Roberto Bongiorni, Il Sole-24 Ore 30/12/2008, pagina 8, 30 dicembre 2008
Il Sole-24 Ore, martedì 30 dicembre 2008 Per cancellare l’industria dei tunnel servirebbe ben altro: dovrebbero far terra bruciata, radere al suolo centinaia di abitazioni nella cittadina di Rafah, a ridosso della frontiera egiziana, usare ordigni che arrivano fino a 50 metri sotto terra
Il Sole-24 Ore, martedì 30 dicembre 2008 Per cancellare l’industria dei tunnel servirebbe ben altro: dovrebbero far terra bruciata, radere al suolo centinaia di abitazioni nella cittadina di Rafah, a ridosso della frontiera egiziana, usare ordigni che arrivano fino a 50 metri sotto terra. L’ordine impartito all’aviazione israeliana è chiaro: distruggere i tunnel palestinesi del contrabbando, fermare il flusso di armi che quotidianamente dal vicino Egitto rifornisce l’arsenale di Hamas, bloccare anche le autostrade sotterranee della benzina. Anche ieri i caccia F 16 israeliani hanno scaricato i loro missili su Rafah. Di gallerie ne hanno colpite parecchie, ma cosa sono 40 tunnel su mille? Il sottosuolo di Rafah è ormai una ragnatela; i tunnel si scavano uno sopra l’altro, con collegamenti obliqui, altri ramificati. Rafah è ormai battezzata tunnel city. Perché, prima che Israele lanciasse l’ultima offensiva su Gaza, qui si è scavato tanto, per un anno intero, e si scaverà ancora non appena le armi torneranno a tacere. Se nel luglio del 2007 le gallerie del contrabbando erano quasi duecento, oggi sono quasi quintuplicate. Sono il primo business della Striscia. Quei cento metri che separano le ultime abitazioni di Rafah dal muro egiziano erano definite terra di nessuno, terra maledetta, teatro di scontri violentissimi. La metamorfosi è impressionante: dove prima c’erano solo cumuli di terra, macerie e qualche rudere, ancora a dicembre lo spazio era occupato da centinaia di grandi tendoni neri, stradine fangose, un brulicare di commercianti e oscuri faccendieri. E tanti tubi, alimentatori, camion, auto e carretti trainati dai muli. Dai tunnel esce di tutto, anche bestiame vivo, l’ultimo grande affare. Dall’occhio buio del tunnel di Aziiz arrivano prima muggiti e belati, sembrano partoriti dal ventre della terra. Via via che la corda della carrucola sale si fa luce la sagoma di un vitello. stremato. Mucche, capre e pecore spesso muoiono durante il tragitto, 500 metri, asfissiati, quando i black-out arrestano i ventilatori sotterranei. Ibrahim, il vicino del tunnel accanto, ne ha perse 25, quasi la metà. Ora i cadaveri degli animali sono abbandonati in un grande cassonetto. I tunnel riforniscono ogni merce, anche su ordinazione: lavastoviglie, sigarette, medicinali, computer cinesi, viagra, e naturalmente armi. Basta mettersi d’accordo. Se prima per accedere a uno dei tunnel occorreva una lunga ricerca - erano pressoché invisibili - oggi sono un fiorente commercio alla luce del sole. Il tunnel di Ahmed «è una galleria di media generazione. Scavata otto mesi fa, lunga circa 500 metri e profonda 36, è costata 80mila dollari. Abbiamo tre ventilatori all’interno, un generatore di corrente, e la comunicazione telefonica sotterranea», spiega il proprietario. Scenderci sostenuti dalla carrucola, comunque, non è mai piacevole. L’aria è umida, ma le mura di terra sono illuminate, l’altezza è di un metro e mezzo. Sulle pareti sono stipate migliaia di lattine di Coca-Cola, l’ultima partita. Giù ci accoglie Mohammed Ahmad, 19 anni. «Se salta la corrente ti senti come se fossi in una tomba. E quando frana una parte davanti a te ti senti soffocare. Ma a Gaza non c’è lavoro». Mohammed è uno de i tanti topi, o talpe, accorsi a Gaza. Lavora sottoterra 12 ore al giorno, sei giorni la settimana. Da inizio anno sono morte oltre 50 "talpe", quasi tutti ragazzi. Uccisi per un improvviso cedimento, ma anche dai gas immessi nei tunnel dalle guardie di frontiera egiziane. E Hamas? Il movimento islamico padrone della Striscia sa tutto dei tunnel. Tanto che a visitarne qualcuno ci accompagna un ufficiale locale. L’industria del contrabbando era un’occasione troppo ghiotta per farsela sfuggire. Agli occhi di Hamas la valvola di sfogo per aggirare l’embargo israeliano e la chiusura del valico con l’Egitto. Ma anche per importare armi sofisticate attraverso le sue gallerie segrete. Volete diventare un imprenditore del contrabbando? Occorre fare regolare denuncia alla municipalità, di Hamas. Poi pagare una tassa di circa 2mila euro e infine assicurare l’adozione di alcun standard di sicurezza. Il business, oggi fermo, ha ormai assorbito 25mila addetti. Gli uomini di Hamas controllano che dai tunnel non escano armi e droga. Anche i costi variano, si va dai 6mila fino ai 150mila euro. Il dottor Mamun sorride nel suo moderno ufficio di Gaza City. uno dei più noti businessman di Gaza, tra le sue maggiori attività rientra la distribuzione della benzina. contro i contrabbandieri? «Per nulla! Quei bravi ragazzi hanno salvato Gaza dal collasso economico». Mamun non lo nasconde. Buona parte del suo carburante arriva proprio da lì. «La benzina di contrabbando alla fine costa quasi la metà, è collegata direttamente via tunnel con delle pompe dall’Egitto. Anche nel business occorre essere previdenti. Quelle tendopoli danno troppo nell’occhio. Munir ha preferito sborsare di più, allungare il tragitto e far arrivare il suo tunnel in mezzo alle case. « un gioiello», dice soddisfatto. Ce lo fa visitare. Trenta metri sotto terra, rivestimento in cemento armato, fondo illuminato a giorno. Il contrabbando copre il 90% del commercio della Striscia. Il "fatturato" si aggira sui 30-40 milioni di dollari al mese, spiega Omar Shaban, un economista di Gaza. «I tunnel sono parte integrante dell’economia. Abbiamo una nuova business community». Ora il contrabbando è paralizzato. Molti commercianti israeliani si augurano che venga siglata una nuova tregua e che vengano riaperti i valichi commerciali con Gaza. Riprenderebbero i loro affari. I contrabbandieri di Rafah, al contrario, si augurano che la tensione rimanga alta. Fino a che Gaza resterà chiusa gli affari ci saranno sempre. «Altrimenti pagheremo qualche miliziano per lanciare qualche razzo», ironizza un contrabbandiere. Roberto Bongiorni roberto.bongiorni@ilsole24ore.com