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 2009  gennaio 02 Venerdì calendario

La cosiddetta ”beffa di Villari” consiste in questo: che un parlamentare dell’opposizione fu eletto a un certo punto alla testa di una commissione parlamentare dalla maggioranza e contro la volontà della stessa opposizione

La cosiddetta ”beffa di Villari” consiste in questo: che un parlamentare dell’opposizione fu eletto a un certo punto alla testa di una commissione parlamentare dalla maggioranza e contro la volontà della stessa opposizione. Non varrebbe nemmeno la pena di parlarne se non si trattasse della commissione parlamentare di Vigilanza, l’organismo formato da venti deputati e venti senatori che deve controllare la vita della Rai ed eleggerne il presidente. Per tradizione, la presidenza di questa commissione viene assegnata all’opposizione. E anche stavolta, il centro-destra chiese al capo del centro-sinistra, Veltroni, quale nome dovesse essere votato. Veltroni decise che l’uomo sarebbe stato scelto dall’onorevole Di Pietro, l’ex poliziotto-magistrato capo dell’Italia dei Valori con cui s’era alleato prima delle elezioni. E Di Pietro indicò Leoluca Orlando, già sindaco di Palermo, prima democristiano, poi capo di un suo movimento detto Rete, infine, dopo molte peregrinazioni politiche e una solenne bocciatura a un nuovo tentativo di diventar sindaco a Palermo, approdato in Parlamento grazie all’IdV. Il centro-destra comunicò che questo nome non era gradito e invitò Veltroni e Di Pietro a proporre qualcun altro o, magari, una rosa. Di Pietro fu irremovibile. E così per sei mesi il presidente della Commissione non venne eletto, con paralisi progressiva degli organismi dirigenti della Rai, il cui cda era scaduto. Finalmente, il 13 novembre, la maggioranza decise di sbloccare quell’impasse eleggendo lei alla presidenza un uomo dell’opposizione, cioè il senatore Riccardo Villari, moderato, napoletano e tifoso degli azzurri, già fedelissimo mastelliano e ora accolto nel Pd. E mentre Veltroni e Di Pietro gli intimavano di togliersi dai piedi, Villari rispose che, solo di fronte a un nome nuovo, si sarebbe fatto da parte. Questo nome nuovo fu subito trovato, e si trattava del senatore Sergio Zavoli, celebre soprattutto per il giovanile ”Processo alla tappa”, ma anche per le sue inchieste tv successive, sempre molto gravi; per un volume intitolato Socialista di Dio; e per aver diretto a un certo punto Il Mattino di Napoli in cambio di uno stipendio da 80 milioni di lire al mese. Zavoli si disse disponibile, tutti si congratularono per la scelta, ma Villari fece sapere di non essere un soprammobile che si poteva mettere o togliere a piacimento. Benché gli dessero contro, a questo punto, tutti, restò quindi al suo posto. Ed è ancora lì mentre consegniamo questo annuario. Rimuoverlo sarà un fatto (forse) del 2009.