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 2009  gennaio 02 Venerdì calendario

La cosiddetta Onda degli studenti potrebbe essere un nuovo Sessantotto? Potrebbe Mariastella Gelmini essere considerata – almeno in Italia – la donna dell’anno? Rispondiamo no alla prima domanda e sì alla seconda, sempre col beneficio d’inventario

La cosiddetta Onda degli studenti potrebbe essere un nuovo Sessantotto? Potrebbe Mariastella Gelmini essere considerata – almeno in Italia – la donna dell’anno? Rispondiamo no alla prima domanda e sì alla seconda, sempre col beneficio d’inventario. Come mai è difficile considerare quello del 2008 un nuovo Sessantotto? Perché gli studenti sono scesi in piazza a ottobre, pigramente, per contestare norme che erano già state varate in estate, senza che nessuno dei ragazzi o dei professori - in quel momento in vacanza - se ne fosse reso conto. I tagli al corpo insegnante erano infatti già stati decisi nella legge 133, che Tremonti aveva varato in forma di decreto alla fine di giugno, e che prevedeva risparmi in tutta la pubblica amministrazione, compresa la scuola e i suoi organici: 17% di insegnanti in meno, cioè cancellazione in tre anni di 87mila cattedre e di circa 45mila posti di personale non docente. Obiettivo da raggiungere non licenziando, ma rinunciando a rimpiazzare il personale andato man mano in pensione. Quanto al decreto Gelmini propriamente detto, prendeva atto (articolo 4) delle decisioni della 133 e istituiva di conseguenza il maestro unico. Questo punto fu contestatissimo dai sindacati e dall’opposizione, non solo per i sacrifici d’organico che comportava, ma anche per ragioni didattiche: due o tre maestri darebbero per definizione una garanzia didattica superiore a quella offerta dal maestro unico. Persino Bossi – preoccupato di una perdita di consenso tra il popolo leghista – sposò questa tesi sostenendo che «su tre maestri ci sono più probabilità che almeno uno sia bravo». Fermo restando che l’introduzione del maestro unico non è obbligatoria e sarà in ogni caso graduale, resta il problema di come mai una larga parte di italiani sia venuta su – e senza danni evidenti - con un solo maestro (la moltiplicazione degli insegnanti elementari fu introdotta a metà anni Novanta) e come mai, nonostante i due o tre maestri, la scuola elementare consegni alla scuola media ragazzini molto poco pratici degli elementi base della lingue e del far di conto. Quanto al resto, il decreto aveva la colpa di reintrodurre il voto in condotta e di sancire il suo valore ai fini della media, con la regola secondo cui un 5 in questa materia avrebbe comportato (e comporterà) la ripetizione dell’anno. Questo punto, che pochi hanno contestato frontalmente, sta certamente all’origine di tanto malumore studentesco. La scuola, negli ultimi vent’anni, è stata vissuta da troppe famiglie più che come luogo di studio come luogo di deposito dei figli che non si sapeva dove mettere. I figli, a loro volta, hanno troppe volte vissuto la scuola come luogo di aggregazione qualsiasi, senza neanche pretender troppo di imparare quello che va imparato nell’età giusta. Ne sanno qualcosa i professori universitari e i selezionatori di personale delle aziende, che si vedono con frequenza allarmante costretti a esaminare candidati che sanno poco di storia, geografia, aritmetica ed educazione civica e che non sono sicuri sulla corretta grafia di ”scuola” o ”accelerare”. Del resto le classifiche Ocse, tagliando la testa al toro di ogni discussione possibile sulla scuola attuale, ci piazzano ultimi in Europa. E, in Italia, dicono che il Nord, preso a sé, ancora ancora se la cava. Mentre il Sud – probabilmente anche a causa della generosità con cui gli insegnanti elargiscono voti alti – ci tira verso il basso ed è insomma il vero problema. Quando la Gelmini lo disse, scoppiò un putiferio. Senonché, prima della Gelmini, lo aveva detto – senza che nessuno fiatasse – il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi: al Sud si studia meno e si sa meno e questo saper meno, rispetto al Nord, cresce nei gradi scolastici successivi alla scuola elementare, al punto che «un quindicenne su cinque nel Mezzogiorno versa in una condizione di povertà di conoscenze, anticamera della povertà economica». Dunque, quello degli studenti non è un vero Sessantotto, ma un equivoco e un rifiuto di prender coscienza dei tempi che cambiano. E la Gelmini è forse effettivamente la donna dell’anno in Italia. Toccando alcuni punti chiave ha dato inizio a una trasformazione che non potrà fermarsi. Del resto, che si tratti della donna dell’anno lo dice il singolare record di aver non una, ma addirittura due imitatrici: la Carolina Guzzanti, che l’ha trasformata in una calabrese in incognito (per via degli esami di avvocato sostenuti a Reggio), e la Paola Cortellesi, che la rappresenta in forma di automa segretamente manovrato da Tremonti. Le continue manifestazioni studentesche, che hanno attraversato tutte le città d’Italia, connettendosi anche con la protesta delle università (messe a loro volta sotto pressione per la insopportabile quantità di clientelismo da cui sono afflitte, per i costi improduttivi di cui caricano la società e per la bassa qualità media dei laureati che sfornano), segnano tuttavia significativamente l’anno. In ogni caso segno di un disagio per generazioni che si considerano fatte da ”ragazzi” anche quando i ”ragazzi” hanno trent’anni e che hanno di fronte a sé, si teme, un avvenire meno roseo di quello dei loro genitori, più incerto, più esposto alla concorrenza implacabile del resto del mondo.