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 2009  gennaio 02 Venerdì calendario

Lunedì 29 settembre 2008 tutte le sigle sindacali di tutti i lavoratori Alitalia firmano l’intesa con Cai

Lunedì 29 settembre 2008 tutte le sigle sindacali di tutti i lavoratori Alitalia firmano l’intesa con Cai. Dopo due anni dalla messa in vendita Alitalia sembra avere finalmente trovato un acquirente. Un mese dopo però, alla scadenza dei contratti da stipulare con il personale, Cai troverà un accordo solo con Cgil, Cisl, Uil e Ugl e non con Up, Anpac, Avia, Sdl e Cub, le cinque sigle autonome degli assistenti di volo e dei piloti. Forti di 5.100 iscritti (su 19.000 totali) i cinque si rifiutano di firmare e chiedono la riconvocazione al tavolo. Ma Cai, per voce del suo presidente Roberto Colaninno e dell’amministratore delegato Rocco Sabelli, non solo rifiuta la riconvocazione agli autonomi, ma assicura di essere intenzionato a partire comunque. «Assumeremo quelli che sono interessati ad accettare di lavorare in Alitalia secondo le condizioni concordate». Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, fa sapere che chi non accetta il contratto Cai perderà il diritto alla cassa integrazione: «Chi rifiuta un lavoro equipollente perde il diritto agli ammortizzatori sociali. la legge». Nel momento in cui questo annuario va in stampa Cai ha già assunto costi e ricavi delle attività acquisite ma non è ancora passata alla gestione. La società è infatti in attesa delle autorizzazioni dell’Antitrust, del «monitoring trustee» europeo e dell’accordo sulla mobilità del personale (senza il quale non potrà inviare a 12.639 dipendenti di Alitalia le lettere di riassunzione). La questione della privatizzazione di Alitalia era iniziata alla fine del 2006, quando il governo Prodi aveva deciso di mettere in vendita la compagnia, cioè il 49% in mano allo Stato. L’azienda registrava perdite per un milione di euro al giorno che andavano ad aggiungersi al miliardo di debito già accumulato. Dopo otto mesi la prima gara fallì per il ritiro di tutti i concorrenti, provocato delle condizioni troppo rigide imposte dal governo (garanzia dei livelli di occupazione e copertura del territorio, impegno a non frammentare l’azienda, rispetto delle regole anti-trust). Si erano presentati in 11, tra cui il fondo americano Texas Pacific Group, la compagnia russa Aereflot e la Air One di Carlo Toto (ultimo a ritirarsi). Il 1° agosto 2007 Berardino Libonati si dimetteva dalla presidenza della compagnia e il ministero del Tesoro nominava al suo posto Maurizio Prato. Al secondo tentativo di vendita si presentavano, oltre ad Air One e Aeroflot, anche Air France-Klm e Lufthansa. Il 21 dicembre 2007 il cda di Alitalia decideva di avviare con Air France-Klm una trattativa in esclusiva e il 15 marzo 2008 il governo Prodi accettava la proposta di Air France: un’offerta pubblica di scambio di tutte le azioni Alitalia con azioni Air France (160 a 1 il rapporto) per un valore di 138 milioni, un’offerta pubblica d’acquisto delle obbligazioni convertibili Alitalia per un valore di 608 milioni e una ricapitalizzazione di un miliardo, totale 1,7 miliardi di euro. Air France avrebbe tagliato 1.600 dipendenti e il Tesoro ne avrebbe trasferiti altri cinquemila a Fintecna. Il marchio sarebbe stato mantenuto e l’azienda sarebbe tornata in utile entro il 2009. Benché Air France si fosse impegnata a investire entro il 2012 complessivamente 11 miliardi, l’accordo sembrava così favorevole a Parigi che Tito Boeri implorò: «Almeno paghino le tasse in Italia». Monsieur Spinetta, il capo di Air France, poneva però altre condizioni: un sì dei sindacati, un sì del governo Prodi, un sì del governo che sarebbe entrato in carica dopo le elezioni del 14 aprile. Soprattutto lo smantellamento di Malpensa, di cui Air France non avrebbe fatto uso preferendo fare di Fiumicino il hub meridionale, ma i cui slot non si sarebbero dovuti vendere a nessun concorrente. Alla levata di scudi dei sindacati (specialmente di Bonanni), della Sinistra radicale, di Di Pietro, di Formigoni e della Lega (per via del declassamento di Malpensa) si unì subito Berlusconi, che sostenne l’impossibilità di cedere a uno straniero la compagnia di bandiera e promise che, una volta vinte le elezioni, avrebbe messo in piedi una cordata amica che avrebbe salvato l’azienda, Malpensa e l’italianità dei voli. Monsieur Spinetta se ne tornò in tutta fretta a Parigi. Era il 2 aprile. Per evitare il fallimento e trovare il tempo di costituire questa nuova cordata il presidente del consiglio uscente Romano Prodi concordò con Berlusconi la concessione ad Alitalia di un prestito di 300 milioni assicurando in questo modo alla compagnia un altro anno di vita. Una volta insediato il governo, Berlusconi affidò a Intesa Sanpaolo, e particolarmente al suo amministratore delegato Corrado Passera, il compito di risolvere il problema. Passera concentrò la sua proposta in un piano detto Fenice (l’uccello che risorgeva dalle proprie ceneri) che presentò il 30 luglio. Prevedeva la nascita di una Nuova Alitalia che avrebbe prelevato gli attivi della vecchia compagnia e si sarebbe fusa con Air One. I debiti sarebbero stati concentrati in una bad company che sarebbe rimasta a carico dello Stato. Ad occuparsi di creditori ed esuberi sarebbe stato, insomma, il Tesoro. Ai licenziati della Nuova Alitalia (3.250 al netto dei contratti a termine che non sarebbero stati rinnovati) sarebbe stata offerta, mediante una correzione della vecchia legge Marzano, una cassa integrazione piuttosto lussuosa e della durata, tra una cosa e l’altra, di sette anni. Nella cordata sarebbe stata ammesso, con una quota di minoranza, anche un partner straniero (Air France o Lufthansa: il dilemma è ancora irrisolto mentre andiamo in macchina). Ecco dunque nascere la Compagnia aerea italiana, ovvero Cai. il 26 agosto 2008, Roberto Colaninno ne diviene quasi subito il presidente e Rocco Sabelli, che ha affiancato Colaninno in tante imprese, amministratore delegato. La nuova compagnia rileverà aerei, slot, diritti di volo e 12.639 dipendenti. I soci sono 16. Tra di loro, oltre a Colaninno, la famiglia Benetton, il gruppo Aponte, la Ligresti, il gruppo Fossati, i Marcegaglia, i Caltagirone Bellavista, Marco Tronchetti Provera, Intesa Sanpaolo. Capitale di 1,1 miliardi di euro e impegno a non vendere fino al 2013. Non fila naturalmente tutto liscio: di fronte alla richiesta di un taglio degli stipendi del 20%, di un aumento della produttività del 30% e dell’accorpamento in un’unica Rsu delle nove sigle sindacali che hanno fatto impazzire le precedenti gestioni, vi sono vari irrigidimenti sindacali. Prima della Cgil, che ostacola per ragioni politiche (le sta dietro Veltroni) il successo dell’iniziativa. E poi dei cinque sindacati autonomi (piloti, assistenti di volo e personale di terra) che non vogliono perdere potere e influenza nella nuova situazione. Cai risponde andandosi a prendere piloti e personale attraverso colloqui individuali e offrendo contratti d’assunzione, inferiori a quelli di un tempo, ma migliorati rispetto alle prime intenzioni. Sono i contratti che la compagnia ha sottoscritto con i tre sindacati Confederali e con l’Ugl di Renata Polverini. Persino i piloti a questo punto si rassegnano: non possiamo impedire ai singoli lavoratori - dicono - di difendere i propri interessi. La situazione, alla fine dell’anno, è a questo punto. Alitalia risorgerà davvero dalle ceneri? Lo sapremo solo nel 2009.