Annuario Panorama 2008, 2 gennaio 2009
Alla 65esima edizione del Festival del Cinema il vero vincitore è il cinquantaduenne Mickey Rourke
Alla 65esima edizione del Festival del Cinema il vero vincitore è il cinquantaduenne Mickey Rourke. Contravvenendo al galateo della manifestazione, il presidente della giuria Wim Wenders, prima di annunciare il Leone d’oro per il film The Wrestler di Darren Aronofsky, loda il protagonista «per la sua interpretazione mozzafiato che ci ha colpito al cuore». Non solo: Wenders invoca pubblicamente un cambio nel regolamento, che impedisce, per i tre premi principali, il raddoppio con altri riconoscimenti. Come a dire che avrebbe voluto premiare The Wrestler anche con la Coppa Volpi a Rourke. Una dichiarazione imbarazzante per chi quella Coppa l’aveva appena ritirata, cioè Silvio Orlando per Il papà di Giovanna di Pupi Avati (subito dopo la cerimonia, però, il regista tedesco assicura che con le sue parole non intendeva sminuire l’importanza del premio a Orlando). L’Italia, da Venezia, torna non solo con la Coppa ma anche con il trionfo personale dell’attore e sceneggiatore Gianni Di Gregorio che, debuttando nella regia a 60 anni con Pranzo di Ferragosto (prodotto da Matteo Garrone), vince il trofeo De Laurentiis Opera prima. Il film ha per protagoniste quattro vecchiette ultraottantenni: ad accudirle, per un giorno, è il sessantenne Gianni (Di Gregorio) che vive a Trastevere con la madre vedova, interpretata dalla novantatreenne Valeria De Franciscis. «Nel concorso veneziano non ci speravamo proprio», ha detto poi il regista. «Credo che ci sia titubanza nei riguardi di una commedia in cui si ride. un piccolo film da 500.000 euro, ma penso sia piaciuto al pubblico l’approccio onesto e sincero. La gente che mi incontra dice: ”Mi hai fatto ridere come da tanto tempo non mi succedeva”». Altri registi italiani, invece, tornano da Venezia a mani vuote. Come Ferzan Ozpetek (Il giorno perfetto), che ammette: «Non aver premi certo mi spiace, mentirei se dicessi di no. Parlo anche per Isabella Ferrari. Ma bisogna capire le giurie». Nessun riconoscimento nemmeno per Marco Bechis, che nella pellicola La terra degli uomini rossi ha promosso le ragioni degli Indios. Né per Pappi Corsicato, comunque soddisfatto della visibilità ottenuta dal suo film Il seme della discordia: «La Mostra è una vetrina anche per i giovani attori, penso alla Murino e al bravo Michele Venitucci. Per me il successo e le risate del pubblico valgono un tesoro, la gente si passa le battute, ricorda le scene. Ma di vincere a Venezia non pensavo proprio: figurarsi, la mia è una commedia lieve e allegra, ai Festival vogliono piangere e in modo sofisticato».