Ugo Tramballi, Il Sole-24 Ore 28/12/2008, pagina 1, 28 dicembre 2008
Il Sole-24 Ore, domenica 28 dicembre 2008 Tutti gli arabi dal Mashrek al Maghreb, a Est e a Ovest del Cairo, hanno condannato l’offensiva israeliana su Gaza: un atto dovuto
Il Sole-24 Ore, domenica 28 dicembre 2008 Tutti gli arabi dal Mashrek al Maghreb, a Est e a Ovest del Cairo, hanno condannato l’offensiva israeliana su Gaza: un atto dovuto. E gli stessi arabi si augurano che, senza i soliti danni che provocano quando sparano, gli israeliani riescano nell’impresa: ridimensionare Hamas. Si potrebbe discutere su chi avesse per primo violato la tregua: se i fondamentalisti islamici di Gaza che si armavano e costruivano tunnel pieni di esplosivo o gli israeliani. Anche nei sei mesi di "calma" sono morti 26 palestinesi e il milione e mezzo sopravvissuto si è impoverito sempre di più. Ma è Hamas che ha deciso di non rinnovare la "calma" nonostante alcuni dei suoi leader volessero farlo, di riprendere le ostilità e ribadire il suo massimalismo. Mentre in Cisgiordania Abu Mazen, il presidente dell’Anp, tratta da oltre un anno una pace seria con israeliani e americani, a Gaza invece Hamas promette di conquistare tutta la Palestina occupata, cioè Israele. Ma Hamas sobilla e illude anche le opinioni pubbliche arabe fuori da Gaza; ha creato un’alleanza di necessità con l’Iran di Mahmoud Ahmadinejad, superando le antiche divisioni fra sciiti e sunniti; promette inoltre un Islam politico-militare ridando fiducia alle fratellanze musulmane in Egitto, Giordania, Siria, Arabia Saudita. Per questa ragione tutti si augurano in queste ore che Israele riesca nel suo intento. Il problema è stabilire che cosa riuscirà a fare. Sradicare Hamas e i suoi razzi Qassam da Gaza è impensabile: occorrerebbe invadere di nuovo la Striscia e occuparla permanentemente. E nemmeno questo garantirebbe un successo. Israele, come ha stabilito il suo Stato maggiore, può infliggere un duro colpo alle infrastrutture militari degli islamici, distruggere la rete dei suoi tunnel, fermare il contrabbando di armi lungo la frontiera con l’Egitto. Far recedere, insomma, di qualche anno il complesso militare di Hamas. Ma il partito islamico e i suoi razzi non scompariranno. Dopo il fallimento libanese di due anni fa, quale che sia oggi il suo obiettivo contro i radicali di Gaza, Israele ha l’obbligo di raggiungerlo. Se non ci riuscisse, infatti, Hamas diventerebbe forte, minaccioso e apparentemente invincibile come Hezbollah in Libano: la prova che un esercito regolare non sappia sconfiggerne uno irregolare destabilizzerebbe l’intera regione. Per raggiungere questo obiettivo che non è solo militare ma anche politico, Israele deve fare uso appunto della politica. Chiunque vincerà alle elezioni che si svolgeranno il 10 febbraio, dovrebbe riprendere con maggior vigore il processo di pace con il Governo di Abu Mazen e di Fatah. Accettare le dolorose rinunce che richiede una pace e mostrare che la scelta fatta dai palestinesi in Cisgiordania di negoziare paga più che combattere: questo darebbe a Israele la sicurezza che cerca da 60 anni. Ugo Tramballi