicino a Tempuo Pausania (Sassari), la pianta più antica. «Sozzastru», come viene chiamato dai luresi il padre di tutti gli ulivi, ha 13 metri di circonferenza ed è alto 8.